La sfida dell’economia circolare
Il nuovo modello di sviluppo supera quello classico basato su produzione, uso e rifiuto I prodotti vanno progettati e poi disassemblati, riciclati o riutilizzati per altri fini
pFare di necessità virtù, riuscire cioè a trasformare una “mancanza” in una “risorsa”: si spiega così l'eccellenza tutta italiana sul fronte della cosiddetta “economia circolare”, un nuovo modello di sviluppo che abbandona il classico modello lineare composto di produzione, uso e rifiuto, e che mira a chiudere i cicli. Non solo riuso, quindi, ma anche differenziare, riciclare e, soprattutto, pensare e progettare i prodotti in modo tale che, una volta arrivati a fine ciclo vita, possano essere facilmente disassemblati, riciclati, o riutilizzati per altri fini.
«L'Italia conosce da sempre l'economia circolare - spiega Domenico Sturabotti, direttore della Fondazione Symbola - poiché, essendo un territorio poco ricco di materie prime, ha dovuto imparare già molto tempo fa questo importante principio. Dagli stracci di Prato alle aziende che lavorano l'alluminio, l'idea dell'economia circolare si è progressivamente evoluta e allargata e oggi riguarda molti altri settori produttivi, come, ad esempio, quello della ceramica. In quest'ultimo caso, mi particolare, abbiamo assistito negli ultimi anni a un incremento della competitività del settore che è concisa con l'adozione di politiche di riuso quali progressiva sostituzione di materie prime a favore del reimpiego di materiali di scarto derivanti dalla produzione del vetro».
I vantaggi dell'economia circolare sono molteplici: si consumano meno risorse e quindi si produce in modo più efficiente, si risparmiano energia ed emissioni. Dal recupero industriale di rifiuti si ottengono materie prime secondarie che poi possono venire usate dal settore manifatturiero che in questo modo riesce anche ad ottimizzare i costi, risparmiando somme anche importanti di denaro.
Non confondere il riciclo con la circolarità è essenziale, poiché, come commenta ancora Sturabotti: «Il concetto di riciclo deriva da un'emergenza del pianeta ma è qualcosa che si attua alla fine della vita di un prodotto. L'economia circolare, invece, parte dal momento stesso della sua concezione: in altri termini, nel momento stesso in cui si pensa ad un nuovo oggetto si pensa già a tutto il suo ciclo di vita, anche a come lo si potrà riusare nel momento in cui non sarà più in gradi di svolgere la sua funzione primaria. Per fare un esempio: ad oggi una delle difficoltà maggiori che si incontrano all'attuazione del principio di circolarità è data dal fatto che la maggior parte degli oggetti in uso è frutto di un processo di assemblaggio molto complesso, al punto che diviene poco conveniente e utile disassemblarlo per riusarne parti utili. Secondo le linee guida dell'economia circolare, invece, sidovrebbegiungereadarevita a oggetti assemblati in maniera semplice e le cui singole parti possano venire riusate la creazione di altri prodotti».
È evidente che pensare a qualcosa con un respiro tanto ampio sia un esercizio intellettuale entusiasmante, un modello che stimola una maggiore innovatività, che come è noto, è spesso anche sinonimo di competitività. Quindi, sedaunaparte, quelladell'economia circolare può essere considerata una sfida, dall'altra, è senza dubbio una grande opportunità per imprese made in Italy.
L'Italia, tra l'altro, è tra i primi paesi dell'Unione europea per eco-efficienza del sistema produttivo, con 104 tonnellate di anidride carbonica ogni milione di Euro prodotto (la Germania ne immette in atmosfera 143, il Regno Unito 130) e 41 di rifiuti (65 la Germania e il Regno Unito, 93 la Francia). Il nostro sistema produttivo, grazie alle Pmi, è anche quello che guida la riconversione verde dell'occupazione europea: dalla fine del 2014, il 51% delle piccole e medie imprese italiane ha almeno un green job, più del Regno Unito (37%), della Francia (32%) e della Germania (29%).
Non solo, siamo campioni europei nell'industria del riciclo: a fronte di un avvio a recupero industriale di 163 milioni di tonnellate di rifiuti su scala europea, nel nostro Paese, anche grazie al lavoro di tante piccole aziende della preparazione al riciclo e della manifattura, ne sono stati recuperati 24,1 milioni di tonnellate, il valore assoluto più elevato tra tutti i paesi europei (in Germania 22,4 milioni). Milano è, insieme a Vienna, in cima alla classifica delle metropoli europee sopra il milione di abitanti per raccolta differenziata, e ha nel mondo, fra le grandi città, il primato delle persone servite dalla raccolta dell'organico.
Secondo McKinsey & Company diffusi nel convegno “Economia circolare: una strategia Ue per uscire dalla crisi, anche in Liguria” organizzato da Comune di Genova e Amiu nel 2014, il passaggio da un'economia lineare basata sull'usa e getta a un'economia circolare basata sul recupero e riciclo consentirebbe di risparmiare, nel mercato dei prodotti a l argo consumo, il 3,5% del Pil europeo. Solo la piena attuazione della normativa Ue sui rifiuti consentirebbe di risparmiare 72 miliardi l'anno e di creare 400mila posti di lavoro entro il 2020. L’Italia è l'unico Paese con un sistema di distribuzione dell'elettricità totalmente digitalizzato: in questo campo, viviamo nel futuro. Siamo un laboratorio di innovazione in grado di esportare tecnologia e competenze su generazione distribuita, sistemi di accumulo, e-mobility, rinnovabili e contatori digitali Credo che il settore dei rifiuti necessiti di un cambio di paradigma. In sintesi, la sostituzione del termine smaltimento / distruzione con i termini valorizzazione / recupero, cioè trasformare gli scarti residenziali e industriali in materia da recuperare, in linea con le cinque priorità dettate dalle istituzioni comunitarie competenti. La ricerca del benessere e soprattutto della felicità da parte dei consumatori colora di verde un mercato in cui si sta creando un binomio virtuoso tra profitto e sostenibilità. Un cambiamento epocale che viene da una società civile sempre più consapevole e quindi ecocentrica. L'industria nautica è una delle eccellenze del nostro Paese: siamo un riferimento mondiale per design e qualità nell'esecuzione, ci è riconosciuta un'abilità indiscussa nell'unire tradizione e innovazione. È riduttivo pensare solo alla costruzione: la nautica è anche un sistema turistico sostenibile che può distribuire ricchezza sulle nostre coste, senza usare cemento. L’economia circolare è la nuova frontiera del made in Italy, un nuovo modello industriale che alimenta le filiere produttive con materie prime seconde recuperate. Una nuova sfida per la manifattura italiana capace di realizzare prodotti durevoli, disassemblabili, riciclabili e riutilizzabili. Se l'Italia, dopo anni di crisi, sta risollevando la testa, lo deve soprattutto alle imprese dei distretti e delle filiere che hanno affrontato con tenacia la sfida dei mercati esteri, conseguendo risultati importanti confermati anche dalle più recenti rilevazioni statistiche. Il nostro è un Paese in cui bisogna continuare a credere senza smettere mai.
Gonna e top realizzati con carta riciclata realizzata da alcuni studenti (in alto) e una tenda, realizzata con i tappi della bottiglie, appesa sulla porta di un locale di Roma. Il caso più noto resta comunque quello degli stracci di Prato
IN TRASFORMAZIONE Dagli stracci di Prato alle aziende che lavorano l’alluminio, l’idea dell’economia circolare si è progressivamente evoluta