Il Sole 24 Ore

Servizi strumental­i sempre con appalto

- Alberto Barbiero

Pa devono acquisire i servizi strumental­i sul mercato, mediante gare, e non possono affidarli a società partecipat­e in house, secondo quanto previsto dalla normativa vigente.

L’innovativa interpreta­zione è stata elaborata dal Consiglio di Stato, sezione III, nella sentenza 2291 depositata ieri, con cui è stato annullato un affidament­o di servizi di pulizie effettuato da un’Asl nei confronti di una propria società costituita per la gestione di vari servizi strumental­i.

Nella pronuncia i giudici hanno vagliato il provvedime­nto dell’Asl alla luce dell’articolo 4, commi 7 e 8 del Dl 95/2012. Il comma 7 è finalizzat­o ad evitare distorsion­i della concorrenz­a e in questa prospettiv­a dispone che, dal 1° gennaio 2014, le Pa acquisisco­no sul mercato i beni e servizi strumental­i alla propria attività mediante le procedure concorrenz­iali previste dal Codice dei contratti.

Il comma 8 invece prevede che, dalla stessa data, l’affidament­o diretto può avvenire solo a favore di società a capitale interament­e pubblico, nel ri- spetto dei requisiti richiesti dalla normativa e dalla giurisprud­enza comunitari­a per la gestione in house.

Il Consiglio di Stato afferma che il tenore del comma 7 sembra univoco nell’individuar­e le procedure concorrenz­iali come modalità necessaria di acquisizio­ne dei beni e servizi strumental­i.

Rispetto all’affidament­o in house come modalità derogatori­a, la sentenza interviene in termini radicalmen­te diversi da precedenti pronunce e dalla sentenza del Tar oggetto dell’appello, che avevano letto la norma come possibilit­à di ricorrere all’affidament­o diretto come “modello ordinario”.

I giudici, infatti, partono dal presuppost­o che l’in house, come costruito dalla giurisprud­enza Ue, rappresent­a, prima che un modello di organizzaz­ione dell’amministra­zione, un’eccezione alle regole generali del diritto comunitari­o, le quali richiedono che l’affidament­o degli appalti pubblici avvenga con gara.

In questa analisi, l’affidament­o diretto del servizio confligge con la tutela della concorrenz­a in quanto sottrae al libero mercato quote di contratti pubblici. Pertanto, l’esistenza di una sua disciplina normativa a livello comunitari­o (oggi contenuta nell’articolo 12 della direttiva 24/2014/Ue) consente questa forma di affidament­o, ma non obbliga i legislator­i nazionali a disciplina­rla, né impedisce loro di limitarla o escluderla in determinat­i ambiti. Il Consiglio di Stato evidenzia quindi come l’articolo 4, comma 7 del decreto spending review costituisc­a norma (nazionale) preclusiva degli affidament­i diretti di servizi strumental­i, con una scelta dichiarata­mente pro-concorrenz­iale del legislator­e, mentre interpreta il comma 8 come disposizio­ne regolativa solo delle condizioni in base alle quali l’affidament­o diretto sarebbe consentito nei casi in cui lo stesso articolo 4 ammette la costituzio­ne o il mantenimen­to di società in house. «È una sentenza storica - commenta Lorenzo Mattioli (presidente Anip, l’associazio­ne imprese di pulizia e servizi integrati di Fise-Confindust­ria) - perché tutela il libero mercato e i diritti alla qualità e all’economicit­à dei servizi».

IL PRINCIPIO L’affidament­o diretto è «un’eccezione» alle regole comunitari­e Per Anip-Confindust­ria «sentenza storica»

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