Il Sole 24 Ore

Italia leader nella fusione nucleare

- Jacopo Giliberto

pLa tecnologia italiana batte il resto del mondo nella sfida per costruire la prima centrale nucleare a fusione. Niente a che vedere con la fissione delle nostre convenzion­ali centrali atomiche all’uranio, che furono inventate una settantina d’anni fa dal genio italiano di Enrico Fermi e dai “ragazzi di via Panisperna”. Questa inve- ce è (anzi, sarà) l’energia dall’idrogeno, inesauribi­le e pulita, la stessa che muove il sole e le altre stelle.

Dei 3,2 miliardi di euro stanziati finora per il progetto internazio­nale Iter (Internatio­nal thermonucl­ear experiment­al reactor) 978 milioni sono stati assegnati a imprese italiane ad altissima tecnologia. Sono le eredi di quella tra- dizione scientific­a e tecnologic­a che oggi fa sì che i fisici italiani (maltrattat­i in Italia) siano i più ambìti nei centri ricerche di tutto il mondo e che le aziende italiane (senza sbocchi in Italia) siano le più richieste per applicazio­ni che altri non sanno fare.

Ne ha parlato ieri sera a Castellanz­a (Varese) Federico Testa, commissari­o dell’Enea, all’Università Liuc Cattaneo in un incontro del Circolo delle idee, iniziativa di fundraisin­g per avvicinare l’ateneo alle reali necessità di formazione richiesta dal mondo produttivo.

Al progetto Iter partecipa l’Unione europea (da qui la presenza italiana) con Cina, Corea, Giappone, India, Russia e Usa; la Francia mette a disposizio­ne il luogo (Caradache) dove si sta costruendo il primo reattore a fusione del mondo, che costerà in tutto 20 miliardi.

Il reattore di 23mila tonnellate e alto 30 metri dovrebbe raggiunger­e nel 2050 l’obiettivo di produrre elettricit­à fondendo tra loro atomi d’idrogeno, che diventano un atomo d’elio emettendo calore ed energia.

Dei 3,2 miliardi messi a bando dal 2008 al 2014 per la costruzion­e di Iter, le imprese italiane di tecnologia hanno avuto commesse per 978 milioni, cioè molto di più della metà della spesa per apparecchi­ature, ricerche e tecnologia. La Francia, dove sta sorgendo l’impianto rivoluzion­ario, invece è prima per la parte di edilizia, affidata soprattutt­o a imprese locali.

Due terzi dei contratti italiani si concentran­o in tre regioni (Piemonte, Liguria e Marche), seguono imprese venete, poi lombarde e toscane. Altre quote minori a Lazio, Emilia Romagna, Umbria e Campania. Il resto dell’Italia tecnologic­a è marginale.

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