Le pronunce
01 L’ASSENZA INGIUSTIFICATA È DISEDUCATIVA PER GLI ALTRI
Un’educatrice della prima infanzia di un ente comunale è licenziata per motivi disciplinari poiché ingiustificatamente assente dal posto di lavoro per otto giorni consecutivi. Secondo la Cassazione, che ha respinto il ricorso della lavoratrice, la valutazione della condotta del lavoratore in contrasto con i suoi obblighi, deve tenere conto anche del «disvalore ambientale» che la stessa assume quando, in virtù della posizione professionale rivestita, questa può assurgere per gli altri dipendenti a modello diseducativo e disincentivante dal rispetto degli obblighi citati. Corte di Cassazione, sentenza 12806 del 6 giugno 2014
02 LA CONTESTAZIONE DEVE ESSERE PROVATA
Alcuni lavoratori sono stati licenziati per giusta causa, per essersi posti, in occasione di una manifestazione, alla testa del corteo, mantenendo un atteggiamento aggressivo e intimidatorio e lanciando oggetti sull’assemblea. Il licenziamento è annullato sia in primo grado, sia in appello. La vicenda arriva in Cassazione. Condividendo le decisioni precedenti, la Corte afferma che «così come la responsabilità penale, anche quella disciplinare richiede un indispensabile coefficiente doloso o colposo, che nel caso di specie non può ricavarsi neppure dall’essere stati i lavoratori partecipi o promotori del corteo poi degenerato nel lancio di uova o di altri oggetti, mancando la prova che essi vi abbiano materialmente o moralmente partecipato o che in qualche modo essi abbiano preventivamente concordato con altri il ricorso ad una contestazione violenta». Corte di Cassazione, sentenza 3535 del 23 febbraio 2015
03 L’INCIDENTE STRADALE NON È ESTRANEO AL RAPPORTO
Un lavoratore provoca un incidente stradale con l’auto aziendale danneggiando la merce trasportata. Il datore di lavoro procede al licenziamento e la Corte di cassazione, confermando il provvedimento espulsivo, afferma che il sinistro stradale non può essere considerato estraneo al rapporto di lavoro poiché è avvenuto durante l’espletamento delle funzioni proprie del dipendente. In sostanza, il magistrato esclude che l’evento fosse straordinario e estraneo alle mansioni del lavoratore. Infatti, l’incidente si sarebbe verificato a causa della negligenza del dipendente e durante l’orario di lavoro. Quindi, la guida dell’automezzo sarebbe rientrata tra le mansioni normali del dipendente. Corte di Cassazione, sentenza 9597 del 5 maggio 2014
04 IL DATORE DEVE DIMOSTRARE L’ASSENZA
In caso di assenza ingiustificata del dipendente dal servizio spetta al datore di lavoro provare l’assenza nella sua oggettività, ad esempio dimostrando la mancanza delle timbrature o verificando attraverso i superiori gerarchici. Nella vicenda la Cassazione ha rigettato il ricorso dell’azienda, dichiarando illegittimo il licenziamento poiché non esistevano elementi che dimostrassero le assenze asserite dal datore. In sostanza, afferma la sentenza, a in base all’articolo 5 della legge 604/1966 grava sul datore di lavoro l’onere della prova in caso di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo. Sarà invece onere del lavoratore, sanzionato sul piano disciplinare, dimostrare che esistono elementi idonei a giustificare quella determinata assenza dal servizio per causa a lui non imputabile. Corte di Cassazione, sentenza 7108 del 26 marzo 2014
05 IL RECESSO PER LESIONE IN ATTIVITÀ EXTRALAVORATIVA
Un operaio si provoca una lesione svolgendo l’attività di allenatore non professionista di calcio oltre l’orario di lavoro. L’azienda, a seguito dell’aggravarsi delle già precarie condizioni di salute del dipendente, procede al licenziamento. La vicenda arriva in Cassazione. la Corte, respingendo il ricorso del lavoratore, afferma che il datore di lavoro aveva efficacemente dimostrato l’impossibilità di adibirlo ad altre mansioni esistenti in azienda (il cosiddetto repechage). Inoltre, si legge, il giudice non può «sindacare la scelta dei criteri di gestione d’impresa, espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’articolo 41 della Costituzione». Del resto, conclude la Corte, la consulenza tecnica aveva evidenziato come la riduzione dell’abilità al lavoro del dipendente sia stata effettivamente causata dallo svolgimento dell’attività sportiva e non dall’impiego presso l’azienda. In sostanza, «non può addebitarsi al datore di lavoro il danno che comunque si sarebbe verificato indipendentemente dalla sua condotta». Corte di Cassazione, sentenza n. 3224 del 12 febbraio 2014
06 DANNEGGIARE I BENI AZIENDALI È INADEMPIMENTO
Un lavoratore addetto alla linea di assemblaggio di sedili per auto inseriva materiale di scarto al solo fine di prendersi gioco della collega addetta al controllo. La condotta, protrattasi per un lungo periodo di tempo e potenzialmente idonea a creare un grave danno all’immagine della società, comporta il licenziamento per giusta causa. La Cassazione, ribaltando le decisioni dei giudici di merito, stabilisce la sussistenza dei motivi che hanno portato al licenziamento, perché il comportamento del dipendente, animato da finalità giocose o scherzose, che consapevolmente danneggia o manomette il materiale dell’azienda, può configurarsi come grave inadempimento agli obblighi di diligenza e correttezza previsti dagli articoli 1175 e 1375 del Codice civile. Corte di Cassazione, sentenza n. 2904 del 13 febbraio 2015
07 USURA ED ESTORSIONE, STOP AL LAVORO PUBBLICO
Un dipendente postale è licenziato in seguito a condanna definitiva per i reati di usura ed estorsione. La Cassazione conferma il licenziamento e afferma che, in tema di licenziamento del dipendente pubblico, una condanna definitiva per usura ed estorsione può ostare al proseguimento del rapporto di lavoro, dato che l’impegno di capitale pubblico e la pubblicità del fine perseguito, che sottomettono l’attività svolta ai principi di imparzialità e di buon andamento di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione, non è senza riflesso nei doveri gravanti sui lavoratori dipendenti. I lavoratori pubblici devono infatti assicurare affidabilità al datore di lavoro e all’utenza, anche nella condotta extralavorativa, oltre l’orario di servizio. Corte di Cassazione, sentenza 776 del 19 gennaio 2015