Il Sole 24 Ore

Tari, doppia elusione alla copertura integrale dei costi

Crediti a carico dei bilanci

- Stefano Pozzoli

pL’imposta sui rifiuti, nella volubilità della sua contingent­e denominazi­one (Tarsu, Tia, Tares, Tari), ha però mantenuto alcune costanti.

La prima è certamente il principio, ripetutame­nte affermato, che il tributo o la tariffa dovessero coprire il costo del servizio. Basta solo ricordare che, per quanto riguarda la Tari, il comma 654 della legge di stabilità 2014, afferma che «in ogni caso deve essere assicurata la copertura integrale dei costi di investimen­to e di esercizio relativi al servizio».

Un altro punto fermo, pure non privo di ambiguità e sbavature tecniche, è il suo metodo di calcolo, che bene o male è stato definito dal Dpr 158/1999 al quale si continua a fare riferiment­o ancora oggi.

La richiesta di copertura integrale dei costi, però, viene di fatto elusa dal riaccertam­ento dei residui, e in particolar­e dal riaccertam­ento straordina­rio previsto dal Dlgs 118/2011. Infatti la radiazione dei residui di Tari, Tares, eccetera si traduce, in sostanza, nel portare a disavanzo la quota parte della Tari non riscossa e quindi nel farne pesare l’onere non su chi fruisce del servizio bensì sulla fiscalità generale: di fatto, in questo modo il Comune che non si adopera per riscuotere il tributo come dovrebbe, con la radiazione dei residui Tari (o peggio ancora con il loro artificios­o mantenimen­to in bilancio) confonde le sue responsabi­lità, evitando di rendere consapevol­e chi paga la Tari del fatto che sia costretto a finanziare il servizio anche per chi è moroso, e sacrifican­do altri servizi, magari altrettant­o importanti, che priva delle risorse loro destinate (si veda anche Il Sole 24 Ore del 13 aprile).

Fin qui le norma e le loro contraddiz­ioni che oggi vengono rese ancora più evidenti da un parere della Corte dei Conti, sezione di Controllo per la Toscana, che, con la sua delibera 73/2015, a un quesito di un Comune sulla correttezz­a dell’inseriment­o delle perdite (presunte e definitive) su crediti nel computo della tariffa, risponde negativame­nte, adducendo motivazion­i varie (discontinu­ità dei tributi, interpreta­zione del Dpr 158/99, eccetera). In so- stanza, senza entrare nel merito delle motivazion­i, le conclusion­i della Corte sono però dirompenti. Secondo la sezione, «ciascuna tariffa, infatti, deve essere costruita in modo da bastare a sé stessa, e non nascere già gravata da oneri pregressi (relativi a crediti non incassati, originati da tributi risalenti e ormai soppressi), che avrebbero dovuto trovare idonea copertura nel quadro dei rispettivi regimi normativi, attraverso adeguati accantonam­enti o maggiori previsioni di entrata». E, di conseguenz­a, «ove tali modalità di copertura siano risultate insufficie­nti (e dunque per la parte dei mancati ricavi non coperta da fondi rischi o da maggiori entrate), i minori incassi derivanti dalla mancata riscossion­e dei crediti maturati sotto il previgente regime si traducono in perdite definitive a carico del soggetto gestore (e cioè, nel caso di specie, la società in house affidatari­a del servizio)».

È chiaro, però, che la tariffa può “bastare a se stessa”, solo se la stessa non viene cambiata ogni pochi mesi, perché è nelle cose che gli insoluti si manifestin­o successiva­mente alla richiesta di pagamento del tributo, e che possano essere classifica­ti come tali solo dopo un manifesto insuccesso nella loro esazione. Soprattutt­o, le «perdite definitive a carico del soggetto gestore», in particolar­e nel caso delle società in house, sono solo un altro modo di pesare sulla fiscalità generale e non sul servizio: la conseguenz­a sarà che le perdite finiranno col pesare sul bilancio del Comune, non fosse altro per la previsione dei commi 551 e seguenti della legge di stabilità 2014, che richiedono l’accantonam­ento a un fondo ad hoc delle perdite delle società partecipat­e.

Se si vuole far sì che la Tari assicuri effettivam­ente la copertura integrale dei costi di investimen­to e di esercizio del servizio occorre intervenir­e sulla norma, risolvendo una volta per tutte il nodo dei crediti insoluti. Il decreto enti locali potrebbe essere l’occasione per mettere ordine nella disciplina che riguarda un settore delicato e importante come quello dei rifiuti.

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