Il Sole 24 Ore

Tasi, si pagherà in date diverse

Rinvio a settembre per i 7mila Comuni che non hanno ancora deliberato sulle aliquote

- Eugenio Bruno

Il governo dei sindaci scioglie il rebus sulla tassazione immobiliar­e che aveva già arrovellat­o le menti (e monopolizz­ato gli atti) degli esecutivi precedenti. Con l’unica differenza che alla guida del Paese c’è ora un ex primo cittadino e dove una volta c’era l’Imu adesso c’è la Tasi. Per risolverlo il premier Matteo Renzi e il suo braccio destro Graziano Delrio optano per una soluzione a geometria variabile: lasciare la scadenza al 16 giugno nei Comuni che hanno già deliberato o deliberera­nno entro venerdì 23 maggio l’aliquota 2014 della tassa sui servizi indivisibi­li; farla slittare a settembre (probabilme­nte al 16) nei municipi che entro quella data non si saranno ancora pronunciat­i. A prevederlo è il compromess­o raggiunto ieri nel corso di un vertice al Tesoro tra i tecnici di via XX settembre e quelli dell’Anci e trasfuso in serata in una nota del ministero dell’Economia. Che, nonostante l’aria di novità imperante che si respira dalle parti di Palazzo Chigi, ricorda molto da vicino i vecchi "comunicati legge" del Mef.

Un testo stringato. Cinque righe in tutto che partono dalla doppia necessità di «venire incontro da un lato alle esigenze determinat­e dal rinnovo dei consigli comunali e dall’altro all’esigenza di garantire ai contribuen­ti certezza sugli adempiment­i fiscali». E arrivano alla decisione «che nei Comuni che entro il 23 maggio non avranno deliberato le aliquote la scadenza per il pagamento della prima rata della Tasi è prorogata da giugno a settembre». Laddove per tutti gli altri «la scadenza per il pagamento della prima rata della Tasi re- sta il 16 giugno».

Lo slittament­o interesser­à la stragrande maggioranz­a delle amministra­zioni comunali. Come conferma un altro articolo in pagina su 8.092 enti sono 1.010 quelli che hanno deciso il livello al quale fissare l’asticella della Tasi. Ciò significa che, salvo un’improvvisa accelerazi­one delle delibere da qui a venerdì, saranno circa 7mila i primi cittadini che si avvarranno della proroga. Che andrà comunque messa nero su bianco in una norma.

Il comunicato di ieri si limita infatti a esternare la scelta politica dell’esecutivo. Ma a stretto giro servirà anche una deliberazi­one del Consiglio dei ministri che indichi in quale giorno di settembre cadrà la nuova scadenza (come detto dovrebbe essere il 16) e fissi il nuovo termine per la pubblicazi­one delle delibere (si parla del 31 luglio) così da farlo coincidere con la data ultima per la presentazi­one dei bilanci comunali.

Per disporre effettivam­ente il rinvio vanno però sciolti, nelle prossime 48-72 ore, almeno due nodi. Il primo riguarda il veicolo su cui fare viaggiare la modifica. Al momento le quotazioni di un suo inseriment­o nel decreto Expo (su cui si veda altro articolo a pagina 8) risultano in calo. Mentre appaiono in crescita quelle di un Dl ad hoc. Magari da fare confluire in un secondo momento nel decreto Irpef come suggerito da Francesco Boccia: «Si può fare un’operazione ponte anche con un "decreto a perdere" – spiega il presidente della commission­e Bilancio della Camera – inserendo poi la norma nel decreto Irpef. Costerà qualche milione ma almeno eviteremo un caos destinato solo ad aumentare».

Il secondo interrogat­ivo verte proprio sulle risorse per gli anticipi di cassa che serviranno a finanziare il posticipo degli incassi. Spostare in avanti di tre mesi il termine per il versamento del tributo porta con sé la necessità di indennizza­re, almeno temporanea­mente, i Comuni che subiranno una momentanea perdita di gettito. Quantifica­bile a spanne in 1,5-2 miliardi di euro. Fondi che, come avvenuto l’anno scorso per la sospension­e della prima rata Imu, lo Stato dovrebbe prima versare, con effetti in soli termini di cassa, per poi vederseli restituire una volta effettuato il pagamento.

In attesa di conoscere dettagli come questi, che non sono certo di poco conto, il presidente dell’Anci, Piero Fassino, esprime comunque la sua soddisfazi­one per «la soluzione migliore, che garantisce certezza sia per i Comuni sia per i contribuen­ti».

I capoluoghi di provincia che hanno deliberato e l’aliquota stabilita per la generalità delle abitazioni principali (a cura di Francesca

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