L’eurozona sempre più lontana dagli Usa
Mentre Wall Street ha fatto un nuovo massimo storico, le Borse del Vecchio continente subiscono il peso della crisi dei debiti sovrani Lo schema Cipro è l’ultimo atto di una politica comunitaria che crea fratture nell’unione monetaria
Proprio il giorno in cui i sussidi di disoccupazione sono saliti più del previsto, annullando i progressi dell’ultimo mese, l’attività manifatturiera nell’area Fed di Chicago ha deluso, mostrando una crescita alquanto rallentata, e quella del Kansas è rimasta in recessione, Wall Street ha fatto il nuovo massimo storico. Una Borsa scollegata con l’economia reale, si dirà. Può darsi. Ma se si deve investire in azioni e le azioni, per care che siano, sono di questi tempi meno rischiose dei titoli di Stato, è meglio farlo negli Stati Uniti che nella incerta Europa e tanto meno nella disastrata Eurozona. L’Italia è meglio dimenticarla per un bel po’ di tempo e, se non è del tutto insano guardare a qualche azione di Piazza Affari, lo è invece puntare sui Btp: i cui prezzi sono restati in qualche modo a galla solo per l’erroneo convincimento che la Bce e il fondo Esm finiscano per comprare i nostri titoli di Stato.
Via dall’Italia
I gestori italiani, secondo un sondaggio condotto da Reuters, hanno ridotto a marzo il peso delle azioni nei loro portafogli. Sembrerebbe una buona cosa, se quel "taglio" non fosse stato di un insignificante 1,5% a vantaggio (+0,6%) dei bond (ci si augura non quelli governativi italiani) e della liquidità (+1%). E sembrerebbe una buona cosa, se quella piccola riduzione di quota azionaria non fosse andata a scapito proprio delle azioni americane (-2,3%) e a vantaggio di quelle europee (+1,2% e ci si augura non a beneficio di quelle italiane). Si sa che i fondi comuni, diversamente dagli hedge fund, più che tagliare, limano e sempre poco. Più consapevole è il comportamento dei risparmiatori italiani i quali, secondo i dati pubblicati giovedì dalla Consob, hanno lo scorso anno tagliato davvero del 22% gli investimenti in titoli azionari ed obbligazionari, a tutto vantaggio dei depositi.
Lo schema Cipro
Si scopre adesso che nemmeno i conti bancari sono al sicuro, poiché la Commissione europea vorrebbe estendere il modello Cipro a tutte le banche d’Eurozona. Tra gli investitori più scandalizzati da queste misure vi sono gli americani: un paradosso se si pensa che negli Stati Uniti l’inviolabilità dei conti correnti in caso di fallimento bancario e cosa del tutto sconosciuta. Ma se il pensiero di Diesel Boom, condiviso del resto da gran parte della Commissione europea, è ragionevole, perché solleverebbe i cittadini (o meglio quelli che pagano le tasse) dal caricarsi anche i costi dei fallimenti bancari, è il modo con cui è stato imposto a lasciare sconcertati. Non è il risultato di una discussione comune, come si pretenderebbe in una Comunità (europea) o, peggio, in una Unione (monetaria). Ma è il risultato di un dictat della Germania, la quale (con l’opposizione socialdemocratica d’ac- cordo con la maggioranza) non intende più farsi carico di altri salvataggi e nemmeno è disponibile ad allargare le prerogative di una banca centrale che resta ingessata nel dogma della Bundesbank.
C’è qualche dubbio che lo schema Cipro torni nel lungo periodo a vantaggio della Germania, visto che le sue due più grandi banche sono a leva inaudita: Commerzbank, che non se l’è mai passata troppo bene, ha attività 24 volte superiori al proprio patrimonio e Deutsche Bank 37 volte, quando il rapporto è inferiore a 15 per UniCredit. Si dirà che negli attivi tedeschi non ci sono titoli di Stato italiani. Ma c’è tanta altra carta e derivati di quella carta non propriamente rassicuranti e che, nell’eventualità di una crisi finanziaria come quella di 5 anni fa, diverrebbero ben più pericolosi dei Btp.
La Disunione europea
Tra i Governi d’Eurozona è ormai un dialogo tra sordi e, con il pessimo umore che monta tra i cittadini dei 17 Stati, rischia di naufragare la prospettata unione bancaria e frantumarsi l’euro. Questo stato di cose non è più solo la conseguenza dei diversi egoismi o dell’ignavia dei singoli Governi, perché pare di cogliere ovunque una fatale rassegnazione, se non addirittura l’ineluttabile convinzione che l’Unione monetaria non possa più funzionare. Cosa che potrebbe facilmente avverarsi data l’attiva complicità di "leader" politici senza progetti, incapaci di guidare l’opinione pubblica e attenti solo alla contingenza dei sondaggi. Così il faticoso ed entusiasmante avvento dell’euro sta diventando un drammatico fattore di contrasti e di disunione. O, per dirla con le parole di Timothy Garton Ash, «una spirale negativa di mutuo rancore».