Con la Corte ripensare al patto tra generazioni
nella scelta di evidenziare la palese incongruenza tra le motivazioni indicate e il dispositivo finale poi adottato dalla stessa Corte costituzionale nella sentenza n. 70 del 2015 - quella come noto relativa allo blocco nella misura del 100% per gli anni 2012 e 2013 della perequazione automatica dei trattamenti pensionistici di importo complessivo superiore a tre volte il trattamento minimo dell’Inps - che ieri si è mosso il Governo, tramite decreto legge.
Una scelta adeguata e conforme, nel metodo e nel merito a quanto indicato dalla sentenza, per almeno tre ragioni.
Innanzitutto, dal punto di vista metodologico, perché il Governo, assumendosi rapidamente la responsabilità della decisione, ha scelto lo strumento normativo più idoneo - quello della straordinaria necessità ed urgenza, il decreto legge appunto - proprio per indicare la chiara volontà di ottemperare alla sentenza e ai principi costituzionali che essa richiama, senza ipocrisie nè “utili” dilazioni; pensieri che sono sempre dietro l’angolo in politica, nonostante il vincolo del giudicato costituzionale, a maggior ragione di fronte a ricorsi che si andavano già precostituendo.
Eppure, quella che potrebbe apparire una scelta chiara, non è stata certamente facile da compiere, in quanto il Governo, volendo adottare una lettura rigida della sentenza, era stretto, in fondo, tra due potenziali e diverse forme di violazione nello scegliere di agire subito. Da un lato verso l’Unione europea, laddove avesse scelto, in una interpretazione semplicistica tanto del giudicato costituzionale quanto del principio di uguaglianza, ex art. 3, comma 2 Cost. sotteso in quella sentenza, di soddisfare interamente la platea dei pensionati, senza distinguere in alcun modo, lungo i criteri costituzionali della adeguatezza e della proporzionalità, tra pensioni minime e pensioni “d’oro”; una scelta che avrebbe affossato senza dubbio alcuno la finanza pubblica e vanificato i durissimi sforzi compiuti in questi anni dai cittadini italiani per risanare i conti pubblici del Paese.
Dall’altro verso la stessa Corte costituzionale, e il suo giudicato, il cui mancato rispetto, come è evidente, avrebbe portato il Governo ad una palese incostituzionalità, ex art. 136 c. 2, nel suo non voler dar seguito a quanto indicato dalla sentenza.
La scelta del decidere con decreto legge si afferma, quindi, co- me un dato positivo, tanto perché fondata sul principio di responsabilità, essendo politicamente solida, quanto perché normativamente efficace, in quanto capace di dare certezza da subito sia ai pensionati, in primisallefascepiùdebolidiessi, sia a chi guarda al processo di risanamento in corso dei nostri conti pubblici come un percorso che il Paese intero si è impegnato a non interrompere.
Tuttavia, la risposta più efficace a quanto indicato dalla Consulta, naturalmente, riguarda il merito del provvedimento.
Infatti, il provvedimento del Governo sceglie di seguire, anche alla luce del successivo comunicato della Corte del 7 maggio scorso intervenuto a precisazione della sentenza, quella consolidata linea della giurisprudenza costituzionale che, da tempo, ammette la compatibilità costituzionale di disposizioni legislative che incidano sul trattamento pensionistico di fronte alla necessità di contenere la spesa pubblica. Linea giurisprudenziale che, a ben guardare, viene sottolineata anche nella stessa sentenza, laddove la Corte evidenzia – e lo fa per ben quattro volte nell’intero testo – più una carenza di motivazione nel provvedimento sottoposto al suo giudizio che, invece, una incostituzionalità in sè riguardo alla scelta di perequare i trattamenti pensionistici.
La Corte, infatti, esprimendosi negli anni più volte in tema, ha ben sottolineato – se si vuole, da ultimo, nella sentenza n. 316 del 2010 – la possibilità di un intervento legislativo per un periodo contenuto, a fini di risparmio e di contenimento dei costi, sui trattamenti pensionistici, le cui norme, appunto, sono state spesso oggetto di modifiche.
Ne consegue dunque che la scelta della progressività nella temporalità dei rimborsi operata da questo decreto appare corretta proprio perché apre un percorso che, tramite i criteri dell’adeguatezza e della proporzionalità, nel pieno rispetto del principio di uguaglianza, permette sia di soddisfare quanto indicato dalla Corte sia di corrispondere alle attese di molti, senza alcun tipo di violazione.
Infine, terzo elemento, apre ad una necessaria riscrittura proprio di quelle norme del patto tra generazioni, ciò che in fondo le pensioni rappresentano, rafforzando altresì il vincolo, espresso recentissimamente dalla Corte nella sentenza n. 10 del 2015, di un articolo 81 Cost. relativo alla disciplina di bilancio che mira, nel mantenimento di una stabilità di bilancio dentro l’andamento del ciclo economico, a rafforzare le prospettive per la crescita proprio perché fondata su un reale patto tra generazioni.
Può sembrar poco come prospettiva. Eppure è l’unico modo per garantire le pensioni ai pensionati di oggi, oltre che a quelli di domani.