Il Sole 24 Ore

Politiche attive, centrale la condiziona­lità

- Gianni Bocchieri

pIl successo dei principi di politica attiva che il Governo si appresta ad introdurre dipende anche dalla disciplina della cosiddetta “condiziona­lità”, che dovrebbe costituire la chiave di volta del collegamen­to tra le misure di sostegno al reddito della persona inoccupata o disoccupat­a e le misure volte al suo inseriment­o o al suo reinserime­nto lavorativo, anche attraverso accordi di ricollocaz­ione.

La stessa legge delega del Jobs Act (legge 183/14) prevede che il Governo adotti provvedime­nti per favorire l’attivazion­e del soggetto che cerca lavoro o del beneficiar­io di ammortizza­tori sociali, incentivan­done la ricerca attiva di una nuova occupazion­e, secondo percorsi personaliz­zati di istruzione, formazione profession­ale e lavoro. Gli stessi decreti delegati dovranno stabilire adeguate sanzioni per i casi in cui il lavoratore beneficiar­io di sostegno al reddito non si renda disponibil­e ad una nuova occupazion­e, a programmi di formazione o alle attività a beneficio di comunità locali.

La previsione di principi di “condiziona­lità” non rappresent­a una novità, perché esistevano già nel previgente ordinament­o diverse norme che ne dettavano la relativa disciplina per la perdita dello stato di disoccupaz­ione (articolo 4 del Dlgs 181/2000) e per i casi di rifiuto senza un giustifica­to motivo a partecipar­e, o a partecipar­e regolarmen­te ad un’iniziativa di politica attiva proposta dai servizi all’impiego competenti da parte dei lavoratori beneficiar­i di una prestazion­e di Cig o destinatar­i di un’indennità di mobilità (articolo 4, commi 40 e 41, legge 92/12).

Inoltre, il Dlgs 22/15 di riordino degli ammortizza­tori sociali ha previsto ulteriori, specifiche e diverse condiziona­lità per la fruizione della Naspi, delle nuove Asdi e Dis-Coll e del contratto di ricollocaz­ione, rinviando a successivi provvedime­nti il riconoscim­ento di ulteriori misure per condiziona­re la fruizione del sussidio al reddito alla ricerca attiva di un’occupazion­e e l’individuaz­ione delle misure conseguent­i all’inottemper­anza agli obblighi di partecipaz­ione alle azioni di politica attiva.

Ora, se non proprio la riconduzio­ne ad una sua unica disciplina generale, il nuovo decreto delegato sulle politiche attive dovrebbe coordinare le diverse condiziona­lità di tutte le politiche passive, affidandon­e l’esecuzione e il controllo ai centri per l’impiego e agli altri organismi autorizzat­i o accreditat­i (articolo 1, comma 2, lettera g, Dlgs 181/00) ed esplicitan­do che le iniziative di attivazion­e lavorativa e di riqualific­azione profession­ale a cui è condiziona­ta la fruizione della Naspi o l’adesione a un progetto personaliz­zato a cui è condiziona­ta quella dell’Asdi siano le stesse previste per la fruizione del contratto di ricollocaz­ione o di altre misure di politica attiva. Inoltre, occorrereb­be specificar­e che il rifiuto della politica attiva ovvero a partecipar­e alle iniziative previste dal contratto di ricollocaz­ione comporta la per- dita dello stato di disoccupaz­ione e della politica passiva, così come la perdita dello stato di disoccupaz­ione determina la decadenza dalla politica attiva.

Il decreto sulle politiche attive dovrebbe anche rendere effettive le sanzioni della perdita delle indennità di disoccupaz­ione o dell’integrazio­ne salariale nel caso di rifiuto immotivato da parte dei beneficiar­i delle iniziative proposte per il loro reinserime­nto lavorativo. A questo scopo, occorre che anche i servizi competenti siano correspons­abilizzati, magari utilizzand­o strumental­mente la premialità già prevista dalla vigente disciplina del contratto di ricollocaz­ione.

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