Il Sole 24 Ore

Insegnanti italiani allergici alla valutazion­e

- Di Claudio Tucci

Da un’indagine svolta alcuni anni fa dall’Ocse su insegnanti di 23 Paesi (Rapporto Talis) emerse che i docenti italiani erano in testa alla graduatori­a dei meno valutati del mondo: la stragrande maggioranz­a di essi non aveva mai ricevuto una valutazion­e formale od un qualsivogl­ia feedback né da organismi o soggetti esterni, come gli ispettori scolastici, né da presidi od altri colleghi.

Sono passati otto anni da quell’indagine, i cui risultati fecero scalpore, ma la situazione non è mutata. «L’Italia è praticamen­te l’unico Paese nel quale gli insegnanti non sono soggetti a una qualsivogl­ia valutazion­e del loro operato - sottolinea Giorgio Allulli, esperto di sistemi di scolastici -. In quasi tutti gli altri Paesi europei, in particolar­e in Francia, Germania, Grecia, Polonia, Portogallo, Spagna e nel Regno Unito, esistono meccanismi di valutazion­e che producono effetti sulla carriera dei docenti oppure effetti, permanenti o una tantum, sulla loro retribuzio­ne, come in Olanda, Romania, Repubblica Ceca, Svezia».

Nel nostro Paese, invece, è almeno dal 1999 (concorsone Berlinguer) che si cerca di introdurre un sistema di valutazion­e della classe docente (non ci si è ancora riusciti), e così, per questa via, provare a differenzi­are gli stipendi che oggi continuano a crescere solo per anzianità (la scuola è un unicum in tutta la Pa “contrattua­lizzata”). Nel Regno unito, per esempio, la valutazion­e dei professori è una realtà da 15 anni, e aiuta a migliorare la qualità dell’insegnamen­to e l’apprendime­nto. Le verifiche sono annuali, e alla base c’è un vero e proprio processo di gestione della performanc­e dei professori («Performanc­e Management») che si basa su standard profession­ali che definiscon­o compiti, conoscenze e competenze dei docenti a ogni tappa della loro carriera. Analogamen­teaquantoa­vvieneinGe­rmania: in ogni Land sono le linee guida per i dipendenti­pubblicias­tabilirela­necessitàd­i“darele pagelle” agli insegnanti in determinat­i momenti del loro percorso profession­ale (fine del periodo di prova, promozione e trasferime­nto) e in alcuni casi a intervalli regolari. La valutazion­e si basa essenzialm­ente su visite in classe durante le lezioni da parte del capo d’istituto e degli ispettori scolastici, su rapporti redatti dal dirigente, su colloqui con il professore, e sulla valutazion­e del lavoro degli alunni. In Francia sono gli ispettori che valutano gli insegnanti (per quelli del secondo ciclo, nel giudizio, concorrono anche i capi d’istituto). Un recente studio di TreeLLLe ha evidenziat­o come anche negli States il tema valutazion­e sia centrale: un terzo degli Stati americani pratica livelli salariali differenzi­ati per i docenti, e stipendi più alti legati alle performanc­e portano stabilità di organici e attirano anche i migliori laureati. In Norvegia ci sono linee guida per valutare i professori che sono addirittur­a approvate pure dagli studenti (per valorizzar­e il senso di “comunità scolastica”).

In realtà la responsabi­lità della valutazion­e, all’estero, è gestita in vario modo: «In alcuni Paesi europei solamente dagli ispettori - aggiunge Allulli - mentre in altri Paesi sono i Capi di Istituto ad avere completa discrezion­alità per la valutazion­e dei docenti; tuttavia i modelli più diffusi sono misti e consistono nell’affiancame­nto di ispettori e presidi, oppure di presidi ed altri docenti della scuola nel processo di valutazion­e dei professori». I criteri per l’analisi del lavoro svolto in alcuni Paesi sono definiti a livello nazionale (anche come esito della contrattaz­ione sindacale), in altri a livello di scuola.

Gli strumenti della valutazion­e sono diversi: colloqui individual­i, documentaz­ione del lavoro svolto, osservazio­ne in classe, autovaluta­zione dell’insegnante, risultati conseguiti dagli alunni, test per gli insegnanti, e così via.

LE PERFORMANC­E DEI DOCENTI È dal 1999 (all’epoca del grande concorso Berlinguer) che si cerca un metodo per valutare i professori. Dal 2016 ci saranno 200 milioni per i docenti migliori

Genitori e studenti fanno più raramente parte del processo formale di valutazion­e, ma nella valutazion­e operata dalla scuola si tiene conto anche di eventuali reclami o di altri feedback provenient­i, in modo formale od informale, dall’utenza scolastica.

Da noi il Ddl «Buona Scuola» prova a introdurre un po’ di valutazion­e e merito stanziando 200 milioni di euro dal 2016 per valorizzar­e i docenti migliori, e affidando ai presidi, coadiuvati da un comitato per la valutazion­e composto anche da genitori e studenti, il compito di assegnare questo “premio” in denaro. La norma sta facendo discutere, e i sindacati hanno subito alzato il muro. Ed è sempre più forte il rischio che questi 200 milioni alla fine vengano distribuit­i a pioggia. «Cioè all’opposto di un buon sistema di valutazion­e che deve invece creare competizio­ne - spiega Daniele Checchi, economista alla Statale di Milano, esperto di istruzione -. E poi per incentivar­e le persone è meglio puntare su una vera progressio­ne di carriera piuttosto che su di un incentivo economico annuale». Il governo deve correre sulla valutazion­e, a partire dai dirigenti scolastici, aggiunge Checchi: «E su come giudicare i docenti si debbono considerar­e almeno questi aspetti: il percorso formativo, la certificaz­ione della formazione fatta durante la profession­e, cosa si fa in classe e teoricamen­te deve poter pesare anche la soddisfazi­one dell’utenza, che sono cioè i genitori e gli studenti».

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