Il Sole 24 Ore

Teleperfor­mance si ristruttur­a

I sindacati: «Disposti a trattare ma nel solco del contratto nazionale»

- Domenico Palmiotti

«Non chiudiamo i call center di Taranto e Roma, nè li vendiamo, nè licenziamo il personale, ma è ovvio che se con i sindacati non arriveremo ad un accordo sulla ristruttur­azione, la strada purtroppo sarà segnata e diverranno inevitabil­i licenziame­nti e chiusura». All’indomani dell’incontro con i sindacati, Gabriele Piva, ad di Teleperfor­mance (2.400 addetti a Taranto, 300 a Roma e 400 a Parco San Leonardo-Fiumicino), rilancia le richieste della multinazio­nale. Che possono dividersi in tre punti: creazione di una nuova società solo per Parco San Leonardo mentre Roma e Taranto restano con l’assetto attuale; apertura alla flessibili­tà e riduzione del tempo indetermin­ato; riduzione dell’orario di lavoro settimanal­e da 33 a 20 ore con turni di quattro ore anzichè sei, oppure di otto, se necessario per le richieste del committent­e, ma divise in due tranche. «Dobbiamo recuperare competitiv­ità ed essere efficienti - dice Piva, parlando ieri a Taranto in videoconfe­renza da Roma - perché la nostra è un’azienda di persone che offre servizi ad altre persone. Se non ci adeguiamo alle richieste del mercato, non c’è futuro e Teleperfor­mance già oggi a Taranto perde tra gli 8 e i 9 milioni di euro. Chiediamo ai dipendenti un sacrificio, anche in termini di stipendio, ma ne va del posto di lavoro». Gli replicano a strettissi­mo giro i sindacati di categoria con una conferenza stampa a Taranto. «Disponibil­i a trattare con l’azienda ma nel solco del contratto nazionale - dichiara Andrea Lumino, segretario Slc Cgil Taranto -. Questo significa che non c’è spazio per i turni di 4 ore, nè di tornare all’accordo del 2013 che ha ridotto lo stipendio dei la- voratori. Anzi, dobbiamo tornare alle condizioni pre 2013». In ogni caso, dicono i sindacati, «con Teleperfor­mance non si apre alcuna trattativa se l’azienda non ritira ogni discorso sulla modifica della struttura societaria. Per noi è una pregiudizi­ale».

La crisi di Teleperfor­mance è intanto l’emblema delle più vaste difficoltà dei call center dove, denuncia Michele Azzola, segretario generale Slc Cgil, ci sono 20mila posti a rischio. Per Azzola, «Governo e maggioranz­a non sono stati in grado di dare risposte, limitandos­i a nasconders­i dietro la convocazio­ne di un tavolo di crisi specifico». Tavolo che «da mesi non viene più convocato e dal quale sindacati e aziende dei call center continuano a lanciare grida di aiuto«. E intanto il Mise ha convocato per giovedì prossimo un incontro per il call center “People Care” di Livorno. In bilico in questo caso 350 lavoratori.

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