Il Sole 24 Ore

La sfida dell’economia circolare

Il nuovo modello di sviluppo supera quello classico basato su produzione, uso e rifiuto I prodotti vanno progettati e poi disassembl­ati, riciclati o riutilizza­ti per altri fini

- Deborah Dirani

pFare di necessità virtù, riuscire cioè a trasformar­e una “mancanza” in una “risorsa”: si spiega così l'eccellenza tutta italiana sul fronte della cosiddetta “economia circolare”, un nuovo modello di sviluppo che abbandona il classico modello lineare composto di produzione, uso e rifiuto, e che mira a chiudere i cicli. Non solo riuso, quindi, ma anche differenzi­are, riciclare e, soprattutt­o, pensare e progettare i prodotti in modo tale che, una volta arrivati a fine ciclo vita, possano essere facilmente disassembl­ati, riciclati, o riutilizza­ti per altri fini.

«L'Italia conosce da sempre l'economia circolare - spiega Domenico Sturabotti, direttore della Fondazione Symbola - poiché, essendo un territorio poco ricco di materie prime, ha dovuto imparare già molto tempo fa questo importante principio. Dagli stracci di Prato alle aziende che lavorano l'alluminio, l'idea dell'economia circolare si è progressiv­amente evoluta e allargata e oggi riguarda molti altri settori produttivi, come, ad esempio, quello della ceramica. In quest'ultimo caso, mi particolar­e, abbiamo assistito negli ultimi anni a un incremento della competitiv­ità del settore che è concisa con l'adozione di politiche di riuso quali progressiv­a sostituzio­ne di materie prime a favore del reimpiego di materiali di scarto derivanti dalla produzione del vetro».

I vantaggi dell'economia circolare sono molteplici: si consumano meno risorse e quindi si produce in modo più efficiente, si risparmian­o energia ed emissioni. Dal recupero industrial­e di rifiuti si ottengono materie prime secondarie che poi possono venire usate dal settore manifattur­iero che in questo modo riesce anche ad ottimizzar­e i costi, risparmian­do somme anche importanti di denaro.

Non confondere il riciclo con la circolarit­à è essenziale, poiché, come commenta ancora Sturabotti: «Il concetto di riciclo deriva da un'emergenza del pianeta ma è qualcosa che si attua alla fine della vita di un prodotto. L'economia circolare, invece, parte dal momento stesso della sua concezione: in altri termini, nel momento stesso in cui si pensa ad un nuovo oggetto si pensa già a tutto il suo ciclo di vita, anche a come lo si potrà riusare nel momento in cui non sarà più in gradi di svolgere la sua funzione primaria. Per fare un esempio: ad oggi una delle difficoltà maggiori che si incontrano all'attuazione del principio di circolarit­à è data dal fatto che la maggior parte degli oggetti in uso è frutto di un processo di assemblagg­io molto complesso, al punto che diviene poco convenient­e e utile disassembl­arlo per riusarne parti utili. Secondo le linee guida dell'economia circolare, invece, sidovrebbe­giungeread­arevita a oggetti assemblati in maniera semplice e le cui singole parti possano venire riusate la creazione di altri prodotti».

È evidente che pensare a qualcosa con un respiro tanto ampio sia un esercizio intellettu­ale entusiasma­nte, un modello che stimola una maggiore innovativi­tà, che come è noto, è spesso anche sinonimo di competitiv­ità. Quindi, sedaunapar­te, quelladell'economia circolare può essere considerat­a una sfida, dall'altra, è senza dubbio una grande opportunit­à per imprese made in Italy.

L'Italia, tra l'altro, è tra i primi paesi dell'Unione europea per eco-efficienza del sistema produttivo, con 104 tonnellate di anidride carbonica ogni milione di Euro prodotto (la Germania ne immette in atmosfera 143, il Regno Unito 130) e 41 di rifiuti (65 la Germania e il Regno Unito, 93 la Francia). Il nostro sistema produttivo, grazie alle Pmi, è anche quello che guida la riconversi­one verde dell'occupazion­e europea: dalla fine del 2014, il 51% delle piccole e medie imprese italiane ha almeno un green job, più del Regno Unito (37%), della Francia (32%) e della Germania (29%).

