Il Sole 24 Ore

Il default con l’Fmi non è immediato

- Alessandro Merli

Nelle ultime ore, il Governo greco ha insistito con la tattica che ha scelto fin dalle elezioni di gennaio: dichiarare pubblicame­nte tutto e il contrario di tutto nel giro di poche ore. Stavolta è toccato al ministro dell’Interno dire che Atene non ha intenzione di pagare il Fondo monetario (al quale deve rimborsare poco meno di 350 milioni di euro il 5 giugno e 1,5 miliardi nell’intero mese), perché i soldi non ci sono. E poco dopo al portavoce del Governo affermare che è responsabi­lità dell’esecutivo pagare le proprie obbligazio­ni. Entrambi sembrano per lo meno concordare che un accordo con i creditori è necessario il più presto possibile.

Data la struttura dei rimborsi nelle prossime settimane, l’Fmi è diventato il problema più urgente per la Grecia, anche se i successivi pagamenti alla Bce, quasi 7 miliardi di euro nei mesi di luglio e agosto, sono di maggiori dimensioni e ogni incrinatur­a del rapporto con l’istituto di Francofort­e potrebbe portare a conseguenz­e ben più devastanti, in quanto il sistema bancario greco è tenuto a galla dalla liquidità di emergenza autorizzat­a settimanal­mente dalla Bce.

Intanto, però, Atene deve affrontare i rimborsi al Fondo. L’ultimo, di 750 miliardi di euro, il 12 maggio scorso, è stato finanziato quasi interament­e con riserve di cui la Grecia dispone presso l’Fmi stesso: una partita di giro, si potrebbe dire, se non fosse che queste riserve vanno prima o poi reintegrat­e e comunque per tutto il tempo del “prelievo” Atene dovrà pagarci gli interessi.

Ieri, il “Wall Street Journal” ha ventilato che la Grecia possa, con un altro espediente, rinviare il pagamento del 5 giugno. Le regole del Fondo consentono infatti di raggruppar­e alcuni pagamenti, senza che il debitore venga dichiarato in arretrato. Atene potrebbe quindi mettere assieme i quattro pagamenti di giugno (di importo simile) e corrispond­erli a fine mese. L’ipotesi è stata smentita dal portavoce del Governo greco.

Ma nei rapporti con l’Fmi c’è un’altra scappatoia temporanea. Anche quando un Paese ritarda un pagamento, il direttore del Fondo ha un mese di tempo per notificarl­o al consiglio dell’istituzion­e di Washington. Solo la notifica, e non il mancato rimborso in sé, fa scattare una procedura all’Efsf, il precursore del fondo salva-Stati Esm, che è stato coinvolto nei primi prestiti alla Grecia e che potrebbe a sua volta dichiararn­e l’insolvenza. Al Fondo, poi, il consiglio ha altri 3 mesi prima di dover prendere una posizione formale. Quindi, il debitore inadempien­te ha comunque un po’ di spazio. È improbabil­e peraltro che alla Bce, i cui rimborsi verrebbero nel frattempo a scadenza, prenderebb­ero alla leggera un ritardo nei pagamenti all’Fmi.

Il rapporto con il Fondo monetario non è di scarso rilievo anche perché metà circa dei 7,2 miliardi di euro di finanziame­nti, bloccati a seguito dall’incapacità della Grecia di soddisfare le condizioni del programma legato al secondo pacchetto di ai uti , vi ene da Washington, che complessiv­amente ha ancora da sborsare circa 18 miliardi di euro del prestito legato a quel programma, il cui termine è il marzo 2016.

Il capo economista dell’Fmi, Olivier Blanchard, ha dichiarato, i n un’intervista a “Les Echos”, che non è realistico pensare che la Grecia possa raggiunger­e gli obiettivi di bilancio fissati per il 2015 e che le misure finora proposte da Atene sono insufficie­nti a generare un surplus di bilancio. Il che porterebbe a maggiori necessità di finanziame­nto. Queste tuttavia non possono essere soddisfatt­e senza un accordo con i partner europei, che per ora resta incertissi­mo.

TEMPI TECNICI Dopo il mancato rimborso, il direttore del Fondo ha un mese di tempo per notificarl­o al Consiglio dell’istituzion­e e far scattare la procedura

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