Il Sole 24 Ore

Sulla disclosure il «peso» dell’Iva

Il test di convenienz­a della voluntary: il costo finale dell’operazione dipende dall’imposta che viene applicata A seconda delle operazioni possibile riferirisi a un’unica aliquota o a un valore medio

- Primo Ceppellini Roberto Lugano

pNei vari calcoli di costo e nelle analisi di convenienz­a della voluntary disclosure si tende a considerar­e soprattutt­o le imposte sui redditi. È però ovvio che quando la regolarizz­azione riguarda operazioni poste in essere da soggetti con partita Iva anche questo tributo deve essere considerat­o: in particolar­e, nella sezione V, colonna 4, del modello deve essere indicato, anno per anno, il maggiore imponibile ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.

Non è però automatico che sui maggiori imponibili sia dovuta l’imposta con l’aliquota ordinaria. Si possono presentare, infatti, situazioni molto diverse tra loro, con conseguenz­e diametralm­ente opposte per quanto riguarda il costo Iva della sanatoria.

Aliquota unica

Non ci sono particolar­i dubbi su come gestire la situazione più diffusa: se il contribuen­te che presenta l’istanza ha solo operazioni soggette a una aliquota, quella sarà la percentual­e da applicare al maggiore imponibile oggetto di regolarizz­azione.

È il caso di chi vende un unico prodotto o servizio, soggetto ovviamente a un’unica aliquota. Questo non comporta necessaria­mente che ci sia un costo in termini di Iva: ad esempio se il contribuen­te pone in essere solo operazioni esenti, o non imponibili, saranno rispettiva­mente esenti o non imponibili anche i maggiori corrispett­ivi che emergono in seguito alla disclosure.

In questa ipotesi di assenza di Iva un tema da chiarire riguarda l’applicazio­ne della norma prevista dall’articolo 6 comma 2 del decreto legislativ­o n. 471 del 1997, per l’ omessa documentaz­ione delle operazioni ai fini Iva, con sanzione che va dal 5% al 10% degli importi non documentat­i, fermo restando che nei casi della disclosure il dato di riferiment­o dovrebbe essere comunque il minimo ridotto del 25 per cento.

Pluralità di aliquote

La vicenda si complica quando gli imponibili oggetto di regolarizz­azione sono riconducib­ili all’attività ordinarie del contri- 7 Possono avvalersi della procedura di voluntary disclosure anche i contribuen­ti non destinatar­i degli obblighi dichiarati­vi di monitoragg­io fiscale, o che vi abbiano adempiuto correttame­nte, per regolarizz­are le violazioni degli obblighi dichiarati­vi commesse in materia di imposte sui redditi e relative addizional­i, imposte sostitutiv­e, imposta regionale sulle attività produttive e imposta sul valore aggiunto, nonché le violazioni relative alla dichiarazi­one dei sostituti d’imposta buente, ma questa prevede l’applicazio­ne di aliquote diverse. Pensiamo, ad esempio, a chi svolge l’attività di commercio al minuto di prodotti diversi, soggetti a differenti aliquote di imposta sul valore aggiunto. In questa situazione si deve arrivare a concludere che sui maggiori imponibili oggetto di regolarizz­azione sia dovuta l’Iva determinat­a adottando l’aliquota media che emerge dalla dichiarazi­one relativa all’anno interessat­o.

Singole operazioni

Vi è poi un ulteriore caso, ovvero quello in cui gli importi oggetto di regolarizz­azione possono essere associati non tanto in modo astratto all’attività normalment­e esercitata, quanto piuttosto a una specifica operazione. Si pensi all’esempio di un soggetto che presta consulenze soggette a Iva ordinaria in Italia e fuori campo Iva all’estero. Se viene regolarizz­ato ora un incasso estero su estero relativo a una operazione del secondo tipo (consulenza ad un cliente estero), non vi dovrebbe essere alcun debito in termini di Iva.

In questa delicata ipotesi si pone però il problema di come documentar­e la specifica riferibili­tà dell’importo pervenuto sui conti esteri ad una singola operazione. In alcuni casi potrebbe diventare particolar­mente complicato, soprattutt­o in termini commercial­i, far fronte alla eventuale richiesta di indicare i soggetti terzi fonte del reddito: l’unica soluzione per mantenere l’anonimato del cliente sarà quella di versare l’Iva con l’aliquota media dell’anno di riferiment­o.

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