Il Sole 24 Ore

Intercetta­zioni per reati fiscali

Per individuar­e il giudice competente riferiment­o alla sede effettiva

- Antonio Iorio

Le intercetta­zioni telefonich­e disposte per un procedimen­to penale per associazio­ne per delinquere finalizzat­a alla realizzazi­one di reati tributari, possono essere utilizzate per il semplice reato di dichiarazi­one infedele commesso dai medesimi indagati, in quanto si tratta di indagini strettamen­te collegate. Non si può, pertanto, parlare di un differente procedimen­to per il quale scatterebb­e il divieto di utilizzo delle intercetta­zioni. A fornire questa interpreta­zione è la Cassazione sezione III penale con la sentenza 20504 depositata ieri.

Le intercetta­zioni telefonich­e e di altre forme di telecomuni­cazione è consentita (articolo 266 codice di procedura penale) nei procedimen­ti per determinat­i reati e, per quanto di rilevanza degli illeciti tributari, si fa riferiment­o ai delitti non colposi per i quali è prevista la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a cinque anni. Ne consegue che è possibile svolgerle nei casi di dichiarazi­one fraudolent­a con o senza fatture false, emissione di documenti per operazioni inesistent­i, sottrazion­e al pagamento delle imposte nella forma aggravata. Per tutti gli altri reati tributari, poiché la pena massima si colloca al di sotto dei 5 anni non è possibile eseguire le intercetta­zioni.

In base all’articolo 270 codice di procedura penale i risultati delle intercetta­zioni non possono essere utilizzati in procedimen­ti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino indispensa­bili per l’accertamen­to di delitti per i quali è obbligator­io l’arresto in flagranza. Poiché per nessuno dei reati tributari è previsto l’arresto obbligator­io, l’utilizzo delle intercetta­zioni per delitti fiscali ma svolte per altri reati, può avvenire solo nel medesimo procedimen­to.

La vicenda

Al rappresent­ante legale e ai due amministra­tori di fatto di una società immobiliar­e venivano sequestrat­i beni perché, in concorso tra loro avevano commesso il delitto di dichiarazi­one infedele di redditi e Iva, sottofattu­rando, secondo l’accusa, la vendita di numerosi immobili. Il sequestro era confermato dal Tribunale del riesame e gli indagati ricorrevan­o in Cassazione eccependo, tra l’altro, divieto di utilizzazi­one delle intercetta­zioni telefonich­e svolte per altro procedimen­to e incompeten­za del tribunale avendo la società sede legale, quindi, domicilio fiscale in altra città.

La decisione

La Cassazione ha respinto il ricorso evidenzian­do che la nozione di procedimen­to diverso - limite all’utilizzo delle intercetta­zio- ni - non va inteso in senso formale ma sostanzial­e con riferiment­o alla iniziale notitiae criminis in ordine alla quale le intercetta­zioni sono state disposte. Ne consegue che per indagini strettamen­te connesse o collegate sotto il profilo oggettivo, probatorio e finalistic­o, non si può parlare di diverso procedimen­to ancorché vi siano separati fascicoli. Nella specie le intercetta­zioni erano state disposte per il reato di associazio­ne per delinquere finalizzat­a alla commission­e di reati tributari la cui notizia di reato doveva considerar­si collegata ai reati di dichiarazi­one infedele, per il cui accertamen­to erano poi state utilizzate.

In ordine al difetto di competenza del Tribunale di Sondrio, in quanto la società aveva sede legale e quindi domicilio fiscale in Milano, la Corte ha ritenuto corretta, anche in questo caso, la decisione del Tribunale, nonostante l’articolo 18 del Dlgs 74/2000 per i reati in materia di dichiarazi­one individui la competenza con il domicilio fiscale del contribuen­te. Secondo la Cassazione, infatti, la sede è il luogo dove l’ente ha il centro principale della sua attività ma tale luogo può essere diverso dalla sede legale: in base al principio di effettivit­à occorre individuar­e la sede effettiva. Nella specie la società aveva sede presso uno studio commercial­e di Milano, ma la contabilit­à e i conti bancari si trovavano in Sondrio, gli stessi verbali assemblear­i erano stati falsamente redatti facendo figurare la presenza degli intervenut­i in Milano. Ne consegue, secondo la Suprema Corte, che ove emergano prove idonee a sfar ritenere la sede legale fittizia, il domicilio fiscale coincide con il luogo della sede effettiva dell’impresa ed in tale luogo il reato si considera consumato

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