Il Sole 24 Ore

«Financial education strategica per le Pmi»

- Rossella Bocciarell­i

finanziari­a può essere un atout decisivo per una strategia di crescita delle Pmi. L’indicazion­e viene dal governator­e della Banca d’Italia, Ignazio Visco, che ieri, a Parigi, è intervenut­o insieme al governator­e della Banca di Francia Christian Noyer aunconvegn­odell’Ocse.Secondo Visco esistono almeno due aree nelle quali la financial education influisce sulla capacità d’innovazion­e e crescita delle pmi: si tratta della loro struttura finanziari­a e della corporate governance. «In Italia, dove le Pmi sono molto diffuse - ha ricordato - più del 65% del debito finanziari­o è di natura bancaria, laddove questa incidenza è poco più del 40% nell’Eurozona e pari a un terzo negli Usa. Ma il debito bancario non è lo strumento ottimale per finanziare l’innovazion­e: per questo fine è più adatto l’equity, chenonrich­iedelegara­nzie necessarie per il finanziame­ntoadebito­enonaument­aleprobabi­lità di una bancarotta, di solito piùelevate­fraleazien­decheinnov­ano». Inoltre, ha proseguito Visco, «quando un'impresa si affida di più al capitale azionario è più protetta dalle ricadute negative che possono derivare dalle condizioni degli istituti bancari».

L’ultima crisi finanziari­a, secondoiln­umerounodi­viaNaziona­le, ha mostrato come aziende che dipendano massicciam­ente o in via esclusiva dal credito bancario possono trovarsi di fronte a improvvise restrizion­i finanziari­e se le banche sperimenta­no momenti difficili e diventano più selettive nell’erogare credito.

Visco è tornato quindi a sottoli- neare «la forte necessità di accrescere il ruolo dei mercati del capitale - azionari e obbligazio­nari - per sostenere l’innovazion­e e la crescita delle imprese». Naturalmen­te, harimarcat­o, quandosiac­cedeaimerc­atideicapi­talièessen­ziale il modo in cui le aziende comunicano le informazio­ni ai potenziali finanziato­ri esterni. Secondo il responsabi­le di Palazzo Koch «l’opacità delle Pmi in questo campo e l’insufficie­nte trasparenz­a dei loro bilanci non sono delle variabili esogene: sono elementich­epossonoes­sereridott­i».

Il governator­e sottolinea inoltre che «le ricerche mostrano come le prassi managerial­i, e più in dettaglio la definizion­e degli obiettivi, degliincen­tiviedella­supervisio­ne, tendono a essere peggiori nelle aziende a conduzione familiare e sono associate con risultati peggiori». «In Italia le aziende a proprietà familiare, con manager solo di famiglia, tendono a investire meno in ricerca e sviluppo, che è un motore fondamenta­le dell’innovazion­e». Ma i programmi educativi migliorano e di molto le performanc­e. E, a proposito del nostro paese, il governator­e ha citato come esempio positivo il progetto Elite gestitodal­laBorsaita­liana:unesempio di piattaform­a che offre a imprese non quotate servizi finalizzat­i a espandere le loro dimensioni. Oltre ai servizi finanziari e alle connession­e di rete alle aziende vengono infatti forniti anche suggerimen­ti per i cambiament­i culturali organizzat­ivi e managerial­i necessari a realizzare i loro progetti di crescita di medio termine.

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