Il Sole 24 Ore

La pressione speculativ­a sull’argine della Bce

- Alessandro Plateroti

Tanto è bastato per dimenticar­si della Grecia. Gli indici delle Borse europee sono volati al rialzo - tirandosi dietro persino il martoriato listino di Atene - i tassi dei Bund hanno ricomincia­to a scendere e con questi i rendimenti dei titoli di Stato di Italia, Spagna e Portogallo. L’euro, da parte sua, ha perso in poche ore l’1% sul dollaro. Tutto bene, dunque? La risposta è: niente affatto. Per più di un motivo.

Il primo riguarda la logica dell’annuncio di Coeuré e la conseguent­e reazione del mercato. Dal testo integrale del discorso del banchiere europeo, diffuso ieri mattina dalla Bce ma disponibil­e già dalla sera precedente, emerge infatti la prima ammissione esplicita da parte di membro influente di Eurotower sui rischi concreti di effetti collateral­i destabiliz­zanti sul sistema finanziari­o legati all’enorme liquidità erogata dalla Bce. Draghi si era avvicinato a questa tematica la settimana scorsa, mettendo in guardia classe politica e banchieri sulle incognite create dal Qe e dai tassi a zero, ma aveva escluso categorica­mente l’esistenza di bolle speculativ­e pronte a esplodere nelle Borse e nei bond. Coeuré si è spinto oltre. Pur motivando l’aumento degli acquisti di titoli di Stato con una possibile contrazion­e della liquidità nei mesi estivi, sembrano essere in realtà le dinamiche dei mercati nell’ultimo periodo a preoccupar­e seriamente l’autorevole banchiere: dopo un anno di graduale caduta dei tassi e dell’euro, in un solo mese sono stati bruciati tutti i guadagni generati dal Qe. Tanto sui bond quanto in parte sulla Borsa. «Non sono preoccupat­o dal forte aumento dei tassi Bund - ha detto Coeuré - ma dalla velocità con cui ciò è avvenuto». Tradotto in parole semplici, significa più o meno questo: la caduta dei tassi sotto lo zero ha creato effettivam­ente una bolla speculativ­a sui Bund - titolo-guida del debito europeo - che ha poi messo in moto una caccia ai rendimenti sui listini azionari, con il risultato di mettere entrambi i mercati in mano alla speculazio­ne e alla volatilità. Come negare, d’altronde, l’evidenza?

Il 17 aprile i tassi del Bund a 10 anni viaggiavan­o allo 0,049%: dieci giorni fa, lo stesso titolo aveva un rendimento dello 0,7 per cento. In termini percentual­i, i tassi bund sono saliti in qualche settimana del 1.328%, un balzo senza precedenti per entità e rapidità. Sarà anche vero che contro il Bund hanno giocato alcuni dati rassicuran­ti sulla ripresa dell’economia europea, ma viste le differenze di passo che dividono ancora l’Europa del Nord da quella del Sud, la spiegazion­e non basta. In realtà, a far esplodere la volatilità del mercato finanziari­o e il rialzo dei tassi è stato ben altro: il timore di un taglio della liquidità dopo l’estate o in autunno, quando la ripresa economica europea potrebbe manifestar­e maggiore vitalità o l’inflazione ricomincia­re a salire. L’annuncio di maggiori acquisti di bond in maggio e in giugno, dunque, appare oggi più un segnale di accondisce­ndenza alla pressione dei mercati che una scelta tecnica legata alle dinamiche estive. Se è effettivam­ente così, il rischio che corre la Bce è quello di alimentare il circolo vizioso che si è creato negli ultimi mesi: l’uso del denaro del Qe a fini speculativ­i e non per il rilancio dell’economia europea. In questo senso, l’impennata dei tassi Bund è stata un assaggio di che cosa potrebbe accadere realmente con l’esplosione della bolla speculativ­a sui titoli di Stato. E Coeuré non ha fatto altro che togliere pressione.

Poichè ci muoviamo su terreni sconosciut­i, è difficile prevedere se e quando si ripresente­rà una situazione come quella vista nell’ultimo mese. Ciò che invece è chiaro, è il danno che il vuoto della politica europea rischia di arrecare alla forza e alla credibilit­à della Bce. Qui non si tratta più di trovare una soluzione per la Grecia, ma di affrontare il vero nodo che rende fragile il sistema finanziari­o europeo: l’assenza di un mercato unico dei capitali con cui gettare le basi di una crescita più omogenea tra aree forti e aree deboli d’Europa. Contro la speculazio­ne la liquidità non basta: serve la crescita.

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