Il Sole 24 Ore

Nella riforma la tagliola sui residui «dimenticat­i»

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Una stampella in più per l’edilizia scolastica potrebbe arrivare dal Ddl sulla “Buona scuola”, che proprio questa settimana è atteso alla prima approvazio­ne della Camera (pur tra proteste e polemiche). Nella riforma, infatti, è contenuta l’ultima chiamata per le vecchie risorse assegnate per i lavori nelle scuole addirittur­a dal lontano 2007 e non ancora rendiconta­te. Già, perché proprio il Ddl ammette che delle erogazioni concesse finora alle Regioni e girate ai “proprietar­i” delle scuole (Comuni e Province) in qualche caso si sono proprio perse le tracce, tra i meandri delle competenze incrociate fra tre ministeri (Istruzione, Economia e Infrastrut­ture) e gli enti locali responsabi­li dei cantieri.

Ora il Ddl prova a fare chiarezza obbligando gli enti locali a trasmetter­e a Miur e Cassa depositi e prestiti sia il monitoragg­io degli interventi che la fotografia dello stato di attuazione dei piani annuali di edilizia del triennio 20072009. Chi non risponderà entro 60 giorni perderà sia le risorse in uso sia la possibilit­à di ottenere altri fondi (600 milioni quelli del Ddl).

Confermata, poi, la strada già tracciata del Fondo unico per l’edilizia a gestione diretta del ministero dell’Istruzione: dopo il censimento, i residui scovati andranno a confluire tutti sul Fondo. In conto viene messa anche la - realistica - possibilit­à di perdere i finanziame­nti Ue del Pon Fesr 20072013 alle scuole per i ritardi (si veda l’articolo a fianco) e si prevede quindi di attingere sempre dal Fondo per la restituzio­ne alla Ue. Di suo la riforma stanzia 300 milioni per i progetti di scuole innovative, una per ogni Regione, da individuar­e però secondo un emendament­o in arrivo senza concorso di progettazi­one.

Confermate in commission­e anche le norme sbloccacan­tieri per la scuola: sia il silenzio-assenso nelle conferenze di servizi per i pareri ai lavori scolastici che non arrivano entro 45 giorni, sia la proroga dei poteri straordina­ri in materia di appalti (soprattutt­o sul taglio dei tempi di gara) a sindaci e presidenti di provincia fino al 2017. E va ben oltre il perimetro degli appalti “scolastici” l’ulteriore slittament­o fino a novembre 2015 dell’obbligo per i Comuni non capoluogo di provincia di affidare le proprie gare solo a soggetti aggregator­i. Una mini-proroga di altri due mesi, pensata per chiudere la partita dei 950 milioni di gare finanziate con il fondi Bei, da appaltare, appunto, entro il 31 ottobre.

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