Il Sole 24 Ore

Tagli ai bilanci europei ma il Tribunale Ue raddoppia i giudici

- Marina Castellane­ta

non ci saranno intoppi, la riforma del Tribunale dell’Unione europea porterà al raddoppio del numero dei suoi giudici: in quattro anni, dovrebbe balzare dagli attuali 28 a 56. Malgrado questo implichi un costo, stimato per difetto, di 13.875 milioni di euro l’anno e ciò contrasti con i tagli di bilancio previsti dalla Ue. A proporre la modifica è la Corte di giustizia dell’Unione europea, al cui interno opera il Tribunale, l’organo giurisdizi­onale a cui possono rivolgersi individui e società per chiedere l’annullamen­to di atti Ue, nonché, tra le altre, per questioni relative agli aiuti di Stato e alla proprietà intellettu­ale e industrial­e.

La proposta originaria prevedeva un aumento di 12 giudici. Gli Stati, però, non hanno raggiunto un accordo sulla rotazione dei nuovi membri. Quindi la Corte ne ha proposto il raddoppio, così da garantire un nuovo giudice a ogni Stato. La proposta, partita durante la Presidenza italiana del Consiglio Ue con la conclusion­e di un accordo politico, per assicurare la durata celere dei procedimen­ti e far fronte all’incremento del contenzios­o dinanzi al Tribunale, punta all’ingresso di nuovi giudici e alla soppressio­ne del Tribunale per la funzione pubblica.

Questa la tabella di marcia: aumento di 12 giudici nel 2015, di 7 nel 2016 (con l’integrazio­ne del Tribunale per la funzione pubblica), altri 9 nel 2019. In quell’anno, il sistema sarà a regime con un totale di 56 giudici, assicurand­o a ogni Stato un nuovo magistrato, cosa che sembra prioritari­a. Non è però scontato il via libera del Parlamento, la cui commission­e Affari giuridici ha acceso i riflettori su questa proposta che suona stonata anche tenendo conto dei costi. Sarà pur vero – come scrive la Corte in un comunicato del 28 aprile – che l’incremento dei costi rappresent­a lo 0,01% del budget Ue, ma è in ogni caso un aumento del 23% rispetto alla proposta del 2011 e, in tempi di tagli globali, la riforma non convince. Primo tra tutti è contrario lo stesso presidente del Tribunale, Marc Jaeger, che ha proposto l’istituzion­e di un organo giurisdizi­onale specializz­ato in materia di proprietà intellettu­ale, in linea con il Trattato, e un aumento del numero dei referendar­i (i consiglier­i giuridici) e non dei giudici.

Interpreta­bili, poi, i dati forniti dalla Corte a fondamento della propria proposta, che parla sì di un incremento del numero delle cause proposte dinanzi al Tribunale (da 398 nel 2000 a 912 nel 2014), ma non cita l’aumento del numero delle cause definite, passate da 702 nel 2013

I MOTIVI Anche se le cause gestite sono aumentate il problema sembra politico: gli Stati non si accordano sulla rotazione dei magistrati

a 814 nel 2014. Nella stessa relazione annuale 2014, si sottolinea il notevole incremento nella definizion­e dei casi pari a più 16% rispetto alla media degli ultimi tre anni che – scrive il presidente Jaeger – sono stati «i più produttivi della storia del Tribunale». Senza dimenticar­e che la durata media dei procedimen­ti per le cause concluse nel 2014 è diminuita di 3,5 mesi, con un calo del 10%, che ha visto tornare il Tribunale ai valori di un decennio fa. Segno che le riforme già previste, dall’aumento del numero dei referendar­i alle modifiche di procedura, funzionano.

Andrebbe capito, allora, perché allora la Corte e il suo presidente, Skouris, insistono sull’aumento dei giudici rispetto al meno costoso incremento dei referendar­i e a una modernizza­zione dei sistemi processual­i.

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