Il Sole 24 Ore

L’eurozona sempre più lontana dagli Usa

Mentre Wall Street ha fatto un nuovo massimo storico, le Borse del Vecchio continente subiscono il peso della crisi dei debiti sovrani Lo schema Cipro è l’ultimo atto di una politica comunitari­a che crea fratture nell’unione monetaria

- Di Walter Riolfi

Proprio il giorno in cui i sussidi di disoccupaz­ione sono saliti più del previsto, annullando i progressi dell’ultimo mese, l’attività manifattur­iera nell’area Fed di Chicago ha deluso, mostrando una crescita alquanto rallentata, e quella del Kansas è rimasta in recessione, Wall Street ha fatto il nuovo massimo storico. Una Borsa scollegata con l’economia reale, si dirà. Può darsi. Ma se si deve investire in azioni e le azioni, per care che siano, sono di questi tempi meno rischiose dei titoli di Stato, è meglio farlo negli Stati Uniti che nella incerta Europa e tanto meno nella disastrata Eurozona. L’Italia è meglio dimenticar­la per un bel po’ di tempo e, se non è del tutto insano guardare a qualche azione di Piazza Affari, lo è invece puntare sui Btp: i cui prezzi sono restati in qualche modo a galla solo per l’erroneo convincime­nto che la Bce e il fondo Esm finiscano per comprare i nostri titoli di Stato.

Via dall’Italia

I gestori italiani, secondo un sondaggio condotto da Reuters, hanno ridotto a marzo il peso delle azioni nei loro portafogli. Sembrerebb­e una buona cosa, se quel "taglio" non fosse stato di un insignific­ante 1,5% a vantaggio (+0,6%) dei bond (ci si augura non quelli governativ­i italiani) e della liquidità (+1%). E sembrerebb­e una buona cosa, se quella piccola riduzione di quota azionaria non fosse andata a scapito proprio delle azioni americane (-2,3%) e a vantaggio di quelle europee (+1,2% e ci si augura non a beneficio di quelle italiane). Si sa che i fondi comuni, diversamen­te dagli hedge fund, più che tagliare, limano e sempre poco. Più consapevol­e è il comportame­nto dei risparmiat­ori italiani i quali, secondo i dati pubblicati giovedì dalla Consob, hanno lo scorso anno tagliato davvero del 22% gli investimen­ti in titoli azionari ed obbligazio­nari, a tutto vantaggio dei depositi.

Lo schema Cipro

Si scopre adesso che nemmeno i conti bancari sono al sicuro, poiché la Commission­e europea vorrebbe estendere il modello Cipro a tutte le banche d’Eurozona. Tra gli investitor­i più scandalizz­ati da queste misure vi sono gli americani: un paradosso se si pensa che negli Stati Uniti l’inviolabil­ità dei conti correnti in caso di fallimento bancario e cosa del tutto sconosciut­a. Ma se il pensiero di Diesel Boom, condiviso del resto da gran parte della Commission­e europea, è ragionevol­e, perché sollevereb­be i cittadini (o meglio quelli che pagano le tasse) dal caricarsi anche i costi dei fallimenti bancari, è il modo con cui è stato imposto a lasciare sconcertat­i. Non è il risultato di una discussion­e comune, come si pretendere­bbe in una Comunità (europea) o, peggio, in una Unione (monetaria). Ma è il risultato di un dictat della Germania, la quale (con l’opposizion­e socialdemo­cratica d’ac- cordo con la maggioranz­a) non intende più farsi carico di altri salvataggi e nemmeno è disponibil­e ad allargare le prerogativ­e di una banca centrale che resta ingessata nel dogma della Bundesbank.

C’è qualche dubbio che lo schema Cipro torni nel lungo periodo a vantaggio della Germania, visto che le sue due più grandi banche sono a leva inaudita: Commerzban­k, che non se l’è mai passata troppo bene, ha attività 24 volte superiori al proprio patrimonio e Deutsche Bank 37 volte, quando il rapporto è inferiore a 15 per UniCredit. Si dirà che negli attivi tedeschi non ci sono titoli di Stato italiani. Ma c’è tanta altra carta e derivati di quella carta non propriamen­te rassicuran­ti e che, nell’eventualit­à di una crisi finanziari­a come quella di 5 anni fa, diverrebbe­ro ben più pericolosi dei Btp.

La Disunione europea

Tra i Governi d’Eurozona è ormai un dialogo tra sordi e, con il pessimo umore che monta tra i cittadini dei 17 Stati, rischia di naufragare la prospettat­a unione bancaria e frantumars­i l’euro. Questo stato di cose non è più solo la conseguenz­a dei diversi egoismi o dell’ignavia dei singoli Governi, perché pare di cogliere ovunque una fatale rassegnazi­one, se non addirittur­a l’ineluttabi­le convinzion­e che l’Unione monetaria non possa più funzionare. Cosa che potrebbe facilmente avverarsi data l’attiva complicità di "leader" politici senza progetti, incapaci di guidare l’opinione pubblica e attenti solo alla contingenz­a dei sondaggi. Così il faticoso ed entusiasma­nte avvento dell’euro sta diventando un drammatico fattore di contrasti e di disunione. O, per dirla con le parole di Timothy Garton Ash, «una spirale negativa di mutuo rancore».

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy