Politiche attive, centrale la condizionalità
pIl successo dei principi di politica attiva che il Governo si appresta ad introdurre dipende anche dalla disciplina della cosiddetta “condizionalità”, che dovrebbe costituire la chiave di volta del collegamento tra le misure di sostegno al reddito della persona inoccupata o disoccupata e le misure volte al suo inserimento o al suo reinserimento lavorativo, anche attraverso accordi di ricollocazione.
La stessa legge delega del Jobs Act (legge 183/14) prevede che il Governo adotti provvedimenti per favorire l’attivazione del soggetto che cerca lavoro o del beneficiario di ammortizzatori sociali, incentivandone la ricerca attiva di una nuova occupazione, secondo percorsi personalizzati di istruzione, formazione professionale e lavoro. Gli stessi decreti delegati dovranno stabilire adeguate sanzioni per i casi in cui il lavoratore beneficiario di sostegno al reddito non si renda disponibile ad una nuova occupazione, a programmi di formazione o alle attività a beneficio di comunità locali.
La previsione di principi di “condizionalità” non rappresenta una novità, perché esistevano già nel previgente ordinamento diverse norme che ne dettavano la relativa disciplina per la perdita dello stato di disoccupazione (articolo 4 del Dlgs 181/2000) e per i casi di rifiuto senza un giustificato motivo a partecipare, o a partecipare regolarmente ad un’iniziativa di politica attiva proposta dai servizi all’impiego competenti da parte dei lavoratori beneficiari di una prestazione di Cig o destinatari di un’indennità di mobilità (articolo 4, commi 40 e 41, legge 92/12).
Inoltre, il Dlgs 22/15 di riordino degli ammortizzatori sociali ha previsto ulteriori, specifiche e diverse condizionalità per la fruizione della Naspi, delle nuove Asdi e Dis-Coll e del contratto di ricollocazione, rinviando a successivi provvedimenti il riconoscimento di ulteriori misure per condizionare la fruizione del sussidio al reddito alla ricerca attiva di un’occupazione e l’individuazione delle misure conseguenti all’inottemperanza agli obblighi di partecipazione alle azioni di politica attiva.
Ora, se non proprio la riconduzione ad una sua unica disciplina generale, il nuovo decreto delegato sulle politiche attive dovrebbe coordinare le diverse condizionalità di tutte le politiche passive, affidandone l’esecuzione e il controllo ai centri per l’impiego e agli altri organismi autorizzati o accreditati (articolo 1, comma 2, lettera g, Dlgs 181/00) ed esplicitando che le iniziative di attivazione lavorativa e di riqualificazione professionale a cui è condizionata la fruizione della Naspi o l’adesione a un progetto personalizzato a cui è condizionata quella dell’Asdi siano le stesse previste per la fruizione del contratto di ricollocazione o di altre misure di politica attiva. Inoltre, occorrerebbe specificare che il rifiuto della politica attiva ovvero a partecipare alle iniziative previste dal contratto di ricollocazione comporta la per- dita dello stato di disoccupazione e della politica passiva, così come la perdita dello stato di disoccupazione determina la decadenza dalla politica attiva.
Il decreto sulle politiche attive dovrebbe anche rendere effettive le sanzioni della perdita delle indennità di disoccupazione o dell’integrazione salariale nel caso di rifiuto immotivato da parte dei beneficiari delle iniziative proposte per il loro reinserimento lavorativo. A questo scopo, occorre che anche i servizi competenti siano corresponsabilizzati, magari utilizzando strumentalmente la premialità già prevista dalla vigente disciplina del contratto di ricollocazione.