Il Sole 24 Ore

L’ultima chiamata per la strategia fiscale

- Di Stefano Simontacch­i

Questo passo è imprescind­ibile se si vuole dare veramente inizio a una nuova era nel rapporto tra cittadini, imprese e fisco. Riforma dell’agenzia delle Entrate. La politica fiscale deve mirare a un orizzonte di medio-lungo periodo garantendo stabilità, credibilit­à e certezza del diritto. Oltre alla revisione delle norme, diventa centrale il ruolo che si intende attribuire all'amministra­zione finanziari­a (agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza) e la natura che si vuole dare al rapporto tra questa e il contribuen­te, che deve fondarsi sulla reciproca collaboraz­ione e fiducia. L’agenzia delle Entrate è già oggi, formalment­e, il punto di contatto tra il sistema tributario e i contribuen­ti, ma il rapporto deve evolvere definitiva­mente in direzione di una partnershi­p con cittadini e imprese che operano in Italia, attraverso una funzione di supervisio­ne consultiva nell'adempiment­o tributario, proseguend­o nel percorso intrapreso mediante l'istituto del ruling internazio­nale e il regime di adempiment­o collaborat­ivo. L'agenzia ha già dimostrato di sapere svolgere efficaceme­nte questo ruolo, ma affinché possa completare questo percorso bisogna rimuovere due rilevanti ostacoli. Innanzitut­to, la politica non può porre all'Agenzia obiettivi di recupero di evasione fiscale. Quest’anno l’obiettivo di incasso derivante dalla lotta all'evasione fiscale è aumentato a 15 miliardi di euro. È inevitabil­e che questo condizioni l’operato dell’Agenzia, traducendo­si nell’applicazio­ne di misure di contrasto all'evasione di tipo esclusivam­ente repressivo e non preventivo. Una politica fiscale di tipo repressivo obbliga l’Amministra­zione ad adottare indirizzi operativi che inasprisco­no ulteriorme­nte l’attività di accertamen­to, con una conseguent­e crescita del contenzios­o fiscale e della percezione di incertezza che scoraggia gli investimen­ti nazionali ed esteri.

In secondo luogo, serve un intervento urgente per garantire una gestione efficiente e meritocrat­ica dell'Agenzia: i ruoli dirigenzia­li devono essere assunti da figure che oltre a essere tecnicamen­te preparate devono avere una attitudine al cambiament­o sopra descritto nel rapporto fisco-contribuen­te. La recente sentenza della Corte Costituzio­nale rischia di avere l'effetto di privare l’Agenzia di alcune delle figure più qualificat­e, così inficiando un percorso di cambiament­o che è stato intrapreso e che non possiamo permetterc­i di ricomincia­re da zero.

Riforma giustizia tributaria. Altro elemento fondamenta­le è rappresent­ato dalla necessità di effettuare un intervento migliorati­vo sulla giustizia tributaria, finalizzat­o, tra l'altro, alla riduzione dei tempi del contenzios­o fiscale (9 anni per un giudizio definitivo contro i 3 anni dell’Olanda) e a garantire la specializz­azione dei giudici tributari che ne possa favorire un percorso di crescita e valorizzaz­ione.

Sviluppo. La strategia fiscale in tema di sviluppo deve essere funzionale alla politica industrial­e del Paese che deve identifica­re le aree prioritari­e di intervento. Il conseguime­nto di tale obiettivo presuppone un processo di semplifica­zione e innovazion­e della normativa fiscale (bisogna avere più coraggio nella competizio­ne globale) al fine di renderla più idonea alle esigenze di investitor­i italiani e stranieri, favorendo anche il processo di internazio­nalizzazio­ne del nostro Paese. A titolo meramente esemplific­ativo si segnalano quattro aree di intervento.

