Amazon alza le commissioni Scatta la rivolta dei venditori
Tariffe su del 70% per le aziende che operano con il colosso americano Molte imprese ora minacciano di passare a ebay, Google e Wal-mart
È esplosa la rivolta dei venditori online. Amazon, con il suo titolo ai massimi e il suo ruolo di padre-padrone nell’ecommerce, ha orchestrato un generale rincaro delle tariffe a carico dei partner, le aziende che vendono nel suo bazar su Internet. Aumenti ingenti, fino al 70%, già cominciati nell’ultimo anno negli Stati Uniti. E ora, dopo Pasqua, in arrivo anche in Europa, dalla Gran Bretagna alla Francia e alla Germania. Ma sempre più le imprese non ci stanno e hanno alzato la voce, dando filo a torcere per la prima volta da anni al colosso di Seattle: minacciano di disertare verso rivali già sul mercato, quali eBay e Wal-Mart che sta prendendo di mira clienti di fascia sempre più alta. Oppure che promettono di fare il loro ingresso, quali Google.
Lo sviluppo del “bazar online” – dove Amazon ospita prodotti di società esterne e offre servizi dall’immagazzinamento alla spedizione e all’assistenza ai consumatori – negli ultimi anni è stato enorme. Oggi il 40% delle vendite multimiliardarie che avvengono attraverso Amazon, cortesia di un esercito di due milioni di società, passano per il bazar. Un volume notevole, considerando che Amazon ha vantato un giro d’affari da 21,3 miliardi di dollari nell’ultimo trimestre, 9,1 miliardi fuori dai confini americani, entrambe cifre cresciute del 23%. E una performance che ha contribuito a consolidare il suo ruolo centrale su Internet, dove offre il co- siddetto Fullfillment by Amazon, Fba, fatto di shipping più veloce e supporto migliore dei concorrenti, compreso l’iniziale leader del settore eBay. Un’offerta resa possibile da investimenti che oggi cita, assieme a incrementi di costi ei energia e trasporti, per giustificare gli aumenti della sua percentuale.
Adesso, però, questo esercito di operatori si ribella all’«esperienza Amazon»: le proteste, soprattutto sui forum online, si sono moltiplicate al punto che negli Usa l’azienda ha già una volta chiuso e rilanciato i fori di dibattito. «Se aumentano troppo i costi, alcuni commercianti decideranno di abbandonarli» ha fatto sapere Niraj Shah, ceo del mobilificio Wayfair che già ricorre sia a Amazon che a WalMart e eBay. Simili proteste dilagano nel Vecchio continente davanti agli immimenti rincari. Una pressione che va ad aggiungersi ad altre controversie e battaglie con le autorità, in Europa come negli Stati Uniti: in particolare sulle imposte raccolte e versate per le vendite.
La svolta in Europa colpirà in modo articolato i segmenti più diversi. In Gran Bretagna i prodotti di elettronica vedranno le tariffe salire dal 7% al 12% e le componenti per auto dal 12% al 15%, in Germania gli pneumatici dal 7% al 10%, Dvd, in Francia musica e videogiochi dal 10% al 15 per cento. Amazon può tuttavia ancora sperare in una lealtà forzata che limita i rischi: un concorrente in ascesa come Wal-Mart ha ancora sul proprio markeplace online americano solo sei venditori, nonostante abbia affermato di recente una strategia che vede Internet quale pilastro dell’espansione futura. Google non ha ancora meso in campo un proprio servizio completo, pur avendo tutte le doti tecnolgiche. E eBay è stato scalzato in passato proprio da Amazon.