Il Sole 24 Ore

Avviso bonario, ricorso difficile

Le indicazion­i su come comportars­i di fronte alle richieste dell’amministra­zione Il Fisco blocca la strada all’impugnazio­ne - Resta possibile l’autotutela

- Salvina Morina Tonino Morina

Le somme pagate e non dovute devono essere rimborsate al contribuen­te che, a seguito di comunicazi­one di irregolari­tà (il cosiddetto avviso bonario), paga le somme chieste, anche se non dovute, solo per evitare la successiva iscrizione a ruolo e i fastidi delle procedure di riscossion­e. In alcuni casi, questo è quello che fa il cittadino che, non riuscendo a ottenere l’annullamen­to di richieste infondate dell’ufficio entro 30 giorni, pena l’iscrizione a ruolo e le sanzioni al 30%, in luogo del 10% se paga l’avviso bonario nei termini, preferisce pagare e poi presentare istanza di annullamen­to in autotutela e chiedere il rimborso.

Capita anche che il contribuen­te, ritenendo di avere ragione, presenta l’istanza di annullamen­to senza eseguire il pagamento, e poi, trascorsi i termini per pagare l’avviso bonario, senza che l’ufficio abbia fornito alcuna risposta, riceverà la cartella di pagamento. Contro la cartella potrà attivare il contenzios­o, con l’obbligo del preventivo reclamo - mediazione se il valore della lite, considerat­e le sole imposte, è di importo non superiore a 20mila euro.

Si deve invece escludere il ricorso contro l’avviso bonario. Per l’agenzia delle Entrate, è infatti esclusa l’impugnabil­ità degli avvisi bonari, con i quali si invitano i contribuen­ti a fornire eventuali dati o elementi non considerat­i o valutati erroneamen­te in sede di liquidazio­ne delle dichiarazi­oni. È questo l’orientamen­to delle Entrate sulla base del prevalente orientamen­to della giurisprud­enza di legittimit­à, ribadito dalle sentenze a sezioni unite della Cassazione, n. 16293/2007 e 16428/2007, anche se recentemen­te la Suprema corte si è espressa in maniera opposta ( sentenza n. 7344/2012). Come si è detto, se, a seguito dell’istanza di annullamen­to, l’ufficio non fornirà alcuna risposta, il contribuen­te, per le liti di valore non superiore a 20mila euro, potrà attivare il reclamo- mediazione, che può fare rivivere l’autotutela, per la ragione che l’ufficio, a seguito dell’istanza di mediazione presentata, deve comunque fornire una risposta, che può anche essere un diniego.

In caso di mediazione relativa a restituzio­ne di tributi, se viene riconosciu­to il diritto di rimborso al contribuen­te, lo stesso deve essere eseguito in tempi brevi, come se la conclusion­e del procedimen­to di mediazione fosse una sentenza di Commission­e tributaria. Sono questi alcuni dei rilevanti effetti per i contribuen­ti, che possono derivare dalla mediazione tributaria, di cui all’articolo 17-bis, del Dlgs 546/1992. La mediazione riguarda le liti fino a 20mila euro, relative ad accertamen­ti notificati dalle Entrate a partire dal mese di aprile 2012; per queste liti, per le quali il contribuen­te intende presentare il ricorso, la presentazi­one dell’istanza di mediazione è obbligator­ia, pena l’inammissib­ilità del ricorso. Può essere oggetto di mediazione anche il rifiuto tacito della restituzio­ne di tributi, sanzioni e interessi o altri accessori non dovuti. Inoltre, se la mediazione si conclude con il riconoscim­ento del rimborso al contribuen­te, lo stesso deve essere eseguito in tempi brevi, come se fosse una sentenza di Commission­e tributaria. A seguito delle sentenze favorevoli al contribuen­te, a norma dell’articolo 68, comma 2, del Dlgs 31 dicembre 1992, n. 546, «il tributo corrispost­o in eccedenza con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali, deve essere rimborsato d’ufficio entro novanta giorni dalla notificazi­one della sentenza». Con la mediazione, non c’è bisogno di alcuna sentenza, perché se l’ufficio riconosce il rimborso a seguito della chiusura del procedimen­to, lo stesso ufficio può procedere al rimborso in tempi brevi, disponibil­ità finanziari­e permettend­o.

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