Germania, i consumi trainano l’economia
soprattutto dai consumi, l’economia tedesca marcia a pieno regime, anche se qualche elemento di cautela comincia a emergere riguardo al futuro.
L’indice Ifo, che riflette un sondaggio fra oltre 7mila imprese, è cresciuto ad aprile per il sesto mese consecutivo ed è ora ai livelli più alti dal giugno dell’anno scorso. L’indice ha raggiunto quota 108,6, al di là delle aspettative di mercato, contro 107,9 di marzo. Positivo il responso del settore manifatturiero, ma anche delle costruzioni e del commercio all’ingrosso. Meno ottimista il commercio al dettaglio, nonostante sia emerso in questi giorni che la fiducia dei consumatori tedeschi è ai massimi degli ultimi 13 anni. «La ripresa dell’economia tedesca continua», ha detto il presidente dell’Ifo, un centro di ricerca bavarese, Hans-Werner Sinn, il quale tuttavia ha osservato che, a fronte del netto aumento della valutazione delle imprese sulla situazione attuale, c’è stata una leggera flessione dell’ottimismo sulle prospettive future. Questa appare in linea con i dati negativi pubblicati nei giorni scorsi, dell’indice Zew, che riflette la fiducia degli investitori tedeschi, e del Pmi, che fotografa l’atteggiamento delle imprese, con un campione diverso dall’Ifo.
Questa settimana, il Governo tedesco ha rivisto al rialzo le sue previsioni di crescita, dall’1,6% al- l’1,8%. Alcuni economisti indipendenti ritengono che l’economia della Germania possa crescere quest’anno anche del 2%. I cinque istituti di ricerca che fanno da consulenti al Governo affermano che l’espansione può arrivare al 2,1%, un ritmo, secondo la Bundesbank, vicino al potenziale di crescita dell’economia.
L’impulso maggiore fino a questo momento è venuto dalla domanda interna, in particolare dai consumi, sostenuti dall’ottima situazione del mercato del lavoro, dall’introduzione del salario minimo all’inizio del 2015 e dal calo dei prezzi del petrolio. La spinta determinante dei consumi aiuta le autorità tedesche a respingere le critiche internazionali (dal Tesoro Usa all’Fmi, ultimo l’ex presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke), secondo cui la Germania sottrae domanda al resto del mondo.
Per ora, invece, non si è registrato l’atteso impatto dell’indebolimento dell’euro sulle esportazioni, ma questo, secondo molti economisti, dovrebbe far sentire i propri effetti nel resto dell’anno. Anche le imprese si giovano del calo delle quotazioni delle materie prime, oltre che dalla condizioni del credito estremamente favorevoli, grazie anche alla politica monetaria espansiva della Banca centrale europea, oggetto peraltro di pesanti critiche in Germania, compreso dagli ambienti imprenditoriali.
La disoccupazione ai minimi, dalla riunificazione tedesca, quindi da oltre vent’anni, alimenta le rivendicazioni salariali. Anche in questi giorni, la Germania è stata colpita da una serie di scioperi soprattutto nel settore pubblico, in particolare le ferrovie e le poste. La maggior parte delle previsioni indica che gli aumenti si collocheranno in media nel 2015 attorno al 3%, consentendo un buon recupero del potere d’acquisto, visto che l’inflazione dovrebbe arrivare, in media d’anno, poco sopra lo zero. Restano indietro gli investimenti, nonostante la modesta promessa del Governo di mettere a bilancio 10 miliardi di euro addizionali per investimenti pubblici in infrastrutture. Nel settore privato, molte imprese sono riluttanti a investire anche per l’incertezza sul futuro in parte dettata da fattori geopolitici.
Per quanto riguarda le prospettive future, infatti, il sondaggio Ifo ha indicato una leggera flessione. Le maggiori preoccupazioni del mondo dell’industria riguardano l’incertezza nell’area dell’euro, a causa della crisi greca e il possibile deterioramento di alcuni importanti mercati d’esportazione, in particolare degli emergenti, fra cui la Cina, dove soffre in particolare l’export di auto tedesche di alta gamma (il giro di vite delle autorità contro la corruzione ha prodotto una generale contrazione delle vendite di beni di lusso d’importazione), e la Russia, dove le imprese tedesche sono fra le più esposte e che è stata colpita sia dalla recessione, determinata dal calo del prezzo del petrolio, sia dalle sanzioni occidentali. A febbraio, l’export tedesco verso la Russia è crollato del 32% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.
Alcuni economisti, come Jennifer McKeown, di Capital Economics, notano che spesso l’indice Ifo tende a muoversi in ritardo rispetto al Pmi e quindi, se quest’ultimo dovesse continuare la flessione, l’Ifo probabilmente lo seguirebbe. Per Tobias Ruehl, di Unicredit, tuttavia, non è insolito che la crescita dell’indice Ifo accusi una pausa nel mezzo di una fase di ripresa. Il miglioramento dell’area euro, che resta la destinazione del 37% dell’export tedesco, contro il 6,5% della Cina, dovrebbe favorire la crescita in Germania, secondo Ruehl. A sua volta, l’espansione tedesca dovrebbe favorire le aree dell’eurozona più strettamente legate all’industria della Germania, come l’Olanda e parti dell’Italia settentrionale.
DOMANDA INTERNA Aumenti salariali importanti e piena occupazione rafforzano la ripresa e attenuano le critiche sul surplus corrente