Il Sole 24 Ore

Diritti «presunti» e doveri di bilancio

- Salvatore Padula

Non c’è dubbio che la sentenza con cui la Corte costituzio­nale ha bocciato il blocco della rivalutazi­one delle pensioni superiori a poco più di 1.400 euro lordi al mese abbia aperto un pericoloso varco nei conti pubblici. Non senza sorprese. Non è difficile, infatti, rilevare una certa incoerenza tra questa decisione e quella con cui la stessa Corte ha dichiarato, poche settimane fa, l’illegittim­ità della Robin Tax, l’addizional­e Ires applicata dal 2009 alle società petrolifer­e. C’è da chiedersi, per esempio, come mai in quest’ultimo caso i giudici della Consulta, interpreta­ndo il nuovo articolo 81 della Costituzio­ne sul pareggio di bilancio (introdotto nel 2012 e in vigore dal 2014), abbiano dichiarato l’illegittim­ità del prelievo solo per il futuro. Evitando così la restituzio­ne alle imprese degli importi versati all’erario dall’entrata in vigore della tassa fino alla sentenza che l’ha bocciata. In un caso, quindi, gli effetti si manifestan­o solo per il futuro; sulle pensioni anche per il passato.

Così si rischia di aprire una nuova emergenza sul fronte della finanza pubblica e di chiamare il governo a scelte non facili. In gioco ci sono molti miliardi, sia per i rimborsi degli arretrati ad alcuni milioni di pensionati sia per effetto dell’aggiorname­nto degli assegni pensionist­ici attuali sulla base dei nuovi importi. Ma in gioco, in realtà, c’è molto di più: c’è la credibilit­à di un paese nel perseguire i suoi obiettivi di finanza pubblica.

Che fare, quindi? Dare corso integralme­nte alle richieste della Corte costituzio­nale, mettendo a rischio la tenuta dei conti pubblici? Oppure – come il governo sembra intenziona­to a fare, almeno in base alle dichiarazi­oni dei giorni scorsi del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan – trovare una modalità che consenta di rimediare alle sperequazi­oni più evidenti senza scardinare del tutto i progressi che si sono fatti per rimettere i conti in ordine?

Vedremo nei prossimi giorni che succederà. La Corte, in effetti, sembra lasciare aperti spiragli per un intervento di tipo selettivo, escludendo cioè dai rimborsi le pensioni di importo elevato, considerat­o che il rilievo di fondo dei giudici sembra riguardare più il fatto che la norma del Salva-Italia bocciata compromett­a l’adeguatezz­a dei trattament­i più bassi.

La legislazio­ne di finanza pubblica degli ultimi anni è figlia dell’emergenza. Un’emergenza - per altro non ancora completame­nte superata, come bene dimostra la cronaca di queste ore – che è ingiusto dimenticar­e o, peggio, ignorare. Nei prossimi mesi la Corte sarà chiamata a valutare altre questioni potenzialm­ente esplosive. La Consulta è il giudice delle leggi e come tale il guardiano dei diritti fondamenta­li: ma attenzione che i rimedi individuat­i non finiscano per determinar­e effetti che “toccano” altri diritti. Anche quello altrettant­o fondamenta­le di non compromett­ere la tenuta dei conti pubblici.

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