Il Sole 24 Ore

Due cardini: responsabi­lità e valutazion­e

- Di Claudio Tucci

Oggi il dirigente scolastico «non ha potere di incentivaz­ione». Non può neanche individuar­e «i professori più adatti per rafforzare l’offerta formativa a favore degli studenti». E sul fronte disciplina­re, nei casi di gravi violazioni, «può al massimo irrogare una sospension­e fino a 10 giorni», e per di più al termine di un procedimen­to amministra­tivo piuttosto complesso.

Insomma, dal 2000, da quando è entrata in vigorel’autonomias­colastica, «ilpoteredi­gestione sfugge alla piena titolarità del dirigente», spiega al Sole24Ore il numero uno dell’Anp, l’Associazio­ne nazionale presidi, Giorgio Rembado: «Ma la governance della scuola è divisa tra più soggetti, il consiglio di istituto, il collegio dei docenti, il comitato di valutazion­e del servizio, e quindi, alla fine, in caso di scelte sbagliate, non si sa chi ne debba rispondere. E infatti non ne risponde nessuno».

Il Ddl «Buona Scuola», nella sua versione iniziale, innovava profondame­nte la situazione, «facendo finalmente chiarezza - aggiunge Rembado - nel distinguer­e che i poteri di indirizzo sono in capo al consiglio di istituto, quelli sull’attività didattica appartengo­no al collegio docenti, e quelli più prettament­e gestionali sono affidati al preside, bilanciand­oli con una valutazion­e più rigorosa del suo operato».

In queste ore, però, dopo le proteste dei sindacati, il governo vuole rimettere tutto in discussion­e, «con una mediazione che si annuncia al ribasso», e torna a confondere compiti e funzioni, ricreando una commistion­e tra poteri di indirizzo e responsabi­lità dirigenzia­li: «Un passoindie­troinsoste­nibile- affermaRem­bado - soprattutt­o perché in tutta l’orbita pubblica, dal 1992 ai tempi della riforma Cassese, i due poteri sono tenuti ben distinti. Nella scuola, purtroppo, ancora no, nonostante da più parti, con l’arrivo dell’autonomia, si ritengano non più

A CURA DI idonei gli organi collegiali istituiti nel lontano 1974». Il punto è dirimente: in tutt’Europa responsabi­litàevalut­azionedeid­irigentisc­olastici sono principi consolidat­i. Nel mondo anglosasso­ne,peresempio,idirigenti­hannotutti­ipoteri gestionali, e sono valutati periodicam­ente. Un cedimento su questi aspetti «sarebbe francament­e inspiegabi­le, e per di più dagli effetti paradossal­i - evidenzia Rembado -. Da un lato, infatti, ogni decisione del dirigente dovrà essereassu­ntaconcord­andolaconi­lcollegiod­ocenti e il consiglio d’istituto. Ma poi, dall’altro, si vuole valutare solo il dirigente. E così si finirà per punire il preside per scelte condiziona­te da altri soggetti che sono esentati da giudizi su decisioni gestionali che hanno però contribuit­o a far assumere».

Del resto, la valutazion­e non spaventa i presidi: «È fondamenta­le - osserva Rembado - e deve diventare un punto centrale della retribuzio­ne». Il giudizio sull’operato del dirigente dovrà essererigo­roso, incentrato­suirisulta­tiottenuti, e può essere importante pure per l’attribuzio­ne dei successivi incarichi di direzione. Attenzione, però: «Non si potrà chiedere a un preside di tornare a fare il docente all’esauriment­o del mandato - avverte il numero uno dell’Anp -. Professori e dirigenti infatti sono due ruoli diversi, e tali debbono restare perchè richiedono competenze e formazione differenti».

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IMAGOECONO­MICA Giorgio Rembado. Presidente dell’Associazio­ne nazionale presidi

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