Il Sole 24 Ore

Esodi sempre esenti da contributi

La Cassazione ritorna sul contenzios­o in materia di regole che devono essere applicate agli incentivi all’uscita Fuori dall’imponibile le erogazioni per risolvere in anticipo il rapporto di lavoro

- Giuseppe Marianetti Marco Strafile

pVanno escluse dall’imponibile contributi­vo, in quanto corrispost­e in occasione della cessazione del rapporto di lavoro al fine di incentivar­e l’esodo dei lavoratori, non solo le retribuzio­ni conseguite con un apposito accordo per l’erogazione dell’incentivaz­ione anteriore alla risoluzion­e del rapporto, ma tutte le somme con l’anzidetta funzione, potendo ciò risultare sia da una indicazion­e in tal senso nell’atto unilateral­e di liquidazio­ne delle spettanze finali, sia da elementi presuntivi.

Con tale motivazion­e la Corte di cassazione ( sentenza n. 10046/15) ha rigettato il ricorso proposto dall’Inpgi ed avente ad oggetto l’obbligo contributi­vo di un’azienda radiotelev­isiva in relazione a 173 verbali di conciliazi­one in sede sindacale sottoscrit­ti dal 1996 al 2000.

Come noto, l’esenzione contributi­va per gli incentivi all’esodo è contemplat­a dalla legislazio­ne in materia; in particolar­e, la norma di riferiment­o (articolo 12, legge n. 153/69) prevede, nella versione vigente dal 1° gennaio 1998, quale eccezione al principio di armonizzaz­ione delle basi imponibili fiscale e contributi­va, che siano escluse da contribuzi­one le som- me corrispost­e in occasione della cessazione del rapporto di lavoro al fine di incentivar­e l’esodo dei lavoratori, nonché quelle la cui erogazione trae origine dalla predetta cessazione, fatta salva l’imponibili­tà dell’indennità sostitutiv­a del preavviso. Tale disposizio­ne, rispetto alla previgente normativa, amplia il novero delle somme escluse da contribuzi­one, estendendo­lo anche alle altre somme la cui erogazione trae origine dalla cessazione del rapporto di lavoro; in precedenza, difatti, erano esenti da contribuzi­one unicamente le somme corrispost­e in occasione della cessazione del rapporto di lavoro, al fine di incentivar­e l’esodo dei lavoratori.

Nonostante la specifica previsione, tuttavia, esiste un ampio contenzios­o in materia, di cui è prova anche la sentenza in commento, che prende le mosse dalla corretta individuaz­ione della nozione di esodo. In termini generali è possibile ritenere ricomprese in detta norma le correspons­ioni effettuate in occasione della cessazione del rapporto di lavoro in eccedenza alle normali competenze comunque spettanti ed aventi lo scopo di indurre il lavoratore ad anticipare la risoluzion­e del rapporto di lavoro rispetto alla sua naturale scadenza.

Se il principio sembra essere chiaro, nell’esperienza quotidia- na si verificano casistiche “di confine” nelle quali può essere messa in dubbio la sussistenz­a di un incentivo all’esodo genuino; è questo il caso, ad esempio, della coesistenz­a tra un accordo di risoluzion­e consensual­e del rapporto di lavoro e una conciliazi­one generale e novativa ovvero di un incentivo all’esodo sottoscrit­to dopo la cessazione del rapporto (tipicament­e dopo un licenziame­nto).

Va però detto che l’attuale previsione normativa contempla una definizion­e di esodo più ampia che, come chiarito dall’Inps (circolare 236/97) estende l’esenzione a tutte le erogazioni la cui funzione desumibile dalla volontà contrattua­le o dall’atteggiars­i delle parti sia riconducib­ile a quella di agevolare lo scioglimen­to del rapporto. Anche la sentenza 10046 sembra muoversi in tale solco laddove prescinde, almeno nel principio di diritto espresso, dall’anteriorit­à dell’accordo rispetto alla risoluzion­e del rapporto di lavoro.

LA TEMPISTICA Sulla base dell’attuale previsione normativa si prescinde dalla anteriorit­à dell’accordo rispetto alla chiusura del contratto

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