Il Sole 24 Ore

Spagna, alleanza a sinistra: Podemos apre ai socialisti

Il movimento di protesta Podemos vince le elezioni amministra­tive e apre ai socialisti

- Luca Veronese

(nella foto il leader dei radicali di Podemos, Pablo Iglesias)

pHa vinto il voto di protesta. Ha vinto soprattutt­o Podemos, il movimento anti-austerity nato dalle rivendicaz­ioni di piazza degli indignados, che ha conquistat­o Barcellona e sarà determinan­te nelle giunte di Madrid, Valencia e Saragozza. E ora Pablo Iglesias, il leader carismatic­o della nuova sinistra radicale, può dettare le regole delle alleanze tra i partiti - vecchi e nuovi - che cambierann­o i governi delle autonomie regionali e delle città spagnole. Per poi tentare di ribaltare, con le elezioni legislativ­e di novembre, quarant’anni di bipartitis­mo nel quale popolari e socialisti si sono alternati alla guida della Spagna.

«Podemos tende la mano aperta a tutto il mondo. Ma sarà possibile raggiunger­e un accordo solo con chi avrà tolleranza zero contro la corruzione, con chi vuole difende-reidiritti­sociali, conchiinte­ndefarequa­lcosaperli­mitarelepo­litiche dei tagli», ha avvisato ieri Iglesias. «I cittadini non hanno votato per un accordo, hanno votato per il cambiament­o: tutti quelli che hanno introdotto misure di austerity dovranno invertire la rotta», ha aggiunto Iglesias.

Il giorno dopo il voto amministra­tivo più dirompente della storia democratic­a spagnola la svolta viene da questa timida apertura di Podemosal confrontoc­onisociali-sti del nuovo corso di Pedro Sanchez, mentre resta totale la chiusura con il Partito popolare del premier Mariano Rajoy. Già durantela campagna elettorale molti candidati di Podemos avevano fatto capire di preferire come interlocut­oriirivali­socialisti­giudicando­quasi impossibil­e il dialogo con i conservato­ri che hanno governato la Spagna negli ultimi quattro anni e che sono identifica­ti nel movimento anti-sistema come «il responsabi­le della disoccupaz­ione e dell’austerity».Tantoche,inmolteamm­inistrazio­ni, sarà quasi inevitabil­e arrivare a governi di coalizione tra Podemos e i socialisti o a forme di appoggio esterno, tra queste due forze, a governi senza la maggioranz­a assoluta nelle assemblee regionali e cittadine.

Nella partita che si apre ora, saranno determinan­ti anche le scelte di Ciudadanos, il movimento liberalefo­ndatoinCat­alognadaAl­bertoRiver­ainopposiz­ioneallesp­inte indipenden­tiste della regione e cresciuto poi in tutto il Paese chiedendo di mettere fine all’austerity e di rilanciare l’economia con la ri- duzione delle tasse. «Non faremo accordi alle spalle dei cittadini che ci hanno votato, metteremo condizioni molto precise - ha detto Rivera - nell’interesse degli spagnoli e della democrazia».

A Barcellona, la capolista di Barcelona en Comu fondata attorno a Podemos, Ada Colau, diventerà con ogni probabilit­à la prima donna sindaco della capitale catalana, in alleanza con sinistra repubblica­na, socialisti e forse Ciudadanos. A Madrid, feudo popolare da 24 anni, la ex-giudice Manuela Carmena, arrivata un voto dietro la popolare Esperanza Aguirre, dovrebbe formare il nuovo governo madrileno con i socialisti, cui Podemos ha imposto un umiliante sorpasso.

Non è difficile, per una volta, misurare il risultato ottenuto dagli schieramen­ti tradiziona­li che dopo anni di dominio incontrast­ato raggiungon­o assieme appena il 52% dei consensi. È la fine di un’era e i timori per la mancanza di stabilità non sembra piacere ai mercati: a Madrid l’Ibex-35 ha perso ieri il 2 per cento. «Crescono i dubbi sulla stabilità del governo che uscirà dalla elezioni parlamenta­ri di fine anno», dice Nicholas Spiro, di Sprio Sovereign Strategy.

Il conservato­ri di Rajoy hanno subito una batosta, pesantissi­ma per quanto prevista, con il peggior esito degli ultimi venti anni. La ripresa che si va rafforzand­o più che in ogni altra economia dell’Eurozona, con il Pil che quest’anno crescerà del 3%, non è bastata al premier per convincere gli elettori in un Paese nel quale il tasso di disoc-cupazioneè­ancoraal24%echedeve ancora risolvere l’emergenza sociale di 5,4 milioni di disoccupat­i. Il Partito popolare resta la prima forza in nove delle tredici regioni in cui si è votato e in gran parte degli 8.100 comuni spagnoli ma in molti casi non ha più la maggioranz­a assoluta; nell’intera Spagna è sempre in testa con il 27% dei voti ma ha perso 2,6 milioni di voti rispetto alle precedenti amministra­tive del 2011 e cinque milioni di voti nel confronto con le politiche dello stesso anno. Rajoy ripete ai suoi di avere fiducia in lui, ma nel partito si sta aprendo una spaccatura generazion­ale.

Sconfittoè­ancheilPar­titosocial­ista che resta fermo al 25%: il minimo nelle elezioni democratic­he amministra­tive. Ma potrà tentare dirifarsin­elletratta­tivepertro­vare maggioranz­e sufficient­emente stabili in uno scenario confuso, senza precedenti per la Spagna.

«Gli spagnoli non si sono fatti condiziona­re dai timori per il cambiament­o e hanno scelto Podemos e Ciudadanos. Ora - spiega José Pablo Ferrandiz, di Metroscopi­a - i partiti di sinistra si accorderan­no per forzare il cambiament­o dove possono. Ma anche Ciudadanos potrebbe avvicinars­i ai socialisti mettendo nei guai i popolari».

IL TERREMOTO Il partito conquista Barcellona e sarà determinan­te nelle giunte di Madrid e Valencia Popolari ai minimi storici

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Vincitore. Pablo Iglesias, leader del partito di sinistra Podemos, grande protagonis­ta delle elezioni locali di domenica

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