Unico cerca i confini della residenza
Verifiche preliminari in vista del modello: salvo diverse convenzioni prevale il luogo dove il contribuente ha vissuto «in prevalenza» Pronunce difformi della Cassazione sulla supremazia tra relazioni professionali e familiari
pAvvicinandosi il periodo dichiarativo occorre esaminare un concetto di base che rappresenta una precondizione per valutare gli adempimenti del contribuente : la nozione di residenza fiscale. Questo principio è certamente un passaggio chiave dell’intero comparto dell’imposizione diretta, essendo diametralmente diverse le regole di tassazione e gli adempimenti dichiarativi di un contribuente residente rispetto ad uno non residente.
Per stabilire che un soggetto è residente nel territorio dello Stato bisogna anche indagare sui suoi redditi esteri per eventual- mente inserirli nell’imponibile complessivo, ma soprattutto per adempiere agli obblighi previsti dal monitoraggio valutario e dall’assolvimento di Ivafe e Ivie. Su queste tematiche si sono registrate recentemente alcune pronunce della Corte di cassazione che non possono definirsi uniformi nei loro contenuti.
La residenza prevalente
Nel caso delle persone fisiche, il primo step è valutare se un soggetto ha stabilito la residenza anagrafica nel territorio dello Stato per la maggior parte del periodo d’imposta (articolo 2 , comma 2 del Tuir). Se questa prima condizione è verificata si può affermare che il contribuente risiede nel territorio dello stato per l’intero periodo d’imposta. In questo senso occorre ricordare il caso affrontato con la risoluzione 471/E/2008 con cui un cittadino svedese, residente per più di 183 giorni nel territorio dello Stato, e trasferitosi per la restante parte dell’anno presso il suo paese d’origine, chiedeva di essere tassato in Italia solo per il periodo in cui aveva avuto la residenza anagrafica nel nostro paese. Di parere diverso l’Agenzia delle entrate, secondo cui avere la residenza per più di 183 giorni all’anno significa averla per l’intero anno nel nostro Paese, a meno che non esistano particolari disposizione nella Convenzione. La risoluzione conclude citando i due paesi con cui è possibile frazionare il periodo d’imposta in base al cambiamento della residenza (convenzione Italia/Svizzera, articolo 4, paragrafo 4 e convenzione Italia/ Germania, punto 3 del protocollo), mentre per gli altri Paesi vale il principio di una unica residenza annuale, in base alla regola della residenza anagrafica tenuta per la maggior parte del periodo d’imposta.
Dimora civile o domicilio
Il secondo step, verificata l’assenza di residenza anagrafica, consiste nel controllare se il contribuente è definibile residente fiscalmente in base ai concetti di residenza civilistica (luogo in cui vi è la dimora abituale) o domicilio (centro degli affari e degli interessi, intendendo nel primo caso le relazioni di carattere economico e nel secondo quelle personali e familiari). Proprio in relazione a questi due concetti si registra un recente esito della Corte di cassazione (sentenza 6501/2015) che ha segnato un significativo cambio di indirizzo, anche rispetto alla posizione delle Entrate. La pronuncia contiene una sorta di svalutazione della supremazia degli interessi personali e familiari a favore delle preminenza dei rapporti di carattere economico. Si afferma che «... le relazioni affettive e familiari … non hanno una rilevanza prioritaria ai fini probatori della residenza fiscale…».
Purtroppo la questione è tutt’altro che definita. Appena cinque giorni dopo, il 21 gennaio 2015, la Suprema corte ha emesso un’altra sentenza in cui, invece, le relazioni familiari assumono una importanza centrale per de- 7 La nozione di domicilio dal punto di vista civilistico ( art. 43 del Codice Civile) è il luogo in cui è stabilita la sede principale degli affari e degli interessi. Secondo la giurisprudenza la dizione “affari ed interessi” significa rapporti di carattere economico ( affari) e relazione umane ( gli interessi). Non è scontato che per un soggetto il centro degli affari sia ubicato nel medesimo Stato rispetto al centro degli interessi, e in questi casi occorre stabilire quale elemento prevalga sull'altro, eseguendo una valutazione tutt'altro che agevole. finire il domicilio di un contribuente (e quindi la sua residenza fiscale). La sentenza 961/2015, infatti, richiama direttamente la giurisprudenza della Corte di Giustizia: «... ai fini della determinazione del luogo della residenza normale - si legge nella sentenza - devono essere presi in considerazione sia i legami professionali e personali dell’interessato... e qualora tali legami non siano concentrati in un solo stato membro… l’articolo 7, numero 1, comma 2 della direttiva 83/182/CEE riconosce la preminenza dei legami personali sui legami professionali».
Incertezza del diritto
Di conseguenza, la valutazione della supremazia di legami personali in un particolare Stato viene così rimessa all’interpretazione del singolo giudice di merito, il quale analizzerà l’intero quadro indiziario assumendo decisioni caso per caso. È ovvio che tutto ciò costituisce un elemento di aleatorietà che mina alla base la certezza del diritto a prescindere dalle intenzioni più o meno corrette del contribuente. Sarebbe certamente preferibile un consolidamento giurisprudenziale sulla supremazia delle relazioni professionali ed economiche su quelle personali e familiari. Entrando in questo secondo ambito, infatti, si dovrebbe valutare la preminenza di alcuni rapporti personali su altri, senza poter assumere un parametro certo (e non contestabile) per eseguire questa valutazione.
ECCEZIONI In base agli accordi dell’Italia con Svizzera e Germania in questi due Paesi è possibile frazionare la tassazione dal momento del «trasloco»