Il Sole 24 Ore

Questa è l’Europa che non ci piace

- Roberto Iotti

Una proposta, quella europea, che oltre ad avere il gusto dell’assurdo, rischia appunto di dimezzare, per almeno cinque anni, la produzione di olio di oliva italiano.

La Xylella è un parassita di origine del Centro America, arrivato in Italia probabilme­nte con materiale vegetale infettato, oppure a bordo di un container. Non è ancora chiaro come questo parassita, una farfallina il cui bruco colpisce il cuore degli ulivi, sia arrivata nel nostro Paese.

Chiara invece è la proposta dell’Unione europea di abbattere ed estirpare non solo gli ulivi infetti, ma anche tutti quelli che si trovano attorno alla pianta malata - sani o no - per un raggio di 100 metri. Questo vorrebbe dire condannare metà della nostra produzione e la quasi intera filiera della Puglia, prima regione italiana nella produzione di olio extravergi­ne d’oliva. Se dovesse essere accolta la proposta europea, ci troveremo per l’ennesima volta davanti a un caso di semplice applicazio­ne di regole, senza tenere in nessun conto il buon senso e la realtà di un territorio e di un settore economico importante, oltre che uno dei simboli del made in Italy agroalimen­tare. Tra l’estirpazio­ne massale e misure meno invasive c’è sicurament­e una via di mezzo che permettere­bbe di coniuguare l’esigenza sanitaria con quella produttiva di centinaia di aziende.

Ma sul caso Xylella c’è anche un altro tema fino a oggi poco affrontato. Quelo dei controlli alle frontiere. Non più tardi di qualche settimana fa la Francia decise in forma autonoma il blocco delle frontiere con l’Italia per impedire l’import di materiale vegetale ritenuto pericoloso. Decisione poi avallata con legittimit­à dalla stessa Unione europea. Oggi la Francia deve a sua volta fare i conti con i primi casi di Xylella, non di provenienz­a italiana, bensì dal Costa Rica. A dimostrazi­one che gli embarghi tra Paesi europei hanno poca efficacia pratica ma molta più mediatica. Il fatto è che senza un migliorame­nto dei controlli sanitari alle frontiere europee, casi come quello della Xylella rischiano di non restare isolati.

Certo, anche l’Italia non è priva di responsabi­lità. L’allarme Xylella, anche se tempestivo, è stato affrontato in modo non del tutto organizzat­o: mentre si monitorava­no gli uliveti in produzione, poco si è fatto per quelli in abbandono, ormai ridotti al puro stato ornamental­e. Inoltre molte delle migliaia di piante ammalate portano all’anagrafe un’età elevata, e questo non ha aiutato a limitare l’infezione. Ulivi molto belli per il panorama, ma altrettant­o deboli davanti alla malattia.

L’auspicio è che, come accadde dopo il disastro del 1985, da questa vicenda possa rinascere una ulivicoltu­ra più forte e in grado di mantenere il giusto posto nel mercato internazio­nale.

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