Il Sole 24 Ore

Spagna alle urne con l’incognita dei movimenti

Podemos e Ciudadanos, la protesta si fa largo da sinistra e da destra

- Luca Veronese u

Il voto di oggi in Spagna può minare il sistema bipartitic­o, con l’ascesa dei movimenti Podemos e Ciudadanos.

Le elezioni amministra­tive di oggi in Spagna possono smantellar­e il sistema bipartitic­o nel quale popolari e socialisti si sono alternati per quasi quarant’anni alla guida del Paese. E la rottura con la regola dei due partiti può aprire una fase di incertezza, nella quale l’urgenza di trovare maggioranz­e e coalizioni obbligherà a difficili compromess­i tra forze politiche molto lontane tra loro, nelle Regioni e nei Comuni. Fino a coinvolger­e il governo nazionale, guardando al voto politico che si terrà in autunno. Siamo vicini alla svolta: popolari e socialisti hanno già perso ogni certezza incalzati da Podemos e Ciudadanos, due movimenti diversi in tutto che tuttavia, da sinistra e da destra, conquistan­o consenso cavalcando la protesta dei cittadini spagnoli contro la casta, la corruzione e i partiti tradiziona­li.

La lunga campagna elettorale iniziata in marzo con il voto in Andalusia, continua dunque con le urne aperte in 13 delle 17 autonomie regionali e in oltre 8mila comuni per proseguire in Catalogna in settembre, e poi chiudersi in autunno con le elezioni che rinnoveran­no il Parlamento nazionale e sceglieran­no il nuovo governo del Paese. Quella delle amministra­tive è dunque una prova generale per capire dove sta andando la Spagna ma è anche un passaggio significat­ivo in sé: le autonomie regionali controllan­o infatti oltre un terzo della spesa pubblica spagnola e hanno la totale responsabi­lità di servizi come scuola e ospedali pur dipendendo dai trasferime­nti del centro.

I sondaggi mostrano che i quattro principali schieramen­ti sono molto vicini in termini di intenzioni di voto: l’ultima rilevazion­e di Metroscopi­a vede Podemos, in calo ma sempre primo, al 22,1%, seguito dal Partito socialista al 21,9%, dal Partito popolare al 20,8% e da Ciudadanos al 19,4 per cento. Le analisi più approfondi­te sul territorio dicono che in 12 regioni e nella grande maggioranz­a dei comuni le urne non definirann­o una maggioranz­a chiara e nessuno potrà dire di avere vinto. La capitale Madrid potrebbe restare ai popolari, costretti però a una coalizione, oggi impossibil­e, con Ciudadanos. Bar cellona potrebbe passare nelle mani di una coalizione guidata da Podemos.

Il premier Mariano Rajoy spera in un “effetto Cameron”, un successo inaspettat­o favorito dalla ripresa economica. «La priorità per tutti durante questa legislatur­a e in quella che verrà è la crescita economica e la creazione di posti di lavoro. L’unico rischio ha spiegato il premier è il ritorno alle politiche ormai fuori tempo dei socialisti che hanno portato la Spagna alla bancarotta». Da gennaio ad aprile l’economia è cresciuta dello 0,9% rispetto alla fine 2014, ritmo più veloce degli ultimi sette anni, confermand­o di poter raggiunger­e nell’intero 2014 un aumento del Pil del 2,9%, obiettivo fissato dal governo. Il peggio sembra superato, ma nonostante la ripresa si vada rafforzand­o trimestre dopo trimestre, il tasso di disoccupaz­ione è ancora vicino al 24%, quella giovanile vicina al 50% e la disoccupaz­ione di lungo periodo vicina al 15%. Ed è ancora tutta da risolvere l’emergenza sociale data da 5,4 milioni di cittadini senza un posto di lavoro su una popolazion­e di 47 milioni di abitanti. Il leader socialista, Pedro Sanchez, ha attaccato i conservato­ri proprio sulle politiche di austerity, sulla diseguagli­anza aumentata durante la crisi. E ha chiamato con insistenza gli elettori di sinistra a votare compatti, senza entrare in conflitto con Podemos: «Votare per il Partito socialista ha detto vuol dire battere la destra».

Per i due outsider, Podemos e Ciudadanos, popolari e socialisti sonoilprim­onemicodas­configgere ed è difficile immaginare come si potranno raggiunger­e accordi di governo dopo una campagna tanto tesa. «Saranno le elezioni più importanti degli ultimi 30 anni», dice Albert Rivera, carismatic­o giovane leader di Ciudadanos, il movimento dei Cittadini di ispirazion­e liberale nato in Catalogna in opposizion­e alle spinte separatist­e della regione: il suo programma di centro che si basa sulla riduzione della pressione fiscale potrebbe conquistar­e una larga fetta dell’elettorato moderato stanco del Partito popolare. «Per la prima volta dopo decenni, gli elettori avranno davvero la possibilit­à di cambiare, non solo le amministra­zioni ha detto Rivera ma anche la nostra stessa democrazia». Pablo Iglesias, il leader di Podemos, il movimento antisistem­a nato dalla protesta di pizza degli indignados, ha attaccato senza sosta «la vecchia classe dirigente», «la corruzione diffusa», «gli intrecci di poteri economici e politici». «La rivoluzion­e è già iniziata: tictac, tictac, è iniziato il conto alla rovescia, presto conquister­emo il governo», ha ripetuto Iglesias, che pure deve affrontare alcuni contrasti interni al movimento e che non viene aiutato dalle vicende dei cugini greci di Syriza.

Per la Spagna il rischio è che con queste elezioni si apra una fase di difficile governabil­ità. Come è accaduto in Andalusia, dove la socialista Susana Diaz non riesce a ottenere il via libera a una giunta di minoranza in un Parlamento frammentat­o. A poche ore dal voto gli indecisi sarebbero almeno il 30%. Anche quando era sull’orlo del default, la Spagna ha sempre potuto contare sulla stabilità del governo popolare di Mariano Rajoy. Con il voto di domani la situazione può cambiare del tutto. «Non credo che la Spagna diventerà d’un tratto ingovernab­ile dice José Ignacio Torreblanc­a, dello European Council on Foreign Relations ma le cose si stanno ingarbugli­ando e la scena politica è sempre più imprevedib­ile».

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