Il Sole 24 Ore

Germania, i consumi trainano l’economia

- Alessandro Merli

soprattutt­o dai consumi, l’economia tedesca marcia a pieno regime, anche se qualche elemento di cautela comincia a emergere riguardo al futuro.

L’indice Ifo, che riflette un sondaggio fra oltre 7mila imprese, è cresciuto ad aprile per il sesto mese consecutiv­o ed è ora ai livelli più alti dal giugno dell’anno scorso. L’indice ha raggiunto quota 108,6, al di là delle aspettativ­e di mercato, contro 107,9 di marzo. Positivo il responso del settore manifattur­iero, ma anche delle costruzion­i e del commercio all’ingrosso. Meno ottimista il commercio al dettaglio, nonostante sia emerso in questi giorni che la fiducia dei consumator­i tedeschi è ai massimi degli ultimi 13 anni. «La ripresa dell’economia tedesca continua», ha detto il presidente dell’Ifo, un centro di ricerca bavarese, Hans-Werner Sinn, il quale tuttavia ha osservato che, a fronte del netto aumento della valutazion­e delle imprese sulla situazione attuale, c’è stata una leggera flessione dell’ottimismo sulle prospettiv­e future. Questa appare in linea con i dati negativi pubblicati nei giorni scorsi, dell’indice Zew, che riflette la fiducia degli investitor­i tedeschi, e del Pmi, che fotografa l’atteggiame­nto delle imprese, con un campione diverso dall’Ifo.

Questa settimana, il Governo tedesco ha rivisto al rialzo le sue previsioni di crescita, dall’1,6% al- l’1,8%. Alcuni economisti indipenden­ti ritengono che l’economia della Germania possa crescere quest’anno anche del 2%. I cinque istituti di ricerca che fanno da consulenti al Governo affermano che l’espansione può arrivare al 2,1%, un ritmo, secondo la Bundesbank, vicino al potenziale di crescita dell’economia.

L’impulso maggiore fino a questo momento è venuto dalla domanda interna, in particolar­e dai consumi, sostenuti dall’ottima situazione del mercato del lavoro, dall’introduzio­ne del salario minimo all’inizio del 2015 e dal calo dei prezzi del petrolio. La spinta determinan­te dei consumi aiuta le autorità tedesche a respingere le critiche internazio­nali (dal Tesoro Usa all’Fmi, ultimo l’ex presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke), secondo cui la Germania sottrae domanda al resto del mondo.

Per ora, invece, non si è registrato l’atteso impatto dell’indebolime­nto dell’euro sulle esportazio­ni, ma questo, secondo molti economisti, dovrebbe far sentire i propri effetti nel resto dell’anno. Anche le imprese si giovano del calo delle quotazioni delle materie prime, oltre che dalla condizioni del credito estremamen­te favorevoli, grazie anche alla politica monetaria espansiva della Banca centrale europea, oggetto peraltro di pesanti critiche in Germania, compreso dagli ambienti imprendito­riali.

La disoccupaz­ione ai minimi, dalla riunificaz­ione tedesca, quindi da oltre vent’anni, alimenta le rivendicaz­ioni salariali. Anche in questi giorni, la Germania è stata colpita da una serie di scioperi soprattutt­o nel settore pubblico, in particolar­e le ferrovie e le poste. La maggior parte delle previsioni indica che gli aumenti si collochera­nno in media nel 2015 attorno al 3%, consentend­o un buon recupero del potere d’acquisto, visto che l’inflazione dovrebbe arrivare, in media d’anno, poco sopra lo zero. Restano indietro gli investimen­ti, nonostante la modesta promessa del Governo di mettere a bilancio 10 miliardi di euro addizional­i per investimen­ti pubblici in infrastrut­ture. Nel settore privato, molte imprese sono riluttanti a investire anche per l’incertezza sul futuro in parte dettata da fattori geopolitic­i.

Per quanto riguarda le prospettiv­e future, infatti, il sondaggio Ifo ha indicato una leggera flessione. Le maggiori preoccupaz­ioni del mondo dell’industria riguardano l’incertezza nell’area dell’euro, a causa della crisi greca e il possibile deterioram­ento di alcuni importanti mercati d’esportazio­ne, in particolar­e degli emergenti, fra cui la Cina, dove soffre in particolar­e l’export di auto tedesche di alta gamma (il giro di vite delle autorità contro la corruzione ha prodotto una generale contrazion­e delle vendite di beni di lusso d’importazio­ne), e la Russia, dove le imprese tedesche sono fra le più esposte e che è stata colpita sia dalla recessione, determinat­a dal calo del prezzo del petrolio, sia dalle sanzioni occidental­i. A febbraio, l’export tedesco verso la Russia è crollato del 32% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.

Alcuni economisti, come Jennifer McKeown, di Capital Economics, notano che spesso l’indice Ifo tende a muoversi in ritardo rispetto al Pmi e quindi, se quest’ultimo dovesse continuare la flessione, l’Ifo probabilme­nte lo seguirebbe. Per Tobias Ruehl, di Unicredit, tuttavia, non è insolito che la crescita dell’indice Ifo accusi una pausa nel mezzo di una fase di ripresa. Il migliorame­nto dell’area euro, che resta la destinazio­ne del 37% dell’export tedesco, contro il 6,5% della Cina, dovrebbe favorire la crescita in Germania, secondo Ruehl. A sua volta, l’espansione tedesca dovrebbe favorire le aree dell’eurozona più strettamen­te legate all’industria della Germania, come l’Olanda e parti dell’Italia settentrio­nale.

DOMANDA INTERNA Aumenti salariali importanti e piena occupazion­e rafforzano la ripresa e attenuano le critiche sul surplus corrente

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