Un colpo d’ala negli ultimi giorni servirebbe soprattutto a Renzi e al Pd
Quando mancano pochi giorni alla fine della campagna, l’impressione è che un po’ tutti abbiano il fiato corto. Gli argomenti erano scarsi già all’inizio della lunga corsa, ma adesso hanno ceduto il campo agli insulti o alle battute a effetto. Di Europa si parla poco e male. E curiosamente chi ne parla meno sono quelli che dovrebbero difenderla (salvo forse una piccola lista come Scelta Civica). Gli altri, gli oppositori della moneta unica, coloro che - come dice Salvini - non vedono l’ora di fare blocco nel Parlamento di Bruxelles con Marine Le Pen per smontare l’Unione, in fondo una linea ce l’hanno e sanno imporla con determinazione.
Ma dove sono i difensori del progetto d’integrazione europea? La loro voce è fle- bile ed è il meno che si possa dire. Molti hanno quasi paura a offrire sostegno alla moneta unica perché temono di passare per paladini dell’austerità o, ancora peggio, sodali di Angela Merkel. Il risultato è che la posizione euro-scettica viene accreditata e in un certo senso legittimata proprio da quegli europeisti, e non sono pochi, che hanno fatto della timidezza un po’ irresoluta la loro cifra. Lo stesso Renzi, a cui pure non fa difetto la spavalderia, evita con cura di toccare il tema Europa. Se lo fa, è per criticarla in modo anche sferzante, come accade per le politiche dell’immigrazione. Il risultato è che la campagna del Pd, il partito che domenica sera si suppone uscirà dalle urne come primo per numero di voti e seggi, è soprattutto rivolta all’in- terno: si chiede agli elettori di partecipare a un grande referendum sul governo e di esprimere un voto pro o contro Renzi. Il che equivale a mettere tutte le "fiches" su un numero sperando che esca.
Il presidente del Consiglio ha coraggio, non c’è dubbio, ma personalizzare troppo la campagna è un rischio le cui conseguenze non sono da sottovalutare. Peraltro Renzi per lungo tempo aveva inseguito Grillo sul suo terreno, nella speranza di tagliargli l’erba sotto i piedi. Solo di recente ha cambiato registro, quando si è reso conto che la strategia non era efficace. Adesso invita gli italiani «a votare chiunque ma non i buffoni». Il che è piuttosto fragile come argomento di propaganda.
Il punto è che il premier-segretario, avendo accentrato su di sé tutto il peso della battaglia elettorale, ora non può permettersi di arrivare al traguardo senza un colpo d’ala. Del resto, è lui il solo dal quale è lecito aspettarselo. Beppe Grillo non ne ha bisogno. Il "battage" grillino tende a essere sempre uguale a se stesso, salvo il numero di "decibel" crescente. I Cinque Stelle danno voce alla rabbia sociale e per rastrellarla non servono i colpi dell’ultimora: anzi, forse sono persino controproducenti, come certe frasi sulla vivisezione o la "lupara bianca".
Quanto al terzo incomodo, Berlusconi, non c’è attendersi molto dalla sua malinconica campagna. Anche le promesse di alzare a mille euro le pensioni minime sanno di "già visto", hanno il sapore del passato. Forza Italia rischia di diventare la maggiore donatrice di sangue per l’esercito dei Cinque Stelle è il suo leader ne è consapevole, anche se le accuse a Grillo («è il nuovo Pol Pot») lasciano perplessi al pari degli epiteti scagliati da Renzi. La verità è che il gioco è nelle mani del premier. Ma il colpo d’ala che tutti si attendono non dovrebbe riguardare gli 80 euro o altri temi della cucina interna. Sarebbe preferibile che Renzi, se ne è capace, si rivolgesse agli italiani per parlare di Europa e all’Europa per parlare degli italiani.