Il Sole 24 Ore

Regno Unito, in 45 milioni al voto sull’Unione

- Leoanrdo Maisano

pUn cittadino del Lesotho, ma non un italiano. Un suddito del sultano del Brunei, ma non un francese. Un keniano, ma non un tedesco. La schizofren­ica relazione di Londra con l’Unione europea trova la plastica rappresent­azione di sè nella lista dei passaporti che saranno ammessi al referendum sull’adesione britannica all’Ue, da svolgersi, secondo la volontà del governo conservato­re di David Cameron, entro il 2017. Il format è un modello che guarda al passato, anche remoto, più che al futuro. Gronda nostalgia d’Impero la decisione di consentire ai cittadini del Regno Unito, ai cittadini del Commonweal­th e a quelli dell’Irlanda residenti in Gran Bretagna di partecipar­e a una consultazi­one sbarrata a quelli dell’Unione europea. Eccezion fatta per Dublino, Gibilterra, Malta e Cipro, ma solo in ossequio alla mem- bership all’antico club imperiale e non al sodalizio comunitari­o. Downing street precisa: abbiamo adottato il modello delle elezioni politiche, non quello delle elezioni europee. Con qualche variazione. Non è consentita, ad esempio, la partecipaz­ione al referendum ai britannici residenti all’estero da più di quindici anni.

Il corpo elettorale raggiunge i 45 milioni ed è frutto di un attento taglia e cuci che svela il senso profondo di appartenen­za del Paese, guidato da politici attenti a soddisfare le esigenze dei più scettici. Nigel Farage, il leader dell’Ukip, è sempre stato determinat­issimo a negare la partecipaz­ione al referendum agli “europei”.

Si voterà entro il 2017, ma in questi giorni potrebbe anche maturare la decisione di accelerare i tempi come richiesto dal governator­e della Bank of England Mark Carney preoccupat­o per le tensioni sui mer- cati. Dopo il Queens speech, quando Elisabetta II incardiner­à la nuova legislatur­a elencando le leggi che il nuovo governo Tory intende varare, David Cameron partirà per un’intensa tre giorni di incontri con i colleghi nord europei. Si recherà in Danimarca prima, Francia e Olanda poi, per concludere con Polonia e Germania. L’imprevisto consenso raccolto alle politiche del 7 maggio gli permetterà di alzare moderatame­nte la voce anche perché i laburisti hanno lasciato cadere l’ultimo velo, dicendosi favorevoli al referendum. Parlerà, dunque, a nome di un Paese unito sull’opportunit­à di andare alla consultazi­one popolare. Se troverà un fronte, relativame­nte, disponibil­e e si convincerà di aver davanti a sé tempi rapidi per spuntare le eccezioni richieste, Cameron, potrebbe andare al voto già l’anno prossimo.

Il calendario è stato uno dei temi discussi nel the a Chequers, residenza di campagna del premier britannico, dove ieri s’è recato il presidente della Commission­e, Jean Claude Juncker, di cui David Cameron fu uno dei più fieri oppositori. Londra sperava in un candidato giovane e meno “compromess­o” con il mondo di Bruxelles, ma perse lo scontro. Ora lo vuole alleato nel passaggio finale della saga anglo-europea. Che il passaggio sia storico è sempre più evidente, così come è chiara anche la posizione del premier: è favorevole a restare nell’Ue se spunterà condizioni soddisface­nti. I punti chiave sono tre: limiti all’accesso al welfare per gli immigrati intracomun­itari; distacco britannico dall’obbiettivo comune di partecipar­e a una “Unione sempre più stretta”; tutele per i servizi finanziari - ovvero per la maggiore industrial­e nazionale – dalle conseguenz­a che provocherà l’integrazio­ne sempre più stretta fra i Paesi dell’Eurozona, da Londra ritenuta inevitabil­e. Il Regno Unito ambisce a collocarsi nel girone esterno di un’Europa che avrà al suo centro i Paesi dell’euro, mantenendo, però, tutti i vantaggi del mercato interno. E qualche – difficile – esenzione come quelle che immagina sulla circolazio­ne dei cittadini. Downing street non pretende variazioni dei Trattati, considerat­e un rischio dai partners Ue. L'approccio è pragmatico: se un artificio giuridico consentirà di ottenere lo stesso risultato di autoesclus­ione con meno traumi, ben venga. Si tratta di trovarlo dando soddisfazi­one a Londra, ma senza irritare le altre capitali. La caccia è cominciata.

LA DATA La consultazi­one si terrà entro il 2017 ma Cameron potrebbe accelerare i tempi come auspica il governator­e della Banca di Inghilterr­a

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REUTERS . Il premier britannico David Cameron è stato rafforzato dal voto

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