Il Sole 24 Ore

Il caso Lo Porto e il peso internazio­nale che si perde in un’Aula deserta

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Sono quelle assenze a mettere tutti i partiti dal lato del torto. Lasciando per un attimo le reazioni del Governo - e in primo luogo di Matteo Renzi - il dato più sconcertan­te è vedere il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni riferire dell’uccisione di un nostro concittadi­no in un’Aula della Camera deserta. O quasi. Sembra mancassero quasi 600 deputati visto che in un tweet di Daniele Capezzone (Forza Italia) se ne contano circa 35. È questo il punto chiave di una vicenda dolorosa. Cioè che accanto a un italiano ucciso non ci sia la politica. Certo, la polemica c’è stata ma a distanza. Lontana dal luogo istituzion­ale dove si sarebbe dovuto consumare uno scontro politico, dopo aver ascoltato la versione del Governo.

E ciò che più colpisce di quell’Aula deserta è che quello spettacolo si è visto ieri, nel mezzo della bufera sull’Italicum che, secondo gli oppositori, metterebbe a rischio la democrazia e la rappresent­anza popolare. Cose fondamenta­li, è vero, ma che andrebbero esercitate da parte di chi conduce quelle battaglie, se si vuole essere credibili. Ieri invece quelle assenze hanno mostrato quanto di strumental­e ci sia in alcune polemiche. E quanto la politica estera sia in fondo all’agenda italiana di tutti i partiti.

E se il peso che si dà alle relazioni internazio­nali è marginale o secondario, è chiaro che poi l’Italia è costretta a rincorrere fatti drammatici come l’uccisione di Lo Porto di cui secondo il New York Times, Barack Obama già sapeva quando incontrò Matteo Renzi la scorsa settimana alla Casa Bianca. Ma Obama sapeva e non l’ha detto al premier? Sapeva ma non gli è stato chiesto della sorte degli ostaggi italiani tra cui Lo Porto? O sbaglia il Nyt? Non è chiaro. Il Governo con il ministro Gentiloni ha ribadito che il presidente americano ha informato il premier solo il 22 in tarda serata. Renzi ieri in una trasmissio­ne televisiva (Otto e mezzo) ha confermato la versione, puntato l’indice contro la Cia e i suoi errori e dato atto a Obama di trasparenz­a. È sufficient­e? Certamente no soprattutt­o perché lo stesso premier è parso titubante nel rispondere alla domanda chiave: anche gli Stati Uniti hanno saputo della morte di Lo Porto mercoledì sera? E la sua risposta è stata: «La cer- tezza che fossero i due ostaggi l’abbiamo avuto il 22 e credo anche gli americani».

Ecco questo è un fatto che un Paese come l’America, per esempio, vorrebbe sapere con precisione anche per capire lo stato dei rapporti con gli alleati. E lo stesso dovrebbe fare il Governo: misurare il peso che ci si dà soprattutt­o in presenza di accordi che prevedono una presenza militare italiana accanto agli Usa. Nella visita della scorsa settimana di Renzi a Washington, infatti, Obama ha avuto il via libera dell’Italia a mantenere i militari nelle basi di Herat e Kabul ben oltre la fine della missione Isaf. Non si è voluto parlare degli ostaggi in quel contesto? Bisognereb­be appurarlo. Non c’è la certezza che sia corretta la versione del Nyt ma è su questo punto che Renzi do- vrebbe mostrare più interesse a sapere, conoscere.

Chi dovrebbe incalzarlo, però, ieri era assente. Le opposizion­i hanno scatenato la polemica con comunicati stampa, con un tweet o da un blog. Ma è l’immagine di quell’Aula deserta che ha lasciato il segno. E ha dato il senso di una sciatteria istituzion­ale compensata solo da un attivismo sui social network. Che non sono ancora diventati organi costituzio­nali regolati da Consultell­um o Italicum.

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