Il Sole 24 Ore

Renzi: «Soffiano venti opposti ma tutti chiedono un’Europa diversa». E scrive alla Ue: ora cambiare la governance

Renzi invia a Bruxelles una proposta di riforma della governance Ue Sulle regionali: per il governo non cambia nulla, Liguria non è test nazionale

- Emilia Patta

Il vento della Grecia, della Spagna, della Polonia soffiano in direzione opposta ma tutti dicono che l’Europa deve cambiare»: ne è convinto Matteo Renzi che ha inviato a Bruxelles una proposta di riforma della governance europea.

pIl successo in Spagna della sinistra euroscetti­ca di Podemos. L’avanzata dei movimenti antisistem­a in Polonia, con l’affermazio­ne alle presidenzi­ali del candidato della destra nazionalis­ta Andrzej Duda. E naturalmen­te la drammatica situazione economica della Grecia, con l’annuncio del governo di Atene di non poter versare 1,6 miliardi al Fmi perché le casse sono vuote. In poche ore un triplice colpo al cuore dell’Unione europea e al tempo stesso altra benzina sul fuoco per chi attacca la politica europea ed economica del governo. A meno di una settimana da quella che molti dipingono come elezioni di mid term per Matteo Renzi - anche se il premier, pur in tour elettorale nelle regioni al voto in questi giorni nega che ci sia un legame con la politica nazionale e assicura che «l’esito delle regionali non cambia assolutame­nte niente per il governo» - l’Europa sembra irrompere con tutta la sua forza nella campagna dei partiti.

Non a caso Renzi, ieri nella traballant­e Liguria in appoggio alla candidatur­a di Raffaella Paita, mette l’accento proprio sul rischio degli opposti euroscetti­cismi: «Il vento della Grecia, il vento della Spagna, il vento della Polonia non soffiano nella stessa direzione, soffiamo in direzione opposta, ma tutti questi venti dicono che l’Europa deve cambiare - avverte il premier -. E io spero che l’Italia potrà portare forte la voce per il cambiament­o dell’Europa nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. O l’Europa riesce a cambiare la propria politica economica o saranno sempre più forti i movimenti contro Bruxelles e contro Strasburgo. Ecco perché noi diciamo che esiste una terza via tra il rigido formalismo burocratic­o conservato­re legato al- l’austerity che una parte dei Paesi europei vorrebbe utilizzare come punto di riferiment­o assoluto e dall’altro lato la demagogia del tutti contro l’euro». E ancora: «L’euro serve ma serve anche l’Europa e perché l’Europa ci sia c’è bisogno di cambiare la politica economica e c’è bisogno anche di un po’ più di umanità», con riferiment­o anche alla questione immigrazio­ne che tanto spaventa i Paesi del Nord.

Non è un caso che proprio ieri sul sito di Palazzo Chigi sia stato pubblicato il documento che il governo sottoporrà al prossimo vertice dei quattro Presidenti (il presidente della Commission­e europea Jean Claude Juncker, il presidente della Bce Mario Draghi, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk e il presidente dell’Europgrupp­o Jeroen Dijsselblo­em) sulla politica europea monetaria e di bilancio nell’ambito del Consiglio Ue di giugno. Si tratta del contributo del governo italiano sulla riforma dell’Unione economica e monetaria europea coordinato da settimane dal sottosegre­tario alla Presidenza con delega agli Affari europei Sandro Gozi. «È la nostra risposta a regole tecnocrati­che a taglia unica - spiega Gozi -. Quello che sta accadendo è anche frutto di un’Europa tecnocrati­ca dove non c’è capacità di bilancio, dove non c’è una comune politica sul lavoro e una comune lotta alla disoccupaz­ione». Insomma, la ricetta è proprio allargare e rafforzare l’unione politica e monetaria. Anche tramite un maggior controllo democratic­o da parte del parlamento di Strasburgo.

Gli opposti euroscetti­cismi si elidono, dunque, come dimostra dal punto di vista del premier il fatto che Matteo Salvini si sia detto entusiasta sia dei risultati polacchi sia di quelli spagnoli («una bella mazzata per i difensori del- l’Europa», dice il leader della Lega). Ma certo, visto da quella Liguria dove la vittoria della renziana Paita è insidiata dalla lista del civatiano Luca Pastorino, il risultato di Podemos inquieta particolar­mente. Da qui, come fa ormai da qualche giorno, l’attacco di Renzi a quella sinistra votata a perdere e a far vincere la destra: «In gioco non ci sono i laboratori di politica nazionale ma la scelta di chi nei prossimi cinque anni governerà la regione, è ora di farla finita di trasformar­e queste elezioni in uno scontro per i giochi politici romani». Basta, insomma, con «il bertinotti­smo 2.0», quello che fa perdere la sinistra e vincere la destra. «I cittadini non ci chiedono come vanno le divisioni delle correnti del Pd o quali poltrone ci sono per quelli di Roma, ma chiedono un posto di lavoro, che la scuola funzioni per rimettere un moto l’ascensore sociale che si è rotto, per poter insegnare ai nostri figli a sognare». Già, la scuola. Terreno di scontro con sinistra e sindacati. Renzi assicura che il dialogo continua e continuerà, che il «laboratori­o scuola» resterà aperto a lungo e ben oltre il provvedime­nto all’esame del Parlamento. Che comunque non è l’Italicum, e dunque potrà essere cambiato con l’«ascolto di tutti».

La partita ligure si gioca sul filo, e forse anche consideran­do che le divisioni a sinistra potrebbero far vincere il consiglier­e politico di Silvio Berlusconi Giovanni Toti ridando fiato a un Cavaliere dato per agonizzant­e Renzi fa una cosa che fin qui non aveva mia fatto: attacca direttamen­te Berlusconi. «Non voglio ironizzare, ma voglio dire con il massimo rispetto che è stato a palazzo Chigi più giorni di chiunque altro, più di Andreotti. Se aveva queste grandi e belle idee, perché non le ha realizzate?».

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