Il Sole 24 Ore

Il pronto moda torna a casa nel distretto vesuviano

Si rianima il tessuto di piccole aziende che producevan­o in Cina e in India

- Vera Viola

pSi rianimano i poli campani dell’abbigliame­nto e della moda, dietro laspintade­l reshoring: il ritornoinI­talia di una quota significat­iva della produzione che negli anni scorsi era stata delocalizz­ata in Paesi a basso costo di manodopera. Il fenomeno è evidente, anche se è difficile quantifica­rlo. Di certo, alle falde del Vesuvio, torna una certa effervesce­nza, dopo una lunga crisi che sembrava aver cancellato le numerosiss­ime fabbriche sparse tra San Giuseppe Vesuviano, Terzigno, Nola, Grumo Nevano: il distretto della moda, per buona parte sommerso, le cui aziende in passato hanno contribuit­o, lavorando anche per grandi griffe, a far grande la moda italiana nel mondo.

«Negli ultimi tempi gli ordini crescono – racconta Tommaso Iervolino, 40 anni, ragioniere, responsabi­le dellaprodu­zionenell’impresaLif­ting che gestisce in società con il fratello Mario -, nei primi quattro mesi del 2015 registriam­o una crescita della produzione del 30% rispetto all’anno scorso». Lifting è una piccola azienda (conunfattu­ratodicirc­a6milioni)localizzat­aaTerzigno, cheproduce­per conto di imprese italiane, molte delle quali con marchi affermati nel mondo della grande distribuzi­one. Dopo undifficil­eavvionel2­010, inpienacri­si - aggiunge Tommaso formatosi nell’azienda commercial­e di famiglia dedita all’ambulantat­o - nell’ultimo anno la tendenza si è invertita.

Tra il 2007 e il 2012 ha chiuso i battenti più della metà delle aziende soppiantat­e dalla crisi e dalla concorrenz­a dei cinesi localizzat­i abusivamen­teinItalia­ediquellir­imastiinpa­tria a produrre per pochi centesimi. Le imprese di maggiori dimensioni sono sopravviss­ute se hanno creato un marchio, fatto investimen­ti e spinto sull’internazio­nalizzazio­ne: Harmont& Blaine, Kocca, PiazzaItal­ia, Mila Schön, Manila Grace e altri, per citare solo pochi brand. La Campania oggi conta circa 10mila impresedel­settoremod­aetessile(l’8% della quota nazionale), con una quota dell’export in valore dell’8,8% nell’abbigliame­nto, dell’8,1 nelle calzature e del 5,5 negli articoli in pelle (secondo Banca d’Italia nel 2014). E sono proprio le imprese che hanno fatto un salto dimensiona­le importante che oggi riportano in Italia la produzione e la affidano ai terzisti locali. Si ritiene che a spingere i committent­i a riportare in Italia la produzione dapprima delocalizz­ata in Cina, in India o in altri Paesi emergenti sia una serie di fattori. Tra questi in primis l’euro debole, ma anche una migliore qualità delle lavorazion­i oggi richiesta anche per produzioni di fascia bassa o media. Ma soprattutt­o torna a essere importante la rapidità nel produrre e consegnare, cambiando spesso modelli, senza fare magazzino.

Tra San Giuseppe Vesuviano, Terzigno,Nola,PalmaCampa­nia,già venti anni fa, era stato coniato un termine: “pronto moda”, per indicare una produzione da realizzare in poco tempo, da modificare più volte nel no veloci dei primi), 2 di italiani. Questi realizzano da 3 a 6mila capi al giorno in media e li consegnano a Lifting , già sulle grucce e con i cartellini.

Insomma, un buon rapporto tra qualità, rapidità e costi di produzione stanno rianimando il distretto della moda campano nella sua interezza: un’intera filiera produttiva che parte dall’importazio­ne di tessuti, li stampa, produce accessori, assembla migliaia di capi in un lampo. Caratteris­tiche che sono molto utili soprattutt­o al mondo dell’e-commerce.

Nel distretto riparte la produzione­conpocheno­vitàrispet­toalpassat­o. «I macchinari utilizzati oggi sono avanzati tecnologic­amente - osserva Tata Rollin, stilista -. In tutte le aziende oggi c’è un ufficio stile. Ma l’attenzione­èconcentra­tasolosulp­rodotto e sui costi di produzione». In verità le aziende conservano un’organizzaz­ione troppo simile a quella che negli anni passati era andata in crisi: spesso restano senza insegna, la loro presenza è segnalata più che altro da manichini e appendiabi­ti, operano in laboratori localizzat­i in edifici nati in zona residenzia­le, nel centro della città. Non hanno uffici marketing, comunicazi­one, controlli di qualità. Per non parlare dell’ufficio estero. Non formano imprendito­ri e manager, non hanno reti veloci. Lamentano tutti la mancanza di un’area industrial­e, di strade, di servizi. Proprio come prima della crisi.

I marchi affermati guidano la filiera, ordini in crescita dall’inizio del 2015

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy