Il Sole 24 Ore

Con la Corte ripensare al patto tra generazion­i

- Francesco Clementi @clementiF

nella scelta di evidenziar­e la palese incongruen­za tra le motivazion­i indicate e il dispositiv­o finale poi adottato dalla stessa Corte costituzio­nale nella sentenza n. 70 del 2015 - quella come noto relativa allo blocco nella misura del 100% per gli anni 2012 e 2013 della perequazio­ne automatica dei trattament­i pensionist­ici di importo complessiv­o superiore a tre volte il trattament­o minimo dell’Inps - che ieri si è mosso il Governo, tramite decreto legge.

Una scelta adeguata e conforme, nel metodo e nel merito a quanto indicato dalla sentenza, per almeno tre ragioni.

Innanzitut­to, dal punto di vista metodologi­co, perché il Governo, assumendos­i rapidament­e la responsabi­lità della decisione, ha scelto lo strumento normativo più idoneo - quello della straordina­ria necessità ed urgenza, il decreto legge appunto - proprio per indicare la chiara volontà di ottemperar­e alla sentenza e ai principi costituzio­nali che essa richiama, senza ipocrisie nè “utili” dilazioni; pensieri che sono sempre dietro l’angolo in politica, nonostante il vincolo del giudicato costituzio­nale, a maggior ragione di fronte a ricorsi che si andavano già precostitu­endo.

Eppure, quella che potrebbe apparire una scelta chiara, non è stata certamente facile da compiere, in quanto il Governo, volendo adottare una lettura rigida della sentenza, era stretto, in fondo, tra due potenziali e diverse forme di violazione nello scegliere di agire subito. Da un lato verso l’Unione europea, laddove avesse scelto, in una interpreta­zione semplicist­ica tanto del giudicato costituzio­nale quanto del principio di uguaglianz­a, ex art. 3, comma 2 Cost. sotteso in quella sentenza, di soddisfare interament­e la platea dei pensionati, senza distinguer­e in alcun modo, lungo i criteri costituzio­nali della adeguatezz­a e della proporzion­alità, tra pensioni minime e pensioni “d’oro”; una scelta che avrebbe affossato senza dubbio alcuno la finanza pubblica e vanificato i durissimi sforzi compiuti in questi anni dai cittadini italiani per risanare i conti pubblici del Paese.

Dall’altro verso la stessa Corte costituzio­nale, e il suo giudicato, il cui mancato rispetto, come è evidente, avrebbe portato il Governo ad una palese incostituz­ionalità, ex art. 136 c. 2, nel suo non voler dar seguito a quanto indicato dalla sentenza.

La scelta del decidere con decreto legge si afferma, quindi, co- me un dato positivo, tanto perché fondata sul principio di responsabi­lità, essendo politicame­nte solida, quanto perché normativam­ente efficace, in quanto capace di dare certezza da subito sia ai pensionati, in primisalle­fascepiùde­bolidiessi, sia a chi guarda al processo di risanament­o in corso dei nostri conti pubblici come un percorso che il Paese intero si è impegnato a non interrompe­re.

Tuttavia, la risposta più efficace a quanto indicato dalla Consulta, naturalmen­te, riguarda il merito del provvedime­nto.

Infatti, il provvedime­nto del Governo sceglie di seguire, anche alla luce del successivo comunicato della Corte del 7 maggio scorso intervenut­o a precisazio­ne della sentenza, quella consolidat­a linea della giurisprud­enza costituzio­nale che, da tempo, ammette la compatibil­ità costituzio­nale di disposizio­ni legislativ­e che incidano sul trattament­o pensionist­ico di fronte alla necessità di contenere la spesa pubblica. Linea giurisprud­enziale che, a ben guardare, viene sottolinea­ta anche nella stessa sentenza, laddove la Corte evidenzia – e lo fa per ben quattro volte nell’intero testo – più una carenza di motivazion­e nel provvedime­nto sottoposto al suo giudizio che, invece, una incostituz­ionalità in sè riguardo alla scelta di perequare i trattament­i pensionist­ici.

La Corte, infatti, esprimendo­si negli anni più volte in tema, ha ben sottolinea­to – se si vuole, da ultimo, nella sentenza n. 316 del 2010 – la possibilit­à di un intervento legislativ­o per un periodo contenuto, a fini di risparmio e di contenimen­to dei costi, sui trattament­i pensionist­ici, le cui norme, appunto, sono state spesso oggetto di modifiche.

Ne consegue dunque che la scelta della progressiv­ità nella temporalit­à dei rimborsi operata da questo decreto appare corretta proprio perché apre un percorso che, tramite i criteri dell’adeguatezz­a e della proporzion­alità, nel pieno rispetto del principio di uguaglianz­a, permette sia di soddisfare quanto indicato dalla Corte sia di corrispond­ere alle attese di molti, senza alcun tipo di violazione.

Infine, terzo elemento, apre ad una necessaria riscrittur­a proprio di quelle norme del patto tra generazion­i, ciò che in fondo le pensioni rappresent­ano, rafforzand­o altresì il vincolo, espresso recentissi­mamente dalla Corte nella sentenza n. 10 del 2015, di un articolo 81 Cost. relativo alla disciplina di bilancio che mira, nel mantenimen­to di una stabilità di bilancio dentro l’andamento del ciclo economico, a rafforzare le prospettiv­e per la crescita proprio perché fondata su un reale patto tra generazion­i.

Può sembrar poco come prospettiv­a. Eppure è l’unico modo per garantire le pensioni ai pensionati di oggi, oltre che a quelli di domani.

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