Un gruppo di soci all’attacco di Rbs
Irregolare il maxi-deal del 2008
Siamo nell’aprile 2008, da poco più di un mese Jp Morgan ha salvato Bear Stearns, da lì a poche settimane comincerà la dissoluzione del sistema bancario mondiale, almeno comelo conoscevamo fino ad allora. La crisi di Lehman è alle porte, maquella immediatamente successiva che porterà il Tesoro britannico a salvare Royal bank of Scotland e Lloyds da sicuro fallimento non traspare affatto. Tanto che nella primavera l’istituto all’epoca guidato da Fred Goodwin, Fred il distruttore come è ormai universalmente stato ribattezzato, vara un’operazione sul capitale da 12 miliardi di sterline. Oggi altri 21 azionisti della banca contestano la correttezza di una decisione che si sarebbe basata su un prospetto informativo distorto: avrebbe indotto molti shareholders a sottoscrivere l’emissione di titoli incorrendo così in «perdite che si possono quantificare in centinaia di milioni di sterline», come è scritto, in base alla ricostruzione svelata dal Financial Times, nell’istanza legale. Gli avvocati sono in pista per recuperare le perdite (non troppo presunte) denunciate da azionisti di prima grandezza come Ing o il fondo pensione degli insegnanti dell’Illinois, due fra i firmatari della causa avviata.
«La banca – sostengono i legali – tracciava nel prospetto informativo un quadro molto positivo, nonostante la realtà fosse già del tutto diversa. Se si fosse saputo l’operazione sul capitale sarebbe andata in modo molto differente». Come dire: molti azionisti non avrebbero sottoscritto di diritti. Il ragionamento è difficilmente attaccabile, almeno a una prima valutazione, in quanto non più di sei mesi dopo il governo laburista di Gordon Brown e del Cancelliere Alistair Darling dovette intervenire con 20 miliardi di sterline, prima tranche di un’iniezione di capitali senza fine che ha lasciato Rbs nelle mani del Tesoro con una partecipazione all’82%, ovvero una sostanziale nazionalizzazione.
Sei mesi prima non si poteva immaginare? Soprattutto non si poteva immaginare alla luce del fatto che le inchieste successive hanno dimostrato che fu l’acquisizione di Abn Amro, conclusa pochi mesi prima e voluto da Fred Goodwin, a far saltare i conti di quella che all’epoca si vantava d’essere una delle maggiori banche d’Europa? Gli avvocati sembrano avere punti a favore, anche se cause simili negli Usa sono state vinte da Rbs. Ma è nel Regno Unito che si giocherà la battaglia vera: altri 7500 azionisti hanno avviato contestazioni analoghe a quelle formalizzate in queste ore da Ing e gli altri 20 shareholders. Il conto finale potrebbe essere di miliardi di sterline.
Quanto è accaduto nella primavera-autunno 2008 nella City è al centro anche di un’indagine della Financial service authority, mirata, questa volta, su Barclays. Il caso Libor ha infatti svelato che esistono sospetti sulla correttezza dell’aumento di capitale che la banca deliberò a favore del fondo del Qatar. Il sospetto è che Barclays abbia prestato il denaro alle istituzioni dell’emirato per convincerlo a partecipare all’aumento. Una partita di giro o qualche cosa di molto simile che i regolatori - e gli investigatori del Serious fraud office - vogliono capire. L’intervento dei finanzieri arabi, lo ricordiamo, salvò Barclays evitando l’intervento dello Stato e quindi una possibile, parziale nazionalizzazione.
Il focus però resta prevalentemente su Rbs, che Londra vorrebbe rapidamente riportare sul mercato, ma che da mesi è zavorrato dal moltiplicarsi di pessime notizie. Non ultima, ovviamente, quella relativa al caso Libor.