Il Sole 24 Ore

Le ragioni di un padre e di un figlio sul nodo delle pensioni

- Lettera firmata

Caro dottor Galimberti, la prego di aiutarmi in una controvers­ia con mio figlio. Sono un pensionato, diciamo, agiato, nel senso che la mia pensione è di circa 5mila euro al mese. Come tale sono stato svantaggia­to dal fatto che mi è stata tolta da qualche anno l’indicizzaz­ione della pensione, quella che la Corte Costituzio­nale ha detto che deve essere data di nuovo. Non mi sono mai lamentato, anche se togliere l’indicizzaz­ione vuol dire tagliare il potere d’acquisto della pensione, il che non mi sembra giusto. Non posso che essere contento del fatto che la Corte abbia detto che i soldi devono essere rimborsati. Mio figlio, che lavora e dice di essere fra quelli che pagano la mia pensione (ma la pensione non me la son pagata da me con i contributi di una vita?), dice che non è giusto rimborsare i soldi ai pensionati perché sarà lui a pagare di nuovo per questi rimborsi. Chi ha ragione? Caro lettore,

fra moglie e marito non bisogna mettere il dito, ma fra padre e figlio non ci sono limitazion­i all’intromissi­one. Tuttavia, essendo prudente, darò ragione a tutti e due. Ci sono due aspetti separati.

Primo: la pensione se l’è pagata lei o gliela sta pagando suo figlio? Lei ha ragione nel dire che i contributi che le so- no stati tolti per anni facevano parte del suo reddito, e ne sono stati sottratti con l’esplicita promessa che saranno tornati sotto forma di pensione (“salario differito”). Ma anche suo figlio ha ragione nel senso che pure il sistema contributi­vo è un sistema a ripartizio­ne: le pensioni sono pagate a carico del reddito generato da coloro che lavorano. Non si tratta di un sistema a capitalizz­azione, come quello citato da Keynes, che racconta come il padre di Alexander Pope (un poeta inglese del Settecento) si fosse ritirato dagli affari con un baule di ghinee, nella sua villa di Twickenham, e ne usava ogni giorno per i bisogni della sua vecchiaia. Ma perfino in quel caso, rimaneva vero che quella ghinea veniva spesa per comperare pane e vestiti prodotti in quell’anno...

Per l’altro problema, darei ragione più a lei che a suo figlio. Lei ha fatto bene a non lamentarsi della mancata indicizzaz­ione: se il Pil si riduce, come purtroppo è successo, è equo che tutti ne soffrano. Ma, guardando avanti, non si può dire che saranno i contribuen­ti a soffrire per i rimborsi. Non mi è mai piaciuta la frase corrente secondo la quale il finanziame­nto di tale o talaltra spesa sarà fatto pescando ‘nelle tasche dei contribuen­ti’. Non vengono (quasi) mai introdotte ‘tasse di scopo’ per finanziare una spesa addizional­e. La spesa può essere finanziata riducendo altre spese, o in deficit, e il deficit di per sé non aggrava certo il fardello fiscale, se non nel lungo periodo o forse mai, se la maggior domanda pubblica netta fa ri-

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