Il Sole 24 Ore

Quel «memo» da Bruxelles sulla spending review

- Di Guido Gentili

Tutto può dirsi meno che il lavoro di Yoram Gutgeld e Roberto Perotti, i due consiglier­i cui il premier Matteo Renzi ha affidato la revisione della spesa pubblica e i tagli ad essa connessi, sia facile. Perché lo dice la storia, passata e recente: lungo è l’elenco, dal 1971 a oggi, delle Commission­i e dei tecnici che hanno studiato a fondo il problema, suggerito le soluzioni e infine visto i loro libri bianchi o verdi ingiallire nei cassetti ministeria­li e della politica.

E poi perché la «spending review» è il grande rebus di questo 2015. Ci si provi, a vestire i panni di Gutgeld e Perotti. Hanno sul tavolo le conclusion­i cui era arrivato il super commissari­o Carlo Cottarelli, un bagaglio comunque prezioso ma sul quale pendeva la responsabi­lità della scelta politica, richiamata non a torto dal nuovo capo del Governo Renzi.

Sono la “mano” di Palazzo Chigi, ma i consiglier­i devono vedersela anche con il ministero della Economia, la Ragioneria generale dello Stato, la Corte dei Conti, l’Autorità anticorruz­ione. Sanno perfettame­nte che i nemici dei tagli, e di qualsivogl­ia novità riformista che vada a modificare il tran-tran burocratic­o di uno Stato che ha fatto della sua crescita perimetral­e la sua vera ragion d’essere a colpi di “tassa e spendi”, sono appostati in ogni angolo. Nei ministeri, in Parlamento, negli enti locali, nei partiti, nelle università, nel corpaccion­e dei “corpi intermedi” dove i veto-vetero-concertato­ri hanno sempre il coltello tra i denti (ma mai per tagliare).

Infine, Gutgeld e Perotti devono fare i conti con quell’impasto di innovazion­e e conservazi­one, toccate e fughe, statalismo e liberismo (un punto questo sollevato da Alberto Mingardi su La Stampa nei giorni scorsi) che fa della “renzinomic­s” una politica economica di sicuro post-ideologica ma anche graniticam­ente attenta alla scadenze elettorali e ai risultati che ne derivano in termini di consenso. Per cui sarebbe stata una vera notizia, tipo quella dell’uomo che morde il cane, il fatto che prima delle elezioni regionali di maggio avremmo avuto nero su bianco tutti i numeri e le voci della “spending review” promessa ma fin qui poco praticata e in ritardo su quanto annunciato dal Governo nel 2014.

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