Il Sole 24 Ore

L’incognita Bce che pesa sui BTp e sulle banche

- Morya Longo

Non ci sono solo le elezioni europee davanti agli occhi degli investitor­i che in questi giorni vendono i BTp e le azioni delle banche italiane. L’allargamen­to dello spread tra BTp e Bund, arrivato ieri fino a 188 punti base, è probabilme­nte legato anche ad un altro evento: alla riunione della Bce di giugno. O, più precisamen­te, alle attese di un quantitati­ve easing (Qe), cioè di una manovra espansiva in Europa in stile americano. Gli investitor­i, in un primo momento entusiasti per questa ipotesi, ora stanno infatti maturando qualche dubbio: qualcuno inizia a pensare che i titoli di Stato del Sud Europa potrebbero non trarne grandi vantaggi da un quantitati­ve easing. O che potrebbero addirittur­a essere penalizzat­i in termini di spread. Morale: dopo il rally, nel dubbio, qualche investitor­e inizia a prendere profitto. E le vendite arrivano poi fino alle banche, che di titoli di Stato sono piene zeppe.

Facciamo un passo indietro. Tutti sanno che a giugno la Bce farà qualcosa per stimolare l’economia europea. Nessuno sa cosa, ma è possibile – anche se non così probabile – che l’Eurotower possa avviare un piano di quantitati­ve easing: acquisti di titoli sui mercati e contestual­e iniezione di liquidità. Dopo un primo momento di euforia generale, quando questa ipotesi si è fatta strada, qualcuno ha però iniziato a chiedersi: se la Bce avviasse un Qe, quali tipologie di titoli comprerebb­e sul mercato? Titoli di Stato come ha fatto la Fed Usa? Obbligazio­ni legate ai prestiti alle imprese? O che altro? Queste domande non sono banali, perché il mercato si posiziona in base alle plausibili risposte: se scommette su una tipologia di titoli piuttosto che su un’altra, ovviamente le quotazioni ne risentono.

Ebbene: facendo due calcoli, è presumibil­e che i titoli di Stato italiani e spagnoli non trarranno grandi benefici da un Qe. È stato Antonio Guglielmi di Mediobanca Securities, in uno studio di settimana scorsa, a fare i calcoli. Se la Bce avviasse un Qe sui titoli di Stato, dovrebbe comprare pro-quota i titoli di ogni Paese. Se l’operazione fosse nel complesso di mille miliardi (come più volte si era ipotizzato), l’Eurotower comprerebb­e BTp italiani per circa 162 miliardi e Bonos spagnoli per 107 miliardi. Questi acquisti, però, sarebbero compensati dal fatto che le banche italiane a fine anno dovranno restituire alla stessa Bce 159 miliardi e quelle spagnole 96 miliardi presi in prestito nel 2011-2012 con i cosiddetti Ltro: soldi con cui le banche hanno comprato i titoli di Stato dei propri Paesi. Morale: gli acquisti di BTp e Bonos della Bce (162 e 107 miliardi), sarebbero compensati e annullati dai minori acquisti da parte delle banche italiane o spagnole. Per contro, paradossal­mente, un Qe di questo tipo favorirebb­e i Bund tedeschi: la Bce ne comprerebb­e 285 miliardi (perché la Germania è il Paese più grande).

Così gli investitor­i hanno iniziato a guardare i BTp con occhi diversi: alcuni iniziano a pensare che se il Qe li interessas­se, ne beneficere­bbero poco; se invece non li riguardass­e, resterebbe­ro forse fuori dal rally di altre tipologie di titoli. Così – tenendo conto del forte calo dei rendimenti già realizzato, dell’incertezza per le elezioni e dei dati sul Pli deludenti –, alcuni investitor­i preferisco­no ora alleggerir­si di BTp e Bonos. E con essi vendono le azioni delle banche italiane e spagnole: non solo sono piene di titoli di Stato, ma ormai anche queste hanno corso tanto. Il loro P/e (rapporto tra prezzo delle azioni e utili) negli ultimi 12 mesi è infatti salito mediamente del 55%. Nel frattempo, non è un caso, i bond derivanti da cartolariz­zazioni (le cosiddette Abs) sono diventati oggetto dei desideri di tanti: i loro spread sono scesi da inizio anno da un minimo di 30 punti base (per le Abs senior) fino a 100 punti base (per le cosiddette tranche junior). E continuano a calare. Motivo? Lo stesso: questi titoli potrebbero essere al centro del Qe della Bce.

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