Ora «sta in noi»
Il +1,2% è solo una “tendenza centrale”. Le “forchette” sono un utile antidoto alle false certezze che si incartano nella messe di dati e negli accapigliamenti sui decimali dei saldi di bilancio.
Allora, bisogna scrollare le spalle di fronte alle previsioni? No, una previsione onesta soppesa il pro e il contro e vede dove si ferma l’ago della bilancia, pur non nascondendo che altri fattori possono appesantire o alleggerire il risultato. In effetti, sul cielo scuro dell’economia sono improvvisamente apparsi almeno quattro squarci di sole: «li raggi delle quattro luci sante» sono l’euro (il cambio effettivo reale ha guadagnato 13 punti di competitività rispetto a un anno fa), il petrolio (-30%, in euro), i bassi tassi di interesse (mai nel dopoguerra il denaro è costato così poco) e, infine, la combinazione dei primi tre, dato che in questi casi il tutto è più della somma delle parti.
Ma questi sono ancora solo numeri. Perché il possibile diventi probabile c’è bisogno di slancio e di fiducia: Matteo Renzi (di cui tutto si può dire fuor che non abbia fiuto politico) ha capito questo “bisogno” e non perde occasione per somministrare ottimismo. Quale Italia si incammina verso il bivio disegnato dalla forchetta delle previsioni Istat? Quella descritta da Daniele Cortis, nell’omonimo romanzo di Antonio Fogazzaro («Ma che lavoro ingrato su questo floscio buon senso italiano che domanda a tutte le audacie il bilancio preventivo e ha tanta paura di passar per poco pratico e, sopra tutto, di perder l’ora di pranzo e la pace della digestione! Siamo, in fondo, un popolo di droghieri»), o quella di Carlo Azeglio Ciampi, che nel 1992 riecheggiava («Sta in noi...») le parole di Luigi Einaudi del 1947, quando questi ricordava agli italiani come fosse «necessario che essi non credano di dovere la salvezza a nessun altro fuorché a se stessi»?