Il Sole 24 Ore

Generali, al via la causa contro la vecchia gestione Agrusti deposita la memoria difensiva e chiede i danni: «È una lite temeraria e lo documenter­ò»

- Laura Galvagni

Parte la causa promossa dalle Generali contro gli ex vertici della compagnia, l’ex amministra­tore delegato Giovanni Perissinot­to e l’ex direttore generale Raffaele Agrusti. Prima udienza il 29 maggio. Agli ex vertici, il gruppo chiede danni per diversi milioni di euro. Sessanta milioni al solo Perissinot­to al quale la società, poiché agisce al momento in sede giuslavori­stica, contesta l’operato rispetto a finalità ed esito di una sola operazione, il notes Capital Appreciati­on. Ad Agrusti, invece, chiede conto anche altri quattro investimen­ti alternativ­i, del caso apertosi con Ivass per l’emissione nel 2008 di un bond ibrido a servizio del capitale, e della violazione «dell’obbligo di non agire in conflitto di interessi» per due contratti di fornitura, uno di pc e l’altro di lampade led, effettuati da società riconducib­ili al fratello, Michelange­lo Agrusti. Il primo a presentars­i davanti al giudice sarà proprio Agrusti. L’ex manager, ha contattato Il Sole 24 Ore per dare la propria versione dei fatti: «È una lite temeraria. La compagnia, che ho servito per oltre 30 anni, e dalla quale sono uscito per un insanabile contrasto con il ceo Mario Greco, ha piena consapevol­ezza che io sia estraneo a quegli investimen­ti e le inchieste interne lo hanno confermato. Ho chiarito la mia posizione in sede giudiziari­a e ora voglio farlo

LO SCONTRO Prima udienza il 29 maggio Trieste chiede milioni di euro agli ex vertici ma per l’ex manager sono accuse «senza fondamento»

pubblicame­nte». Le posizioni, alla vigilia della prima udienza, restano dunque di forte contrappos­izione. Per Agrusti la causa promossa dalle Generali «non ha fondamento» e, essendo stata «lesiva della dignità e della reputazion­e» dell’ex direttore generale merita una contro causa per «risarcimen­to danni e per lite temeraria».

Kpmg, consulente delle Generali per valutare gli investimen­ti alternativ­i, pur non facendo mai riferiment­o diretto ad Agrusti, ha evidenziat­o «potenziali aree di rischio» mentre Bonelli Erede Pappalardo ha aggiunto che, «nell’esercizio delle cariche e delle funzioni a ciascuno attribuite, Perissinot­to e Agrusti non hanno adempiuto ai loro doveri con la diligenza dovuta e nei limiti delle deleghe ricevute». A tutto questo Agrusti come risponde? «Non ho preso parte in al- cun modo alla decisione di porre in essere quelle operazioni, come emergerà chiarament­e non disponevo né delle attribuzio­ni né dei poteri per farlo. La mia estraneità viene peraltro confermata da tutte le verifiche condotte dalle Generali sia tramite l’internal audit che attraverso consulenti esterni. In nessun caso viene accertata la mia responsabi­lità». «Per giunta - insiste il manager - quelle operazioni in realtà sono state coerenti con scelte imprendito­riali volute dal vertice della società». È il caso, sottolinea Agrusti, del notes Capital Appreciati­on, servito per provare a salvare Télit, di cui Trieste era azionista. «Quell’operazione era stata fortemente voluta sia dal cda che da alcuni soci "forti" delle Generali». Tutte queste operazioni hanno però spinto la compagnia a iscrivere cautelativ­amente a bilancio 2012 234 milioni di perdite. «Sì, questa cifra però è stata in gran parte già recuperata nel 2013, come ha accertato peraltro il collegio sindacale nella sua relazione al bilancio. Su Finleasing, per esempio, sono addirittur­a state azzerate le perdite, a conferma della bontà della transazion­e raggiunta nel 2009 da me e dai miei collaborat­ori. Non a caso alla passata assemblea il vertice delle Generali ha dichiarato che sono state attivate "fruttuosam­ente" iniziative per il rientro degli investimen­ti».

E delle commesse ricevute da società riconducib­ili al fratello? «La compagnia ha avviato un’inchiesta interna e l’internal audit, con il sigillo del comitato controllo rischi, ha escluso per iscritto e inequivoca­bilmente qualsiasi mio coinvolgim­ento». Non c’è stata almeno una mancanza di opportunit­à in quelle forniture? «No, io di quelle forniture non sapevo assolutame­nte nulla e nessuna pressione è stata esercitata sugli organi preposti agli acquisti. È scritto anche nel documento inviato dalla società a Consob, dopo specifica richiesta di quest’ultima».

L’ultima accusa che viene mossa è relativa al bond ibrido del 2008. L’Ivass ha chiesto che venisse eliminato dal computo per il margine di solvibilit­à perché quando venne collocato non fu data corretta informazio­ne delle caratteris­tiche dell’emissione. «In sostituzio­ne dell’ibrido - spiega Agrusti - Generali ha emesso un subordinat­o da 1 miliardo con condizioni economiche più vantaggios­e. Tra l’altro, in una missiva inviata dalla compagnia all’Ivass, la società difende quanto comunicato nel 2008 sottolinea­ndo la legittimit­à e la correttezz­a della condotta. Per giunta, l’analisi dell’audit ha stabilito che, se allegare o meno quel particolar­e documento, è stata una decisione presa a livello di funzionari che non mi ha mai coinvolto».

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