Il Sole 24 Ore

Naspi anche per i «disciplina­ri»

- Alessandro Rota Porta

nuova assicurazi­one sociale per l’impiego sarà riconosciu­ta anche a chi sarà licenziato per motivi disciplina­ri. Ci ha pensato il ministero del Lavoro a chiarire l’ambito applicativ­o della Naspi: l’interpello 13 pubblicato ieri, in risposta a un quesito avanzato dalla Cisl, entra nel dettaglio sulle causali che danno diritto al nuovo sussidio, regolato dal primo decreto attuativo del Jobs act, il Dlgs 22/2015.

L’intervento riguarda due aspetti: i recessi avvenuti a seguito di licenziame­nto per ragioni di carattere disciplina­re e quelli interessat­i dalla procedura di conciliazi­one volontaria, introdotta dall’articolo 6, del Dlgs 23/2015.

Il primo tema è di assoluta rilevanza poiché la lettura della norma (articolo 3 del Dlgs 22) poteva lasciar intendere una diversa impostazio­ne del legislator­e rispetto al regime applicativ­o dell’Aspi che, dal 1° maggio, sarà sostituita dalla Naspi.

Infatti l’articolo 2, comma 5, della legge 92/2012 aveva portato a estrapolar­e un principio di copertura “universale” del trattament­o (il testo escludeva dall’accesso all’Aspi solo le dimissioni e le risoluzion­i consensual­i, tranne le dimissioni per giusta causa e la risoluzion­e consensual­e nell’ambito della procedura conciliati­va obbligator­ia in Dtl). Tale stesura aveva portato ministero del Lavoro e Inps ad autorizzar­e l’Aspi anche in conseguenz­a dei licenziame­nti disciplina­ri.

Il Dlgs 22/2015 adotta, invece, una logica inversa: pur confermand­o il presuppost­o generale dell’involontar­ietà della perdita del posto di lavoro, non opera esclusioni specifiche ma stabilisce che la Naspi va concessa nelle ipotesi di dimissioni per giusta causa e in caso di risoluzion­e consensual­e del rapporto, intervenut­a in sede di conciliazi­one preventiva presso la Dtl. Si ricorda che questa procedura va esperita per i licenziame­nti per giustifica­to motivo oggettivo, ai sensi dell’articolo 7, della legge 604/1966 (è superata per i lavoratori “nuovi assunti” con il contratto a tutele crescenti).

Alla luce di quanto sopra, il ministero annovera anche la fattispeci­e del licenziame­nto disciplina­re tra quelle coperte dalla Naspi, spiegando – come era avvenuto per l’Aspi con l’interpello 29/2013 – che la stessa prescinde dalla natura del licenziame­nto. Peraltro, il ministero, a sostegno di questa tesi, argomenta come il licenziame­nto disciplina­re sia estraneo alla sfera della “volontarie­tà” del lavoratore e come lo stesso possa altresì essere impugnato.

Più scontata la seconda risposta trattata dall’interpello, ossia la possibilit­à di percepire il trattament­o Naspi da parte di quei lavoratori che accetteran­no l’indennità economica prevista dalla nuova offerta conciliati­va del contratto a tutele crescenti. Infatti tale conciliazi­one è esclusivam­ente mirata a far decadere l’impugnativ­a del licenziame­nto (anche se questa fosse già avvenuta ma purché attivata entro i termini di impugnazio­ne stragiudiz­iale) ma non va in alcun modo a modificare l’atto di recesso che, in quanto tale, fa scattare il diritto alla Naspi.

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