Non solo, siamo campioni europei nell'industria del riciclo: a fronte di un avvio a recupero industrial­e di 163 milioni di tonnellate di rifiuti su scala europea, nel nostro Paese, anche grazie al lavoro di tante piccole aziende della preparazio­ne al riciclo e della manifattur­a, ne sono stati recuperati 24,1 milioni di tonnellate, il valore assoluto più elevato tra tutti i paesi europei (in Germania 22,4 milioni). Milano è, insieme a Vienna, in cima alla classifica delle metropoli europee sopra il milione di abitanti per raccolta differenzi­ata, e ha nel mondo, fra le grandi città, il primato delle persone servite dalla raccolta dell'organico.

Secondo McKinsey & Company diffusi nel convegno “Economia circolare: una strategia Ue per uscire dalla crisi, anche in Liguria” organizzat­o da Comune di Genova e Amiu nel 2014, il passaggio da un'economia lineare basata sull'usa e getta a un'economia circolare basata sul recupero e riciclo consentire­bbe di risparmiar­e, nel mercato dei prodotti a l argo consumo, il 3,5% del Pil europeo. Solo la piena attuazione della normativa Ue sui rifiuti consentire­bbe di risparmiar­e 72 miliardi l'anno e di creare 400mila posti di lavoro entro il 2020. L’Italia è l'unico Paese con un sistema di distribuzi­one dell'elettricit­à totalmente digitalizz­ato: in questo campo, viviamo nel futuro. Siamo un laboratori­o di innovazion­e in grado di esportare tecnologia e competenze su generazion­e distribuit­a, sistemi di accumulo, e-mobility, rinnovabil­i e contatori digitali Credo che il settore dei rifiuti necessiti di un cambio di paradigma. In sintesi, la sostituzio­ne del termine smaltiment­o / distruzion­e con i termini valorizzaz­ione / recupero, cioè trasformar­e gli scarti residenzia­li e industrial­i in materia da recuperare, in linea con le cinque priorità dettate dalle istituzion­i comunitari­e competenti. La ricerca del benessere e soprattutt­o della felicità da parte dei consumator­i colora di verde un mercato in cui si sta creando un binomio virtuoso tra profitto e sostenibil­ità. Un cambiament­o epocale che viene da una società civile sempre più consapevol­e e quindi ecocentric­a. L'industria nautica è una delle eccellenze del nostro Paese: siamo un riferiment­o mondiale per design e qualità nell'esecuzione, ci è riconosciu­ta un'abilità indiscussa nell'unire tradizione e innovazion­e. È riduttivo pensare solo alla costruzion­e: la nautica è anche un sistema turistico sostenibil­e che può distribuir­e ricchezza sulle nostre coste, senza usare cemento. L’economia circolare è la nuova frontiera del made in Italy, un nuovo modello industrial­e che alimenta le filiere produttive con materie prime seconde recuperate. Una nuova sfida per la manifattur­a italiana capace di realizzare prodotti durevoli, disassembl­abili, riciclabil­i e riutilizza­bili. Se l'Italia, dopo anni di crisi, sta risollevan­do la testa, lo deve soprattutt­o alle imprese dei distretti e delle filiere che hanno affrontato con tenacia la sfida dei mercati esteri, conseguend­o risultati importanti confermati anche dalle più recenti rilevazion­i statistich­e. Il nostro è un Paese in cui bisogna continuare a credere senza smettere mai.

Gonna e top realizzati con carta riciclata realizzata da alcuni studenti (in alto) e una tenda, realizzata con i tappi della bottiglie, appesa sulla porta di un locale di Roma. Il caso più noto resta comunque quello degli stracci di Prato

IN TRASFORMAZ­IONE Dagli stracci di Prato alle aziende che lavorano l’alluminio, l’idea dell’economia circolare si è progressiv­amente evoluta

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