Naspi anche per i «disciplinari»
nuova assicurazione sociale per l’impiego sarà riconosciuta anche a chi sarà licenziato per motivi disciplinari. Ci ha pensato il ministero del Lavoro a chiarire l’ambito applicativo della Naspi: l’interpello 13 pubblicato ieri, in risposta a un quesito avanzato dalla Cisl, entra nel dettaglio sulle causali che danno diritto al nuovo sussidio, regolato dal primo decreto attuativo del Jobs act, il Dlgs 22/2015.
L’intervento riguarda due aspetti: i recessi avvenuti a seguito di licenziamento per ragioni di carattere disciplinare e quelli interessati dalla procedura di conciliazione volontaria, introdotta dall’articolo 6, del Dlgs 23/2015.
Il primo tema è di assoluta rilevanza poiché la lettura della norma (articolo 3 del Dlgs 22) poteva lasciar intendere una diversa impostazione del legislatore rispetto al regime applicativo dell’Aspi che, dal 1° maggio, sarà sostituita dalla Naspi.
Infatti l’articolo 2, comma 5, della legge 92/2012 aveva portato a estrapolare un principio di copertura “universale” del trattamento (il testo escludeva dall’accesso all’Aspi solo le dimissioni e le risoluzioni consensuali, tranne le dimissioni per giusta causa e la risoluzione consensuale nell’ambito della procedura conciliativa obbligatoria in Dtl). Tale stesura aveva portato ministero del Lavoro e Inps ad autorizzare l’Aspi anche in conseguenza dei licenziamenti disciplinari.
Il Dlgs 22/2015 adotta, invece, una logica inversa: pur confermando il presupposto generale dell’involontarietà della perdita del posto di lavoro, non opera esclusioni specifiche ma stabilisce che la Naspi va concessa nelle ipotesi di dimissioni per giusta causa e in caso di risoluzione consensuale del rapporto, intervenuta in sede di conciliazione preventiva presso la Dtl. Si ricorda che questa procedura va esperita per i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, ai sensi dell’articolo 7, della legge 604/1966 (è superata per i lavoratori “nuovi assunti” con il contratto a tutele crescenti).
Alla luce di quanto sopra, il ministero annovera anche la fattispecie del licenziamento disciplinare tra quelle coperte dalla Naspi, spiegando – come era avvenuto per l’Aspi con l’interpello 29/2013 – che la stessa prescinde dalla natura del licenziamento. Peraltro, il ministero, a sostegno di questa tesi, argomenta come il licenziamento disciplinare sia estraneo alla sfera della “volontarietà” del lavoratore e come lo stesso possa altresì essere impugnato.
Più scontata la seconda risposta trattata dall’interpello, ossia la possibilità di percepire il trattamento Naspi da parte di quei lavoratori che accetteranno l’indennità economica prevista dalla nuova offerta conciliativa del contratto a tutele crescenti. Infatti tale conciliazione è esclusivamente mirata a far decadere l’impugnativa del licenziamento (anche se questa fosse già avvenuta ma purché attivata entro i termini di impugnazione stragiudiziale) ma non va in alcun modo a modificare l’atto di recesso che, in quanto tale, fa scattare il diritto alla Naspi.