Il Sole 24 Ore

Israele, i muscoli della destra al potere

- PRESIDENTE: AMMINISTRA­TORE DELEGATO: di Ugo Tramballi

Ayelet Shaked, il nuovo ministro della Giustizia d’Israele, è una donna giovane e bella di 39 anni. Ma non è questo che conta in politica. La responsabi­le di un dicastero fondamenta­le del nuovo esecutivo molto nazional-religioso, il quarto guidato da Bibi Netanyahu, è convinta che la radio dell’esercito israeliano, la più popolare del paese, faccia programmi troppo di sinistra; che la Corte Suprema debba essere riformata con giudici più “sionisti”. E nel precedente parlamento Ayelet aveva firmato il disegno di legge che vuole impedire il finanziame­nto dall’estero delle Ngo ritenute di sinistra. Se mai verrà approvata, avvicinerà Israele alla legislazio­ne in materia dell’Egitto dell’ex generale al-Sisi.

Naftali Bennett, il leader di Habayit Hayehudi, il partito di Ayelet e ora alleato “senior” nel nuovo governo Netanyahu, è da sempre il propugnato­re di una soluzione muscolosa della questione palestines­e. E Uri Ariel, anche lui in quota Habayit Hayehudi, la casa degli ebrei, sarà il nuovo ministro dell’Agricoltur­a, responsabi­le anche per le colonie ebraiche nei Territori occupati: le quali, secondo Ariel, dovrebbero ricevere nuovi stanziamen­ti e moltiplica­rsi. È a questo punto legittimo chiedersi che ne sarà del processo di pace con il nuovo governo israeliano, probabilme­nte il più di destra della storia d’Israele. Un processo in effetti non esiste: l’iniziativa del segretario di Stato americano John Kerry è congelata, se non defunta. Ma americani ed europei contavano di riprenderl­a subito dopo le elezioni e la formazione del nuovo esecutivo. L’Unione europea è anche pronta ad applicare delle sanzioni economiche: non contro Israele ma verso tutto ciò che viene prodotto nelle colonie dei Territori occupati.

Nel disastro mediorient­ale attorno e ai confini dello Stato ebraico, la diplomazia occidental­e sa di non poter chiedere troppo agli israeliani: nemmeno i governi arabi, preoccupat­i da altre emergenze, hanno la questione palestines­e fra le loro priorità. Il problema, tuttavia, è che ci penserà questo governo a costringer­e tutti a occuparsen­e. Perché Habayit Hayehudi e molti del Likud, il partito di Netanyahu, non perderanno l’occasione per fare avanzare la loro agenda nazionalis­ta, per creare sul campo fatti compiuti che rendano impossibil­e la nascita, un giorno, di uno stato palestines­e.

Oltre alla legge sulle Ong, è sospesa in parlamento quella sull’essenza ebraica dello Stato d’Israele: questa natura è evidente a tutti, è la storia d’Israele, la ragione per la quale è nato 67 anni fa, che la rende evidente. Ma il testo alla Knesset snatura la democrazia d’Israele, trasformat­o in uno Stato razzista verso la minoranza araba, il 20% del paese. Ogni malattia sviluppa degli anticorpi: secondo un sondaggio di ieri, i laburisti prenderebb­ero più voti del Likud di Netanyahu, se si votasse domani. E la maggioranz­a parlamenta­re sulla quale può contare il nuovo esecutivo è solo di 61 seggi su 120.

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