Costi black list, deduzione più facile
pLo schema di decreto legislativo sulla internazionalizzazione delle imprese prevede importanti modifiche alla disciplina sui cosiddetti costi black list. Tali modiche dovrebbero trovare applicazione già a partire dal periodo d'imposta 2015, se l'iter di approvazione dello schema di decreto non subirà rallentamenti.
È indubbio che si tratti di un intervento legislativo atteso e più volte sollecitato dal mondo delle imprese, a fronte di una normativa che, nel corso di tutti questi anni, ha visto completamente stravolto il proprio ambito applicativo, creando non pochi problemi ai contribuenti, come pure agli uffici dell'agenzia delle Entrate, chiamati a da- re una lettura ragionata della disciplina. Le modifiche contenute all'articolo 5 dello schema di decreto sulla internazionalizzazione delle imprese vanno, quindi, salutate con favore sebbene gli aspetti da chiarire siano ancora molti.
La prima modifica, che in buona sostanza ha stravolto il funzionamento della disciplina in discorso, è quella al comma 10 dell'articolo 110 del Tuir, per cui da una “presunzione relativa” di indeducibilità dei costi black list si passerebbe a una loro automatica deduzione, purché a fronte di operazioni realmente intercorse e nei limiti del loro valore normale.
La scelta operata dal legislatore è quella di considerare comunque assicurata la deduzione dei costi black list ritenuti non anomali, per i quali il rispetto del valore normale (oltre che, come ovvio, l'effettuazione dell'operazione) metterebbe al riparo il contribuente dalla contestazione (dubbio) che il corrispettivo pagato in più (al fornitore “paradisiaco”) sia stato a lui rigirato estero su estero.
Dato questo scenario, resta da chiarire se (come sembra) il richiamo al concetto di valore normale debba intendersi riferito all'articolo 9 del Tuir e possano, quindi, ritenersi applica- bili, per analogia, le regole in materia di prezzi di trasferimento, sebbene la normativa sui costi black list trovi applicazione anche per operazioni intercorse con parti non appartenenti al medesimo gruppo.
Dal canto suo, all'agenzia delle Entrate dovrebbe spettare l'onere di dimostrare se, ed in che misura, il costo black list sostenuto sia ritenuto eccedente il corrispondente valore normale.
La seconda modifica contenuta nello schema di decreto sulla quale vale la pena qui soffermarsi è quella che ha interessato le esimenti di cui al comma 11 dell'articolo 110 del Tuir.
Al riguardo, è stata mantenuta la sola seconda esimente relativa alla dimostrazione che le operazioni intercorse rispondano comunque a un effettivo interesse economico (e abbiano, ovviamente, avuto concreta esecuzione). La di- mostrazione di tale esimente servirà al contribuente per consentire la deduzione della parte di costo black list eccedente il valore normale.
Nel caso di rapporti con società appartenenti al medesimo gruppo, stante la sovrapposizione con la normativa sul transfer pricing, non è chiaro se la prova dell'effettivo interesse economico potrà ugualmente consentire al contribuente di dedurre costi ritenuti eccedenti il valore normale.
D'altro canto, l'avere espunto la prima esimente dello svolgimento, da parte del fornitore estero, di una effettiva attività commerciale, è la chiara dimostrazione che si è trattato (e si tratta tuttora) di una “prova diabolica”; la speranza è che, anche per i controlli in corso, gli uffici dell'agenzia delle Entrate si rendano conto degli sforzi documentali richiesti.
L’ALTRA PREVISIONE Al di sopra del valore normale il contribuente potrà dimostrare che le prestazioni rispondono a un effettivo interesse economico