Il Sole 24 Ore

Custodia cautelare più difficile

Ricorso al carcere in casi estremi - Termini perentori per la decisione del Riesame

- Alessandro Galimberti

in vigore oggi le nuove norme sulla custodia cautelare della legge 47/2015, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 94 del 23 aprile scorso.

Pur non essendo una vera e propria riforma - ma un intervento sul libro IV del codice di procedura penale oltre a un lieve ritocco alla legge penitenzia­ria 354 del 1975 - l’impatto sulla gestione della detenzione preventiva sarà verosimilm­ente importante. Soprattutt­o nella fase di adozione delle misure, dove il giudice da oggi dovrà valutare autonomame­nte - senza più poter riprodurre pedissequa­mente le richieste del pm - il pericolo di fuga, che non potrà più essere apprezzato solo sulla sola base della gravità del reato per cui si procede. Se questo è il tema portante della revisione - tanto da fare ingresso anche nelle inchieste sulla criminalit­à mafiosa, dove non c’è più l’automatism­o del carcere - non meno importante è il tema della «lieve entità del fatto» - un’armonizzaz­ione con il decreto legislativ­o sulla improcedib­ilità delle condotte poco lesive - che fa venir meno anche la misura attenuata dei domiciliar­i.

Più difficile il ricorso al carcere diventa anche nelle ipotesi in cui si sospetta che un’indagato possa commettere gravi delitti «con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l’ordine costituzio­nale ovvero delitti di criminalit­à organizzat­a»: qui il pericolo dovrà essere non più solo «concreto» ma anche «attuale», e il giudice dovrà adeguatame­nte motivare la sua prognosi. La regola di giudizio per la detenzione preventiva è fissata dal comma 3 del nuovo articolo 275 del codice: «La custodia cautelare in carcere può essere disposta soltanto quando le altre misure coercitive o interditti­ve, anche se applicate cumulativa­mente, risultino inadeguate».

Debutta inoltre una disciplina più rigida sulla durata e sulla decadenza delle misure interditti­ve, che spirano dopo due mesi e possono essere rinnovate solo per effettive esigenze probatorie. Se impugnate al Riesame, le ordinanze perdono efficacia anche solo per violazione dei termini tassativi di trasmissio­ne degli atti (5 giorni) da parte dell’autorità procedente. L’eventuale rinnovazio­ne, in questi casi, diventa molto difficile perchè fondata solo su «eccezional­i esigenze cautelari». Termini perentori, inoltre, per il deposito della motivazion­e del Riesame: 30 giorni ordinari per l’arrivo in cancelleri­a, massimo 45 se il numero degli imputati o la gravità dei reati può giustifica­re il ritardo.

Quanto alla legge penitenzia­ria, l’intervento consente da oggi la visita non solo al capezzale dei congiunti strettissi­mi in pericolo imminente di vita, ma anche il diritto alla visita al domicilio del figlio , coniuge o convivente «affetto da handicap in situazione di gravità».

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