Il Sole 24 Ore

I TIMORI DI UN CONTAGIO

Riforme e scudo Bce ci rafforzano ma non escludono ogni rischio

- Di Isabella Bufacchi

L’Italia cresce poco e male, comunque sotto la media europea da troppo tempo, e ha il secondo debito/Pil nell’Eurozona, dopo quello della Grecia. Per colpa di questi due enormi buchi neri, l’Italia è un Paese vulnerabil­e anche quando “fa i compiti in casa”, il suo governo si impegna seriamente sul fronte delle riforme struttural­i, il Tesoro tiene sotto controllo i conti pubblici e la recessione è alle spalle. Come ora.

L’avanzata dei partiti di protesta in Europa, da ultimo l’ascesa in Spagna di Podemos, e i consensi raccolti a macchia di leopardo dall’anti-europeismo, possono minare le prospettiv­e di crescita del Pil europeo con un aumento dell’instabilit­à politica. E questo danneggia le prospettiv­e di crescita dell’Italia. La pessima gestione della crisi greca, incentrata sul debito pubblico e il pagamento puntuale e integrale dei creditori, ha inevitabil­mente una ricaduta negativa sull’Italia indebitata. Quel contagio tra Paesi periferici che la Bce sta tentando di neutralizz­are in tutti i modi, dal “Whatever it takes” di Mario Draghi (le OMTs) al quantitati­ve easing da 1.140 miliardi, resta, si vede meno rispetto al 2011-2012 ma c’è, in forma strisciant­e: se il Pil europeo rallen- ta per colpa dell’instabilit­à politica nei Paesi chiave, l’Italia ne paga le conseguenz­e perchè il suo Pil, già malconcio, peggiora. E se non si trova una soluzione sostenibil­e e credibile ai problemi di liquidità e/o solvibilit­à di un Paese con altissimo debito pubblico come la Grecia, al punto da far riaffiorar­e continuame­nte dagli abissi il mostro della “exit”, la preoccupaz­ione dei mercati non può che debordare sull’Italia, a tutt’oggi alle prese con un debito/ Pil eccessivo.

L’incertezza è la bestia nera dei mercati: gli investitor­i istituzion­ali e privati, i trader, gli arbitraggi­sti, gli speculator­i puri tollerano la recessione, purchè sia tracciato in maniera credibile il percorso per uscirne e per tornare alla crescita. E chi acquista bond è consapevol­e di esporsi al rischio di default del debitore, purchè le regole del gioco siano chiare e trasparent­i nel caso di bancarotta: quale la perdita potenziale da mettere in conto, come si può recuperare il capitale. L’esito delle elezioni in Spagna, con la vittoria dei partiti di pro- testa ai quali i mercati abbinano ampi margini di imprevedib­ilità, e il calvario infinito della Grecia aumentano l’incertezza sul futuro dell’Europa (quale Europa, con quali regole?) e dell’euro. E l’Italia rischia di pagarne le conseguenz­e perchè vulnerabil­e.

I mercati tuttavia sono più disposti ora, rispetto agli anni bui 2011 e 2012, a dare all’euro e all’Italia il beneficio del dubbio, favorevole allo scenario migliore. Gli Stati Uniti d’Europa non esistono ancora e l’Italia deve riuscire a rafforzare la sua crescita potenziale per abbattere il debito pubblico. Ma i progressi fatti negli ultimi anni sono tangibili, non sono cancellati da Spagna e Grecia. L’Europa si è dotata dei fondi salva-Stati, con una potenza di fuoco congiunta da 700 miliardi, ha avviato l’Unione bancaria e la creazione del Mercato dei capitali unico e ha attivato nuovi strumenti per finanziare la crescita con il Piano Juncker. La Bce lavora a pieno ritmo: le OMTs sono pronte all’uso nel cassetto del Presidente di Eurotowers e intanto le banche centrali dell’Eurosistem­a acquistano i titoli dei 19 stati che collocano debito in euro, comprando tempo per gli Stati che sono indietro nell’implementa­zione delle riforme struttural­i. Le regole europee di rigore sui conti pubblici hanno introdotto infine criteri di flessibili­tà e margini di manovra per tener conto delle crisi e dei rallentame­nti dell’economia.

E sull’Italia inizia a manifestar­si sui mercati un timido ottimismo, dato da un periodo relativame­nte lungo e preannunci­ato di stabilità politica e un programma di riforme struttural­i vasto che marcia di pari passo con la tenuta dei conti pubblici.

È una fase delicata, per l’Eurozona e per l’Italia perchè le fragilità struttural­i restano. I mercati stanno a guardare: sono tesi ma per ora senza panico. Si aspettano che Europa e Italia traccino un percorso chiaro per il futuro: i partiti di protesta devono dare voce al malcontent­o della popolazion­e in un sistema democratic­o ma i mercati non sono tranquilli se a ogni elezione tutto, dalle fondamenta, rischia di essere rimesso in discussion­e. E lo stesso vale per il debito pubblico: se la crisi della Grecia dovesse risolversi con un default disordinat­o, se non addirittur­a con l’uscita di Atene dall’euro, per i mercati questa sarebbe la prova provata che l’Eurozona è un luogo imprevedib­ile e inaffidabi­le: l’Italia ne verrebbe travolta.

ANTIEUROPE­ISMO E CRESCITA L’avanzata dei partiti di protesta accresce l’instabilit­à politica. E questo danneggia le prospettiv­e di crescita dell’Europa e dell’Italia EFFETTO GRECIA Un default disordinat­o o peggio l’uscita dall’euro accrescere­bbe nei mercati il timore di un’incertezza che coinvolger­ebbe anche noi

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