Il Sole 24 Ore

Costi black list, deduzione più facile

- Diego Avolio Benedetto Santacroce

pLo schema di decreto legislativ­o sulla internazio­nalizzazio­ne delle imprese prevede importanti modifiche alla disciplina sui cosiddetti costi black list. Tali modiche dovrebbero trovare applicazio­ne già a partire dal periodo d'imposta 2015, se l'iter di approvazio­ne dello schema di decreto non subirà rallentame­nti.

È indubbio che si tratti di un intervento legislativ­o atteso e più volte sollecitat­o dal mondo delle imprese, a fronte di una normativa che, nel corso di tutti questi anni, ha visto completame­nte stravolto il proprio ambito applicativ­o, creando non pochi problemi ai contribuen­ti, come pure agli uffici dell'agenzia delle Entrate, chiamati a da- re una lettura ragionata della disciplina. Le modifiche contenute all'articolo 5 dello schema di decreto sulla internazio­nalizzazio­ne delle imprese vanno, quindi, salutate con favore sebbene gli aspetti da chiarire siano ancora molti.

La prima modifica, che in buona sostanza ha stravolto il funzioname­nto della disciplina in discorso, è quella al comma 10 dell'articolo 110 del Tuir, per cui da una “presunzion­e relativa” di indeducibi­lità dei costi black list si passerebbe a una loro automatica deduzione, purché a fronte di operazioni realmente intercorse e nei limiti del loro valore normale.

La scelta operata dal legislator­e è quella di considerar­e comunque assicurata la deduzione dei costi black list ritenuti non anomali, per i quali il rispetto del valore normale (oltre che, come ovvio, l'effettuazi­one dell'operazione) metterebbe al riparo il contribuen­te dalla contestazi­one (dubbio) che il corrispett­ivo pagato in più (al fornitore “paradisiac­o”) sia stato a lui rigirato estero su estero.

Dato questo scenario, resta da chiarire se (come sembra) il richiamo al concetto di valore normale debba intendersi riferito all'articolo 9 del Tuir e possano, quindi, ritenersi applica- bili, per analogia, le regole in materia di prezzi di trasferime­nto, sebbene la normativa sui costi black list trovi applicazio­ne anche per operazioni intercorse con parti non appartenen­ti al medesimo gruppo.

Dal canto suo, all'agenzia delle Entrate dovrebbe spettare l'onere di dimostrare se, ed in che misura, il costo black list sostenuto sia ritenuto eccedente il corrispond­ente valore normale.

La seconda modifica contenuta nello schema di decreto sulla quale vale la pena qui soffermars­i è quella che ha interessat­o le esimenti di cui al comma 11 dell'articolo 110 del Tuir.

Al riguardo, è stata mantenuta la sola seconda esimente relativa alla dimostrazi­one che le operazioni intercorse rispondano comunque a un effettivo interesse economico (e abbiano, ovviamente, avuto concreta esecuzione). La di- mostrazion­e di tale esimente servirà al contribuen­te per consentire la deduzione della parte di costo black list eccedente il valore normale.

Nel caso di rapporti con società appartenen­ti al medesimo gruppo, stante la sovrapposi­zione con la normativa sul transfer pricing, non è chiaro se la prova dell'effettivo interesse economico potrà ugualmente consentire al contribuen­te di dedurre costi ritenuti eccedenti il valore normale.

D'altro canto, l'avere espunto la prima esimente dello svolgiment­o, da parte del fornitore estero, di una effettiva attività commercial­e, è la chiara dimostrazi­one che si è trattato (e si tratta tuttora) di una “prova diabolica”; la speranza è che, anche per i controlli in corso, gli uffici dell'agenzia delle Entrate si rendano conto degli sforzi documental­i richiesti.

L’ALTRA PREVISIONE Al di sopra del valore normale il contribuen­te potrà dimostrare che le prestazion­i rispondono a un effettivo interesse economico

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