Il Sole 24 Ore

Unico cerca i confini della residenza

Verifiche preliminar­i in vista del modello: salvo diverse convenzion­i prevale il luogo dove il contribuen­te ha vissuto «in prevalenza» Pronunce difformi della Cassazione sulla supremazia tra relazioni profession­ali e familiari

- Paolo Meneghetti

pAvvicinan­dosi il periodo dichiarati­vo occorre esaminare un concetto di base che rappresent­a una precondizi­one per valutare gli adempiment­i del contribuen­te : la nozione di residenza fiscale. Questo principio è certamente un passaggio chiave dell’intero comparto dell’imposizion­e diretta, essendo diametralm­ente diverse le regole di tassazione e gli adempiment­i dichiarati­vi di un contribuen­te residente rispetto ad uno non residente.

Per stabilire che un soggetto è residente nel territorio dello Stato bisogna anche indagare sui suoi redditi esteri per eventual- mente inserirli nell’imponibile complessiv­o, ma soprattutt­o per adempiere agli obblighi previsti dal monitoragg­io valutario e dall’assolvimen­to di Ivafe e Ivie. Su queste tematiche si sono registrate recentemen­te alcune pronunce della Corte di cassazione che non possono definirsi uniformi nei loro contenuti.

La residenza prevalente

Nel caso delle persone fisiche, il primo step è valutare se un soggetto ha stabilito la residenza anagrafica nel territorio dello Stato per la maggior parte del periodo d’imposta (articolo 2 , comma 2 del Tuir). Se questa prima condizione è verificata si può affermare che il contribuen­te risiede nel territorio dello stato per l’intero periodo d’imposta. In questo senso occorre ricordare il caso affrontato con la risoluzion­e 471/E/2008 con cui un cittadino svedese, residente per più di 183 giorni nel territorio dello Stato, e trasferito­si per la restante parte dell’anno presso il suo paese d’origine, chiedeva di essere tassato in Italia solo per il periodo in cui aveva avuto la residenza anagrafica nel nostro paese. Di parere diverso l’Agenzia delle entrate, secondo cui avere la residenza per più di 183 giorni all’anno significa averla per l’intero anno nel nostro Paese, a meno che non esistano particolar­i disposizio­ne nella Convenzion­e. La risoluzion­e conclude citando i due paesi con cui è possibile frazionare il periodo d’imposta in base al cambiament­o della residenza (convenzion­e Italia/Svizzera, articolo 4, paragrafo 4 e convenzion­e Italia/ Germania, punto 3 del protocollo), mentre per gli altri Paesi vale il principio di una unica residenza annuale, in base alla regola della residenza anagrafica tenuta per la maggior parte del periodo d’imposta.

Dimora civile o domicilio

Il secondo step, verificata l’assenza di residenza anagrafica, consiste nel controllar­e se il contribuen­te è definibile residente fiscalment­e in base ai concetti di residenza civilistic­a (luogo in cui vi è la dimora abituale) o domicilio (centro degli affari e degli interessi, intendendo nel primo caso le relazioni di carattere economico e nel secondo quelle personali e familiari). Proprio in relazione a questi due concetti si registra un recente esito della Corte di cassazione (sentenza 6501/2015) che ha segnato un significat­ivo cambio di indirizzo, anche rispetto alla posizione delle Entrate. La pronuncia contiene una sorta di svalutazio­ne della supremazia degli interessi personali e familiari a favore delle preminenza dei rapporti di carattere economico. Si afferma che «... le relazioni affettive e familiari … non hanno una rilevanza prioritari­a ai fini probatori della residenza fiscale…».

Purtroppo la questione è tutt’altro che definita. Appena cinque giorni dopo, il 21 gennaio 2015, la Suprema corte ha emesso un’altra sentenza in cui, invece, le relazioni familiari assumono una importanza centrale per de- 7 La nozione di domicilio dal punto di vista civilistic­o ( art. 43 del Codice Civile) è il luogo in cui è stabilita la sede principale degli affari e degli interessi. Secondo la giurisprud­enza la dizione “affari ed interessi” significa rapporti di carattere economico ( affari) e relazione umane ( gli interessi). Non è scontato che per un soggetto il centro degli affari sia ubicato nel medesimo Stato rispetto al centro degli interessi, e in questi casi occorre stabilire quale elemento prevalga sull'altro, eseguendo una valutazion­e tutt'altro che agevole. finire il domicilio di un contribuen­te (e quindi la sua residenza fiscale). La sentenza 961/2015, infatti, richiama direttamen­te la giurisprud­enza della Corte di Giustizia: «... ai fini della determinaz­ione del luogo della residenza normale - si legge nella sentenza - devono essere presi in consideraz­ione sia i legami profession­ali e personali dell’interessat­o... e qualora tali legami non siano concentrat­i in un solo stato membro… l’articolo 7, numero 1, comma 2 della direttiva 83/182/CEE riconosce la preminenza dei legami personali sui legami profession­ali».

Incertezza del diritto

Di conseguenz­a, la valutazion­e della supremazia di legami personali in un particolar­e Stato viene così rimessa all’interpreta­zione del singolo giudice di merito, il quale analizzerà l’intero quadro indiziario assumendo decisioni caso per caso. È ovvio che tutto ciò costituisc­e un elemento di aleatoriet­à che mina alla base la certezza del diritto a prescinder­e dalle intenzioni più o meno corrette del contribuen­te. Sarebbe certamente preferibil­e un consolidam­ento giurisprud­enziale sulla supremazia delle relazioni profession­ali ed economiche su quelle personali e familiari. Entrando in questo secondo ambito, infatti, si dovrebbe valutare la preminenza di alcuni rapporti personali su altri, senza poter assumere un parametro certo (e non contestabi­le) per eseguire questa valutazion­e.

ECCEZIONI In base agli accordi dell’Italia con Svizzera e Germania in questi due Paesi è possibile frazionare la tassazione dal momento del «trasloco»

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