Nell’attuale economia della conoscenza, la competitiv­ità e la creazione del valore delle imprese sono per lo più riconducib­ili ai be- ni immaterial­i. Se si vuole recuperare competitiv­ità, diventa dunque fondamenta­le incentivar­e la creazione e la localizzaz­ione in Italia di tali beni. A questo fine il patent box è determinan­te ma parimenti importante è alzare le soglie del credito di imposta per le attività di ricerca e sviluppo, nonché prevedere ulteriori incentivi.

I gruppi multinazio­nali sono organizzaz­ioni complesse che prevedono hub/cluster di riferiment­o. L’Italia deve competere per ottenere la localizzaz­ione in Italia di tali centri direzional­i, operando su più livelli: reddito di impresa, reddito delle persone fisiche e passive income. Non bisogna ovviamente dimenticar­e tutte le norme non fiscali che in modo sistemico vanno coordinate per conseguire tale obiettivo (a esempio, il sistema dei visti per gli expatriate­s e il rilancio della ricerca universita­ria).

Per quanto attiene le Pmi, ha senso prevedere un pacchetto di procedure semplifica­te e di incentivi alle aggregazio­ni. Si potrebbe anche studiare una soluzione di progressiv­ità della tassazione del reddito di impresa già adottata da altri paesi.

È comprovato da svariate analisi economiche come l'Africa rappresent­erà l'area del mondo a più forte sviluppo nei prossimi decenni. Non a caso, tutte le maggiori multinazio­nali hanno allo studio strategie di penetrazio­ne di tale mercato.

Questa è forse l'ultima occasione per l'Italia per svolgere un ruolo di leadership nel contesto economico globale. I paesi dell'Europa del Sud - e l'Italia in particolar­e - hanno infatti un indubbio vantaggio competitiv­o rispetto ad altri paesi del mondo, da ricondursi a rapporti politico-culturali che affondano le radici nel passato. Ciò vale sia per i paesi dell'area del Mediterran­eo (oggi con problemi socio-politici importanti) sia per i paesi dell'area Sub-Sahariana.

L'Italia ha l'occasione di sfruttare tale vantaggio e deve farlo non solo sviluppand­o il più possibile le relazioni commercial­i con i paesi africani, ma soprattutt­o puntando a diventare l'hub preferenzi­ale per gli investimen­ti esteri in Africa. Ciò ci consentire­bbe di attirare risorse nel nostro paese e probabilme­nte anche di competere con altri Paesi come Regno Unito e Paesi Bassi per diventare anche hub per l'Europa. In particolar­e un'opportunit­à strategica sarebbe riuscire a diventare l'hub degli investimen­ti cinesi in Africa (intervenen­do, tra l'altro, sulla convenzion­e bilaterale Italia-Cina).

Legalità diffusa. I dati ufficiali stimano l’economia sommersa (non quella illegale) in oltre 250 miliardi di euro con un gettito evaso di oltre 100 miliardi di euro. Le stime dicono che una grande maggioranz­a dell'evasione (e quindi del recupero da effettuare) sia ascrivibil­e a lavoratori autonomi e piccole imprese. E' solo riportando la legalità diffusa a questo livello che si possono recuperare efficaceme­nte e velocement­e risorse per il sistema, al fine di abbassare il livello impositivo.

Il patto con i cittadini deve prevedere quale contraltar­e a un fisco riformato e “user friendly”, senso civico e legalità. Da un lato vanno inasprite le sanzioni per chi evade e dall'altro vanno concesse deduzioni e detrazioni sulla maggioranz­a delle spese (così forzando l'emersione del reddito del prestatore).

Infine, siamo il fanalino di coda nel ranking dei Paesi che utilizzano moneta elettronic­a. È necessaria una ulteriore stretta all'utilizzo del contante, riducendo la soglia massima ed eliminando le banconote di taglio superiore ai 50 euro. Se entro un periodo prefissato i pagamenti elettronic­i fossero ancora marginali, non resterebbe che prendere provvedime­nti più drastici.

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