Quell’investimento sul 730 precompilato
La precompilata è «nuova, sperimentale, epocale», ha detto ieri in Senato la direttrice delle Entrate, Rossella Orlandi. E ha aggiunto: «Che fosse tutto a posto subito con uno schiocco di dita, per magia, era anche infantile immaginarlo. Si tratta di lavoro duro, fatto in pochi mesi. Come sempre stiamo cercando di risolvere i problemi». I principali riguardano la mancanza dei giorni per il calcolo delle detrazioni da lavoro, che rischiano di far finire il contribuente a debito (cioè deve pagare); mentre per i contributi di colf e badanti, invece, l’errore sarebbe marginale e riguarderebbe solo pochi centesimi di euro. Ora l’Agenzia sta studiando come muoversi. Molto probabilmente verrà inviato un avviso a chi si trova nelle situazioni in cuisonopresentiomissionioerrorisulcalcolodeigiorniehagià inviato la precompilata. Poi si tratterà di definire se consentire di “riaprire” il modello o di trovare qualche alternativa per apportare le necessarie correzioni. Anche questo è un investimento per la costruzione un nuovo rapporto tra fisco e contribuente si può costruire. Certo, la precompilata da sola non basta. «Ma intanto è un passo avanti», come ha scritto ieri il premier Renzi su Twitter. E per questo va migliorata. opolari, la riforma è legge», è il titolo del Sole 24 Ore del 25 marzo. E a pagina 2: «Si preparano le fusioni» «BPM perno del riassetto» «Vicenza e Veneto Banca prime a cambiare». «Le Fondazioni pronte a entrare nelle nuove SpA»: ma guarda tu, chi l’avrebbe mai detto?
Vedremo come andrà a finire. In ogni caso la reazione dimostra quanto il vincolo del voto capitario non soltanto influisse sugli assetti interni alle banche, ma anche impedisse di trovare i propri assetti nel sistema. Assetti entrambi che, a vedere la competizione che si è messa in moto per arrivare per primi ad attuarli, dovrebbero essere più efficienti. Anche il voto capitario è stato «rottamato», almeno nelle 10 Popolari di rilevanza sistemica. Non di poco conto il risultato che Renzi ha portato a casa, anche nei riguardi dei notabilati annidati nelle sedicenti banche del territorio. Politicamente il colpo al voto capitario va visto insieme al cosiddetto «atto negoziale» del 10 marzo tra il MEF e le Fondazioni: memore delle nasate che si era preso Tremonti con le sentenze della Cassazione, Renzi con le Fondazioni bancarie ha usato il pugno di ferro in tema di eccessiva concentrazione nell’allocazione del patrimonio, indifendibili dopo i disastri MPS e Carige, e il guanto di velluto in tema di partecipazione al controllo delle banche, dove evidentemente vuole evitare scossoni. Eliminare i vincoli che impediscono alle singo le banche di organizzarsi al proprio interno e di riaggregarsi sotto la pressione della concorrenza, è tanto più necessario quanto ben più radicali sono i cambiamenti che il sistema bancario tutto, non solo quello cooperativo, dovrà affrontare. Le grandi banche, soggette ai requisiti di capitale imposti dalla banking union, diventano sempre più simili a utility: regolamentazione pesantissima, prodotti standard, margini contenuti. Tutte, grandi e meno grandi, devono affrontare cambiamenti radicali, di organizzazione e di mentalità, di ruolo.
L’organizzazione. Le banche hanno speso delle fortune per informatizzare le procedure. Prima, milioni di linee di