Via libera condizionato ai contratti decentrati
Gli integrativi irregolari possono ancora essere pagati
Il primo tentativo di risolvere le diffuse irregolarità dei fondi e dei contratti decentrati negli enti locali, contenuto nell’articolo 4 del Dl 16/2014, si scontra con un immediato stop da parte del Governo. I motivi – specificati nella circolare 60/2014 del 12 maggio, firmata dai ministri per gli Affari regionali, Maria Carmela Lanzetta, per la Semplificazione e la pubblica amministrazione, Marianna Madia, e dell’Economia, Pier Carlo Padoan – trovano origine nella «particolare complessità e stratificazione della disciplina», con la conseguente costituzione di un comitato temporaneo in Conferenza unificata che dovrà fornire indicazioni operative anche attraverso interventi normativi e direttive all’Aran.
Sembra evidente che il percorso prospettato richiederà molto tempo, tanto è vero che viene introdotto un periodo di sostanzia- le moratoria. Dietro al paravento della garanzia dei servizi, si è colta l’occasione per sdoganare (temporaneamente e salvo recupero) tutte le clausole contrattuali vigenti, anche se evidentemente viziate.
Si tratta quindi di una sanatoria ex ante di tutti i comportamenti adottati da oggi in poi e che trovano origine nei contratti decentrati firmati prima della circolare. A ben guardare, non si tratta di una semplice moratoria visto che rimane l’obbligo di recupero, ma di un sostanziale lasciapassare per i dirigenti che oggi sono chiamati ad applicare contratti decentrati di dubbia legittimità. L’obiettivo, neppure troppo velato, è quello di sollevare i responsabili del personale dal rischio di danno erariale derivante da colpa grave.
Perché proprio oggi è necessario garantire questa immunità? Perché cominciano a far sentire i loro effetti i verbali della Ragioneria dello Stato: è chiaro che un dirigente, a fronte di illegittimità rilevate in sede ispettiva, non può più far finta di niente e perpetrare comportamenti consolidati. In caso contrario ne risponderebbe in prima persona. Questo implica, quantomeno, la sospensione delle clausole contestate con la conseguente riduzione dello sti- pendio variabile per la generalità dei dipendenti.
Di cosa si tratta in pratica? Principalmente delle progressioni orizzontali stratificate nel tempo e riconosciute senza la necessa- ria selettività. Se a queste aggiungiamo i compensi che, seppure previsti nel contratto collettivo, sono stati male applicati (come rischio, disagio, responsabilità) e quelli nati dalla fervida fantasia che ha caratterizzato i tavoli della contrattazione decentrata (ad esempio, indennità di sportello, servizi aggiuntivi, indennità di chiamata, indennità di divisa) si può arrivare tranquillamente a una riduzione dello stipendio mensile del 20-30 per cento.
La situazione, già molto precaria, è stata ulteriormente aggravata dall’innesto della riforma Brunetta che imponeva la revisione dei contratti decentrati con l’obiettivo di enfatizzare gli istituti incentivanti legati alla performance. Riforma che, a distanza di anni e nonostante il riverbero mediatico, è inascoltata anche nelle realtà più grandi. L’inadempienza, troppo spesso sottovalutata, travolge, al contrario, l’intero contratto decentrato rendendo fin troppo facile la vita agli ispettori.
Ma per garantire tutto questo, è sufficiente una circolare, seppure a firma di tre ministri? Difficilmente il dirigente potrà soprassedere al testo normativo e ad anni di giurisprudenza e orientamenti consolidati.