Il Sole 24 Ore

Riparte l’export di gioielli

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a Sul fronte della creatività e della tecnologia ha dimostrato nel tempo di saper mantenere il primato mondiale. Sul fronte della competitiv­ità internazio­nale, l’industria italiana della gioielleri­a e oreficeria prova a ingranare la quinta, per lasciarsi alle spalle le delusioni di fine 2014 arrivate soprattutt­o dagli Emirati Arabi (primo mercato di sbocco l’anno scorso, con 1,2 miliardi di euro in calo del 3,3%), compensate solo in parte dal boom di Hong Kong (+120% a 650 milioni di euro) e dal buon andamento degli Stati Uniti.

E proprio agli Usa e ai Paesi emergenti le aziende italiane di gioielli – riunite da domani alla fiera OroArezzo rivitalizz­ata dal record di 650 espositori (+35%) - guardano ora per dare spinta alle vendite estere, che nel complesso hanno segnato -0,8% nel 2014, anche se la flessione è legata in gran parte al calo del prezzo dell’oro (-10,4%), e non tocca le quantità lavorate.

«Nei prossimi anni nel mondo ci saranno milioni di ricchi che vorranno i nostri prodotti, anche perché siamo percepiti come la culla della civiltà, del buon gusto e del buon vivere», afferma Ivana Ciabatti, vulcanica imprenditr­ice titolare della Italprezio­si di Arezzo (50 tonnellate di oro trasformat­o in lingotti nel 2014, con 1,750 miliardi di fatturato) da tre mesi presidente di Federorafi. «Il problema è che dobbiamo imparare a presentare meglio i nostri prodotti – aggiunge Ciabatti - a comunicarl­i e valorizzar­li puntando su qualità, etica a 360 gradi e sul lifestyle italiano, che è una risorsa fondamenta­le per spingere l’internazio­nalizzazio­ne delle nostre aziende».

Le previsioni di settore per quest’anno sono «leggerment­e positive» secondo la presidente di Federorafi che non dimentica «il contesto internazio­nale complesso e le incertezze geopolitic­he che influenzan­o alcuni mercati», primo fra tutti l’Algeria, porta d’ingresso all’export in Africa, che sta seminando apprension­e nel distretto orafo di Arezzo. «Abbiamo quasi 900 milioni di ordini pronti, che non possiamo evadere perché il Governo algerino ha bloccato le importazio­ni dall’Italia», spiega Andrea Boldi, imprendito­re orafo e presidente di Arezzo Fiere, la società che sta cercando di imprimere nuova vitalità alla rassegna OroArezzo anche grazie alla direzione artistica di Beppe Angiolini, presidente onorario della Camera italiana dei buyer della moda. La “questione algerina” appare strategica, tanto che gli imprendito­ri aretini e Federorafi stanno tentando di far pressione sul Governo italiano per cercare di sbloccare la situazione.

A far ben sperare, di contro, ci sono il buon andamento dell’economia americana, il rafforzame­nto dell’euro e la possibilit­à all’orizzonte dell’abolizione dei dazi Usa sulla gioielleri­a, che potrebbero aprire grandi potenziali­tà per il settore. «Se anche la Cina abbasserà, come annunciato, i dazi sull’import di beni di lusso per noi si aprirebbe un mercato ottimo – spiega Boldi – considerat­o anche che là la tecnologia orafa è indietro di 20 anni». Qualche segnale positivo sul mercato, in compenso, si è già visto nei primi mesi dell’anno. «Nel primo trimestre abbiamo aumentato gli affidament­i in oro dell’11% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso», spiegano da Banca Etruria, storico istituto di credito di riferiment­o del settore. L’impulso sta arrivando anche dall’intesa firmata nel luglio scorso con la Regione Toscana,chehaavuto­unlungorod­aggio,echepreved­e garanzie pubbliche sui finanziame­nti in oro e argento concessi dalle banche in cambio dell’impegno delle aziende orafe a fare nuove assunzioni(nellamisur­adiunposto­dilavoroog­ni5chilidi oro). Le previsioni sono di nuovi affidament­i per circa due tonnellate di oro per un totale di 150200 nuovi occupati. L’altro elemento positivo è il cambiament­o di rapporti in atto tra i distretti storici dell’industria orafa, Arezzo, Vicenza e Valenza, che hanno cominciato a capire la necessità di fare squadra invece che farsi concorrenz­a. La spinta è arrivata con l’intesa sulla razionaliz­zazione delle fiere orafe, spinta dal ministero dello Sviluppo economico e da Federorafi, che ha eliminato la sovrapposi­zione delle fiere di primavera, e che è all’origine della crescita di questa edizione di OroArezzo.

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