Sopaf, no al patteggiamento di Magnoni
Il tribunale di Milano respinge le richieste del patron della società, ora in concordato preventivo
pLa prima sezione penale del tribunale di Milano ha respinto la richiesta di patteggiamento a quattro anni e dieci mesi di reclusione di Giorgio Magnoni, patron della holding Sopaf, attualmente in concordato preventivo. Una richiesta che era invece stata accettata dalla pubblica accusa rappresentata dal pm Gaetano Ruta. Il collegio, formato dal presidente Giuseppe Fazio, da Micaela Curami e da Ilaria Freddi, ha invece accolto la richiesta di applicazione della pena su accordo tra le parti (il cosiddetto patteggiamento) al figlio di Magnoni, Luca, condannato a tre anni e mezzo di reclusione e all’inabilitazione per dieci anni sia ad uffici direttivi in qualsiasi impresa sia all’esercizio del commercio, oltre a cinque anni di interdizione dai pubblici uffici. L’11 giugno prossimo il collegio si riunirà per riassegnare il processo a Giorgio Magnoni ad altra sezione.
Magnoni senior è accusato di gravi reati: associazione a delinquere, truffa, bancarotta fraudolenta, e financo corruzione nei confronti del presidente della cassa dei ragionieri Paolo Saltarelli (nei suoi confronti il processo inizierà il sette luglio presso la quarta sezione penale). Numerose sono le operazioni finanziarie che la procura ritiene truffaldine e che hanno coinvolto anche altri enti previdenziali , l’Enpam, ente dei medici e degli odontoiatri e l’Inpgi, istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani, il cui presidente Andrea Camporese è indagato per truffa. Le operazioni sarebbero state pianificare dalla struttura operativa della Sopaf e dalla sua emanazione, la Sim Adenium, «in ciò - scriveva il pm anella richiesta di misure cautelari - avvalendosi di gruppi criminali organizzati impegnati in attività criminali in più di uno Stato (localizzati almeno in Italia, Austria, Svizzera, Madeira, Lussemburgo, Isole Bermuda, Isole Mauritius) e rappresentati da soggetti dediti ad operazioni di riciclaggio / occultamento di denaro di provenienza illecita, attraverso strutture professionali e finanziarie tra loro collegate».
Nel corso della lettura dell’ordinanza il giudice Fazio ha ripercorso i passi salienti della misura di ordinanza di custodia cautelare emessa nel maggio scorso dal Gip Donatella Banci Buonamici, non discostandosene non ritenendo necessarie «ipocriti parafrasi». Fazio ha pure rammentato la sostanziale mancanza di apporti alle indagini da parte di Magnoni e la sua reale volontà di risarcire le parti. Una pena, quella a 4 anni e dieci mesi «incongrua per difetto» anche in considerazione della particolare gravità dei fatti contestati. Ora la palla passa di nuovo alla procura della Repubblica e al Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza che ha la delega alle indagini. Entro l’estate il pm dovrebbe essere in grado di tirare le fila dell’inchiesta che, oltre ai Magnoni, ha coinvolto 17 persone, tra manager, consulenti e controparti della Sopaf, avviando la procedura di notifica degli avvisi di conclusione delle indagini. E non si esclude che i due filoni possano confluire in un unico processo.