Da giugno assegno il 1° del mese per tutti
pDa giugno tutte le pensioni Inps saranno pagate il primo giorno del mese. E inoltre viene sterilizzato il tasso di capitalizzazione negativo dei montanti contributivi che era scattato per la prima volta l’anno scorso (-0,1927 per cento) per via dell’andamento a sua volta negativo del Pil, cui questo parametro è agganciato.
Si tratta di due misure che non hanno nulla a che vedere con la sentenza della Corte costituzionale ma che entrano nel decreto pensioni su espressa richiesta dei vertici Inps. Nel primo caso si tratta di riconoscere il pagamento il primo del mese di prestazioni indirizzate a due milioni di pensionati con assegni in molti casi modesti e che, a causa di normative varie e non sempre coerenti, attualmente ricevono il pagamento il giorno dieci del mese. Si tratta, in termini di cassa, di allineare al primo del mese un flusso di pagamenti per 4,2 miliardi sul totale dei circa 20 miliardi erogati dall’Inps. L’idea è di Tito Boeri che ha strap- pato un’intesa a banche e Poste italiane: lo spostamento di date produrrà per l’Istituto un aggravio in termini di interessi che verrà completamente compensato con una riduzione dei costi per i bonifici. Un’operazione a costo zero, dunque, che però aiuterà quei 150mila pensionati, sui due milioni di interessanti, che ricevono davvero piccole somme e per le quali dieci giorni di anticipo possono fare la differenza.
La seconda misura era stata invece invocata dal predecessore di Boeri, l’ex commissario straordinario Tiziano Treu, dopo che lo scorso mese di ottobre il ministero del Lavoro e Istat avevano inviato al ministero dell’Economia, l’Inps e le Casse di previdenza il documento che sanciva il primo tasso di capitalizzazione negativo dai tempi della riforma Dini. La ragione stava nel fatto che la media quinquennale di variazione del Pil precedente al 2014 era stata a sua volta negativa. Risultato un tasso di capitalizzazione pari a -0,1927%. Che equivale a una lima- tura (invece che una valorizzazione) del montante contributivo. Per esempio un montante di 50mila euro, con quel coefficiente, invece di crescere, come sempre avvenuto in passato, questa volta si sarebbe dovuto ridurre di 96,35 euro scendendo a 49.903,65 euro. Mentre se l’importo contributivo cumulato dal lavoratore fosse stato di 150mila euro il taglio conseguente sarebbe arrivato a 289,05 euro. Ebbene quella “valorizzazione negativa” è stata sterilizzata.
Vale ricordare che l’applicazione del tasso negativo avrebbe riguardato tutti e non solo coloro che hanno cominciato a lavorare dopo il 1995, ovvero dopo l’entra- ta in vigore della legge Dini: la riforma Monti-Fornero del 2011 ha infatti stabilito il metodo contributivo pure per le persone che hanno iniziato un’attività lavorativa prima del 1995, in relazione ai contributi versati a partire dal gennaio 2012.
È vero che l’applicazione di un indice negativo a un singolo anno non incide in modo clamoroso sulla pensione finale, però è anche vero che quinquenni di Pil negativi posssono ripetersi in futuro. E questa sterilizzazione vale come precedente.